"Devo essere io a rinunciare a qualcosa, se fra il tutto e il niente é proprio qulacosa che mi interessa, adesso"
Adesso, Chiara Gamberale

Finalmente era arrivato. Atteso e agoniato cosí tanto, aspettato con veemenza e trepidazione, paura e agitazione. Ma era arrivato. Anche per Hermione Jain Granger, si, anche per lei.

Dopo la seconda guerra magica, lei, la strega più brillante della sua età, aveva capito che la parte più difficile della guerra, per quanto assurdo suonasse, non era la guerra stessa. No.
La parte difficile era il dopo.
Era riprendere i ritmi normali, anche se di normalità non si poteva certo parlare.
Era la convivenza quotidiana e giornaliera con il dolore, che era ormai diventato un compagno fedele.
Era la delusione dell'aspettativa di quella normalità bramata, ma che, alla resa dei conti, lasciava spazio soltanto al vuoto.
Era il silenzio che accompagnava le notti, portatrici di incubi, a risvegliare ricordi cacciati in profondità per non essere dimenticati.
Era l'ovatta che avvolgeva tutto, riducendo ad un semplice conseguirsi di azioni tutto quello che era stato sentire, provare.

E per questo, proprio per questo Harmione non vedeva l'ora di tornare ad Hogworts.
Perché era da sempre stata la sua casa, e le era mancata terribilmente.
Perché era lì che aveva conosciuto la sua famiglia, quella vera.
Ma soprattutto perché aveva bisogno di rivederla fiorente come un tempo.
L'ansia é la sorella minore della guerra, e vive sempre un po' di più, circondandoci e ricordandoci che chi vive la guerra non può semplicemente dimenticare. Non può. E per Hermione, da sempre di carattere gioviale e sereno, il continuo tormento del non riuscire a vedere soltanto la bellezza delle cose la torturava.

Aveva bisogno di rinascere, rifiorire. Risorgere dalle ceneri, come la tanto amata Fanny. E per farlo aveva bisogno di rivedere Hogworts ai suoi antichi splendori, per ricordare a se stessa che dalle macerie può nascere nuovamente vita.

Una voce conosciuta la risveglió dal flusso di pensieri che, come al solito ultimamente, le avevano intasato la testa.

"Herm"

La ragazza si girò di scatto e vide una folta chioma rossa farsi largo tra la folla, per poi piombare su di lei e gettarlesi addosso.

"Ginny, piano, così mi uccidi"

Disse bonariamente l'amica, per nulla seccata da quell'abbraacio.

Si guardarono per qualche minuto. Non era molto che non si vedevano, ma ritrovarsi lí, come se nulla fosse cambiato quando tutto era cambiato, in bene o in male é relativo, mise le due giovani donne parecchio in soggezione. Perche si, ora entrambe potevano definirsi donne. E non solo fisicamente, quello certo contribuiva, ma perché la guerra lascia ferite che si rimarginano solo esternamente, per dare una parvenza di tranquillità a chiunque non fosse in grado di reggere i suoi orrori.

Ma le ferite rimangono, e ci lacerano dentro, ci strappano, dividono. Ci costringono a diventare un tutt'uno con quel dolore che ci attanaglia lo stomaco nelle notti peggiori, ricordando a noi stessi che, alla resa dei conti, siamo soli. Irrimediabilmente soli.

'Perché, per quanto bravi si possa essere, non si può capire nessun dolore che non sia stato tuo'

Pensò Hermione, convinta che nessuno, nemmeno il ragazzo sopravvissuto, avesse sopportato il dolore che lei per anni aveva dovuto portare sulle spalle senza crollare, mai.

"Ron ed Harry?"

Chiese la mora alla rossa, non vedendoli in giro e trovando strano che Harry fosse lontano da Ginny, non sapendo lui starle lontano per molto.

"Oh, stanno arrivando. Si sono fermati davanti alla vetrina delle scope."

Ed entrambe scoppiarono a ridere. Sapevano quanto quei due fossero tremendamente ossessionati dal Quidditch.

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