Melissa si era accostata all'altro scaffale e osservava le fate addormentate con i suoi occhi spalancati.
- Che cos'è questo posto? - sussurrai.
In risposta ottenni solo un'occhiata smarrita. Lei ne sapeva quanto me. Spostai rapido lo sguardo dappertutto, in cerca di qualcosa, un segno, una traccia, una spiegazione a quello che pareva solo una prigione, il laboratorio di un pazzo.
Cosa accadeva nei sotterranei della scuola?
Una mano mi si strinse attorno alla bocca. Provai a gridare ma la pressione era sufficiente da non permettermi di emettere alcun suono. Venni trascinato dietro uno degli scaffali. L'ombra si fece ancora più opprimente.
La mano che mi stringeva era sottile. Più sottile di quanto mi aspettassi. E mi mollò, rapida così come mi aveva toccato. Terrorizzato mi voltai. Ancora una volta mi trovai indagato dallo sguardo della ragazzina che mi aveva condotto fin lì. Si portò rapida l'indice alla bocca. Trattenni il fiato.
Dopo pochi secondi percepii ciò che Melissa aveva sentito prima di me: passi. Sulle scale.
Qualcuno stava scendendo.
Ignorando il cuore che correva come un ippogrifo nella radura chiusi gli occhi. Sembra una risposta incondizionata il chiudere gli occhi in situazioni di pericolo, sembriamo volerci convincere che se non vediamo il male quello non vede noi, ma tenere gli occhi serrati non mi avrebbe salvato quella notte. Fu l'accortezza di Melissa e il buio che ci celava a non farci scoprire.
Il proprietario dei passi entrò nella stanza con falcate rapide: sembrava agitato. Noi ci spingemmo ancora di più contro la parete, sotto lo scaffale. Da lì mi era impossibile vedere il volto dell'uomo, riuscivo a scorgere solamente gli stivali, sporchi di fango.
Passammo istanti esasperanti, sospesi in un limbo di timore e incredulità. Poi, così come era arrivato, l'uomo sparì.
Quando i passi si furono fatti distanti e inudibili Melissa scattò in piedi e raggiunse l'uscita e io, senza pensarci due volte, la seguii.
Mentre ripercorrevamo la strada dell'andata cercavo di elaborare tutto ciò che era accaduto, ma non riuscivo a trovare una spiegazione logica. Secondo quanto era successo Melissa aveva trovato in quella stanza Pickett e l'ultima persona ad averlo avuto in mano era stato il professor Silente. Possibile che lui centrasse qualcosa con tutta quella storia?
Solo quando ci trovammo nel tepore della nostra tana mi sentii al sicuro, Melissa svanì subito senza voltarsi nella galleria che portava al dormitorio femminile e rimasi solo.
Raggiunsi in punta di piedi la mia stanza e scivolai nel letto cercando di non svegliare Richard. Osservando le stelle attraverso il vetro cercai di rallentare il mio respiro.
***
Quella mattina di Melissa non c'era traccia. Io, però, sentivo il bisogno di parlare con qualcuno di quella notte, dovevo avere la certezza che tutto fosse stato reale. Senza nemmeno aver fatto colazione vagavo per i corridoi della scuola alla ricerca di Colin. Mi sentivo impacciato nella mia casacca troppo lunga che calpestavo con la punta dei piedi e mi pareva di andare a sbattere contro tutti gli altri studenti che si paravano sul mio cammino. Nel mio peregrinare mi ritrovai al settimo piano. Ancora non ero stato così in alto e trovai quei corridoi molto differenti dal resto della scuola: le pareti erano più spoglie e di conseguenza, non essendoci i protagonisti dei quadri intenti a chiacchierare, le stanze erano più silenziose. Attraversai di fretta un lungo corridoio in pietra chiara sulle cui pareti si alternavano bifore che si affacciavano sul giardino, dove la professoressa Talbon stava cominciando una lezione, e armature vuote che inclinavano il capo al mio passaggio interrogandosi sulla mia identità.
Passai, sempre di fretta, accanto ad una parete vuota e girai l'angolo, pronto a raggiungere la scala che mi avrebbe riportato ai piani più bassi, ma proprio quando stavo per poggiare il piede sul primo scalino quella si mosse come stiracchiandosi dopo una notte di riposo e decise di fermarsi sospesa nel vuoto, senza portare da nessuna parte. Esasperato tornai indietro, ripassando davanti alla parete vuota. Quella scuola era incredibile, superiore ad ogni aspettativa, ma mi sentivo così piccolo e smarrito a volte che il mio unico desiderio era trovare un rifugio, un angolo tranquillo, un posto dove stare con me stesso.
Sentii il chiaro rumore di una scala che si muoveva e girandomi vidi che gli scalini erano tornati in posizione. Passare di lì mi avrebbe evitato di ripercorrere tutto il corridoio a ritroso. Ripassai per la terza volta davanti alla parete vuota.
E mi accorsi che non era più vuota.
Una porta, una piccola porta di legno scuro si era ritagliata tra i blocchi di pietra. Mi guardai attorno. Nessuno. Silenzio. Solo in lontananza il cigolio delle armature che si muovevano.
La porta si aprì subito quando tirai la maniglia e mi trovai sulla soglia di una stanza dalle modeste dimensioni. Rispecchiava il corridoio dal quale arrivavo: nelle pareti di pietra pallida si incastravano quattro finestroni che lasciavano entrare la luce calda del mattino. Era completamente vuota, se non per una cosa che attirò subito la mia attenzione:
una valigia era appoggiata sul pavimento, in mezzo alla stanza. Temevo che se mi fossi chiuso la porta alle spalle quella sarebbe scomparsa tenendomi imprigionato per sempre tra quelle quattro pareti.
Allo stesso tempo ero incuriosito dalla valigia di pelle che sembrava chiamarmi dal centro della sala. Non aveva nulla di particolare, una comunissima valigia di pelle marrone, un po' consunta sui lati. Niente di più.
Con cautela avanzai e rendendomi conto che non accadeva nulla mi affrettai. Afferrai la valigia e corsi fuori stringendola tra le braccia. Appena fui fuori la porta si richiuse da sola e sparì, come inglobata dalla pietra.
Quella scuola era un immenso mistero. Un affascinante mistero agli occhi di un bambino come me.
Lentamente mi stavo facendo ammaliare dal fascino di quel luogo, desideravo saperne di più. Tenendo stretta la valigia temendo che potesse scomparire attraversai nuovamente tutta la scuola osservando ogni porta, ogni anfratto, ogni corridoio. Ne attraversavo uno e tornavo indietro, controllando che nulla fosse mutato.
- Perditempo! - mi urlò un barone ritratto in un quadro.
Ma lo ignorai. Nessuna lezione avrebbe potuto interessarmi così tanto.
- Newt! -
Quasi andai a sbattere contro Colin, intento com'ero ad osservare il soffitto invece che guardare avanti.
I suoi occhi si spostarono sulla valigia e le sopracciglia si inarcarono in una domanda.
- Vieni. - gli dissi senza nemmeno pensarci.
Accompagnato dalla sua parlantina instancabile come sempre raggiunsi la Tana.
- Mi piace la vostra sala comune, ma siamo davvero sotto terra o è solo un'illusione? E le radici che pendono dal soffitto? Quelle sono vere? Il nostro dormitorio è completamente diverso, siamo nella torre più alta e quando c'è il sole tutto è luminosissimo, molto diverso da questa luce soffusa...-
Colin guardava tutto, i suoi occhi si muovevano talmente veloci da causarmi vertigini; un attimo prima stava guardando il fuoco nel camino e l'attimo dopo stava chiedendo spiegazioni sui colori scelti per i mobili.
Riuscii a trascinarlo in camera e mi aprii un sentiero nella sua foresta di parole.
- Ti devo raccontare una cosa. Anzi, molte cose. Sai tenere un segreto? -
Strinsi le labbra aspettando esitante una risposta. Colin annuì con energia, eccitato.
Mentre raccontavo mi muovevo frenetico nella stanza, avanti e indietro e Colin, seduto sul letto, mi seguiva con lo sguardo con la bocca che si muoveva in espressioni di stupore e incredulità.
Gli raccontai di Melissa e Pickett, delle fate e della stanza della valigia.
Quando terminai avevo quasi il fiatone per lo sforzo. Colin mi fissava con gli occhi spalancati.
- Qual è il piano? -
***
Aiuto, ho paura di star mettendo troppe cose in questa storia, e il problema è che di idee ce ne sono sempre di più!
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Animali Fantastici e Dove Trovarli
FanfictionI primi anni a Hogwarts. Misteri. L'espulsione per proteggere la persona che amava. I viaggi alla ricerca di creature magiche. Un'incredibile avventura attraverso la vita di Newt Scamander che cresce, si innamora, fugge, scrive, ma soprattutto, v...