Personal Paramedic.

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PERSONAL PARAMEDIC

«Sono a casa!» urlò Ian, gettando il suo zaino da paramedico sul tavolo della sala da pranzo assieme alla busta bianca della farmacia del quartiere. «Mick, ti ho preso le medicine!» continuò ad urlare, dirigendosi verso la camera di Mickey con delle scatole di farmaci in mano.
«Ciao, Palle di Fuoco.» lo salutò Mickey, nascosto sotto uno spesso strato di coperte.
«Ehi.» Ian lo salutò a sua volta, baciandolo sulle labbra con la sua solita passione, mentre Mickey aveva uno strano ghigno sorridente e un po' stanco.
«Non dovresti baciarmi, Gallagher, ti attacco questa merda.» borbottò, tirando su con il naso chiuso.
«Sono un paramedico, Mick, sto a contatto con gente malata per tutto il giorno e non posso baciare il mio fidanzato perché ha la febbre?» rise Ian, baciandolo nuovamente «Credimi, vedo di peggio.»
Il Rosso gli tastava con premura le guance arrossate e la fronte, constatando che era ancora molto caldo. Forse anche troppo.
«Come stai?» gli domandò, con un filo di apprensione nella voce.
Non capitava spesso che Mickey si ammalasse, ma quando accadeva si prendeva delle influenze belle pesanti, che lo costringevano a letto per giorni.
«Starei meglio con una birra in mano, una sigaretta in bocca e il tuo pene nel mio tratto anorettale.» ci scherzò su con un sorrisone che Ian avrebbe voluto solo baciare, per poi tirare un colpo di tosse.
«Come siamo istruiti, oggi ...» rise nuovamente, spingendolo per il petto per gettarlo nuovamente sul materasso e sistemarlo bene sotto le coperte.
«Vuoi darmi anche il fottuto bacio della buona notte?»
«Smettila, stupido,» gli tirò un colpetto sulla spalla «ti ho preso le medicine.»
Ian sapeva che a quel che stava per dire Mickey non avrebbe reagito nel migliore dei modi, quindi decise di trattenersi per qualche minuto.
«Non ho bisogno di quella merda.» si lamentò il Moro, raggomitolandosi ancora tra le coperte.
«Ma guardati, stai uno schifo!»
«Nah, un antipiretico, una canna - che è la miglior medicina del mondo - e una scopata e tutto passerà!»
«Ecco, giusto dell'antipiretico volevo parlarti.» iniziò Ian, abbassando lo sguardo sulle mille medicine e antibiotici che aveva posato sul suo comodino «Sono passato in farmacia e avevano finito le pillole.» prese uno scatolino bianco e blu e lo mostrò a Mickey. «Ho dovuto prenderti le supposte.»
L'espressione di Mickey tramutò in qualcosa di indescrivibile e la sua pelle bianchissima divenne, se possibile, ancora più pallida del solito.
«No, cazzo!» urlò, guardando la scatola con fare quasi terrorizzato «Non infilerai quella merda su per il mio culo!»
«Mick, è solo una supposta.» rise il Rosso, aprendo la confezione.
«Ma non se ne parla!» urlò, indicando la supposta ancora confezionata tra le mani di Ian «Guarda quanto cazzo son grosse quelle cose! Sono dei fottuti siluri infernali!»
«Mick ...» Ian continuava a ridere, mentre il suo fidanzato aveva messo il muso e si era poggiato con le spalle alla testiera del letto, con tanto di braccia incrociate.
«Sto bene così, non prenderò alcuna medicina.»
«Invece stai di merda.» lo contraddisse Ian, aprendo l'involucro che conteneva quel "siluro infernale". «E hai ancora la febbre alta.» continuò, avvicinando la supposta al volto di Mickey, che si ritrasse terrorizzato «Non è niente di che ...»
«Tieni quella cosa lontana da me e dal mio culo!» con un balzo saltò giù dal letto, aveva gli arti completamente intorpiditi e un mal di testa assurdo, voleva solo tornarsene sotto le coperte, ma era ben determinato a star il più lontano possibile da quella schifezza.
«Mick, dai, non fare il bambino!» Ian si spazientì, guardandolo male «E ritorna a letto!»
«Non se prima tu non metti via quella cosa!» aveva le spalle al muro ed inveiva pesantemente contro Ian.
Il Rosso fece il giro del letto spazientito, ma Mickey riuscì ad allontanarsi, saltando nuovamente sul letto e correndo fuori dalla stanza, mentre Ian lo seguiva imprecando, con ancora quella dannata supposta in mano.
«Stai lontano da me, cazzo!» urlava Mickey «Cazzo, Ian, non azzardarti a toccarmi con quella merda in mano!»
«Mick, dai, hai bisogno di medicine!»
Dopo una lunga rincorsa erano finiti in cucina, Mickey si era ritrovato bloccato nell'angolo tra il muro e il frigorifero ed il corpo di Ian che ancora gli brandiva davanti agli occhi quella schifezza che voleva infilargli ... Mickey pensò che non era esattamente quello ciò che gli aveva chiesto di infilargli nel culo quando era arrivato.
«Possibilmente medicine che non si debbano infilare su per il culo.» borbottò, incrociando nuovamente le braccia e guardandolo con aria truce.
«Non eri dello stesso avviso quando sono arrivato.» sussurrò Ian maliziosamente, avvicinandosi ancora di più.
«Sì, sì, ma ...» Mickey puntò l'indice contro la faccia di Ian, che sorrideva sfottente «Cazzo, non è la stessa cosa.»
«Se fai il bravo paziente e fai tutto quello che ti dico, dopo ti ricompenso bene.» aveva sussurrato Ian al suo orecchio, con un tono così sensuale che gli stava facendo perdere la testa. Quel furbo di Ian Gallagher sapeva bene che la carta del sesso funzionava sempre con Mickey. «In caso contrario niente ricompensa.»
«Quindi cosa vorresti fare? Il mio paramedico personale?» domandò, inarcando un sopraciglio.
«Sì ...»
«E mi ricompenserai bene?»
«Con scenari degni dei migliori film porno.» sussurrò appena, leccandosi le labbra in un gesto di seduzione a cui Mickey non seppe resistere.
Fottuto Gallagher.
Fottute labbra di Gallagher.
Fottuti ventitré centimetri di Gallagher.

«Cazzo, questo si è che è arrapante.» Mickey rise, avvicinando le sue labbra a quelle di Ian e facendole sfiorare appena, mentre le sue mani avevano iniziato a sbottonare la sua camicia azzurra della divisa da paramedico.
«Ma prima questa!» Ian rise maligno, piantando nuovamente quella stupida supposta davanti al viso di Mickey, che impallidì nuovamente.
Cercò di convincere se stesso.
In fondo cosa poteva essere una supposta in cambio di una sera di sesso con Ian Gallagher?

Poco tempo dopo, pesanti ansiti, gemiti gutturali e versi animaleschi avevano riempito l'intera cassa Milkovich, che fortunatamente era vuota.
Presto, probabilmente, i vicini sarebbero andati a reclamare, o ad ucciderli direttamente.
Ian aveva dovuto predicare un po' prima di convincere Mickey con la questione della supposta, ma alla fine il Moro - vuoi per la febbre che non gli dava tregua, vuoi per la proposta allettante - aveva ceduto e, quindi, aveva ottenuto la sua bellissima ricompensa.
Avevano già provato quante più posizioni possibili e Mickey stava decisamente molto, molto meglio. Alcune confezioni di lubrificante erano un po' ovunque per la stanza, accompagnate da qualche strano oggetto erotico, tra cui il famosissimo Rosario per Giganti.
Gli ansiti di piacere di Ian vicino al suo orecchio lo facevano letteralmente rinascere e i suoi versi erano così arrapanti che lo facevano sentire come se avesse un biglietto di solo andata per i Campi Elisi.
La parte migliore era decisamente il fottuto membro di Ian che stuzzicava la sua prostata con una tale maestria da essere disarmante.
La miglior droga del mondo non sarebbe stata capace di fargli neanche minimamente quell'effetto.
«Cazzo, Gallagher!» si lasciò scappare, stringendo ancor più forte la mano di Ian, intrecciata saldamente con la sua.
Riusciva a malapena a parlare, le spinte del Rosso erano così forti ed intense che gli toglievano il fiato. Nella sua testa non c'era posto più per niente, non appena iniziava a scopare con quel dio del sesso che aveva come fidanzato.
«Io sto venendo.» sussurrò lussuriosamente Ian tra un gemito e l'altro, con un tale autocontrollo che Mickey gli invidiava da morire. Lui non era capace neanche di pensare quando scopavano, figuriamoci di parlare. A maggior ragione se Ian lo stava anche masturbando con quelle sue mani esperte. Gli baciò sensualmente il collo. «Vieni per me, Mick.»
Con un'ultima ed incredibile spinta Ian si svuotò in lui, continuando a muoversi lentamente, fino a sentire Mickey venire sulla sua mano in un sussulto.
Sorrisero sfiniti, tornando a guardarsi negli occhi, per poi gettarsi sul letto con il fiatone e aggrovigliarsi nelle coperte.
Mickey era sudatissimo, rosso in volto e molto, molto accaldato, così, non appena si sistemò al fianco di Ian quest'ultimo rise e si sporse per toccargli la fronte. Fortunatamente era molto meno caldo di prima, anche se a suo dire aveva bisogno di riposo per un altro bel po' di giorni, specialmente dopo quella meravigliosa sessione di sesso così sfrenato.
«Ti è scesa la febbre.» constatò quasi con sorpresa, continuando a sorridere.
Sul serio dopo una scopata mozzafiato del genere, uno stupido «Ti è scesa la febbre.» era tutto ciò che aveva da dirgli?
«Dopo quell'aggeggio che mi hai infilato su per il culo ci credo che sto meglio.» rise anche lui, mentre si infilava un paio di boxer e ne lanciava un altro paio ad Ian.
«Quale dei due intendi?» continuò a burlarlo Ian, facendogli insediare uno strano dubbio in mente.
Mickey stava meglio, decisamente.
Ora doveva solo capire quale delle due supposte aveva fatto quell'effetto così miracoloso.


FINE


Note d'Autrice:

Innanzi tutto buon San Valentino con questi due meravigliosi ghetto husbands!♥
Non chiedetemi il motivo per cui ho scritto questa storia, visto che io con il p0rn/erotico non ci so proprio fare, ma mi divertiva da morire l'idea che Mickey fosse letteralmente terrorizzato da una supposta.
Insomma ... Mickey che ha paura di una supposta.
Mickey.
Di una semplice supposta.
Niente, la cosa in sé fa già ridere.
Dunque, chi mi conosce sa che questo tipo di storie non sono proprio il genere che io sono abituata a scrivere, quindi - essendo per me un campo inesplorato - spero di non essermela cavata malissimo e di avervi, tutto sommato, strappato due risate.
Perché, insomma, un Mickey malato che corre per casa sua, seguito da Ian con una supposta in mano è una cosa che mi fa davvero sganasciare.
Be', è evidente che Mickey preferisce un altro tipo di supposta e ... non credo di aver molto altro da dire.
Vi ringrazio per aver letto questa piccola banalità.
Approfitto anche di questa storia per ricordarvi che il 25 febbraio pubblicherò un'altra long sui Gallavich.
E niente, un grosso abbraccio a tutti.
Merasavia Anderson.

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