Adesso sapevo, ricordavo ogni cosa e non c’era alcuna possibilità che perdonassi la persona responsabile della mia morte, colui che mi aveva spedito dritto all’inferno. Non che prima fosse granché diverso, dato che vivevo un amore impossibile, ma se non altro avevo una casa e una famiglia che amavo, un lavoro soddisfacente e soprattutto… una vita.
Aaron mi aveva portato via tutto. Un moccioso di sedici anni mi aveva tolto ciò che di più caro avessi al mondo e aveva avuto il coraggio di riavvicinarsi a me senza dirmi nulla, forte del fatto che non ricordassi alcunché.
Ma me l’avrebbe pagata cara, lo avrebbe fatto eccome, lo avrei fatto soffrire con ogni mezzo a mia disposizione, lo avrei fatto pentire di aver incrociato nuovamente la mia strada.
Non distolsi gli occhi da lui, volevo imprimere nella mia mente la sua faccia e non mi sarei dato pace fino a quando non l’avessi vista disfatta di dolore.«Tu,» sibilai digrignando i denti.
Aaron sgranò gli occhi e io lo spintonai prima che potesse parlare. Non volevo sentire la sua voce, in quel preciso momento odiavo tutto di lui. Persino i bellissimi capelli biondi. Persino i suoi occhi, che tanto mi avevano incantato.
Premetti ancora contro il suo petto, coperto da un giubbetto in pelle che gli stava divinamente, e lo spinsi più forte. E ancora. E ancora, come lui stesso aveva fatto anni prima.
Quando cadde indietro sul divano lo guardai dall’alto in basso, beandomi della sua espressione sconvolta. Aveva capito, era chiaro.«Tu… ricordi tutto?» mi chiese, scattando come una molla per mettersi a sedere. Era di profilo adesso e per guardarmi doveva ruotare il busto.
«Sì, non sei felice? Mi sembra di ricordare che eri dispiaciuto che non mi ricordassi di te.»
«In parte,» sussurrò.
«Ah sì?» lo sbeffeggiai. «E perché se posso saperlo?»
Aaron deglutì sonoramente, prese un respiro profondo e rispose: «Perché se da una parte ero deluso che ti fossi dimenticato di me, dall’altra l’idea di non rivederti mi terrorizzava. Mi dicevo che tutto sommato era meglio così, visto ciò che provo nei tuoi confronti, ma non so se sarei riuscito a starti lontano. Ci ho provato e sono stato malissimo. Non voglio che accada di nuovo.»
Anche lui soffriva se stavamo lontani? Sembrava così sincero… No! Non potevo cascarci, non dopo quello che mi aveva fatto.
«Non vuoi? Tu non vuoi? E sai quanto me ne frega a me di cosa vuoi o non vuoi? Nulla! Zero! Nada!» urlai fuori di me. «Tu hai mandato in frantumi la mia vita! Tu per me non sei niente! Niente, hai capito grandissima testa di cazzo o preferisci che te lo ripeta?»
Se ne stava seduto sul divano, il viso alzato su di me, le labbra socchiuse e tremanti, a guardarmi con gli occhi lucidi, immobili, persi.
Mi aveva sentito almeno o avevo parlato a vuoto?«No,» sussurrò dopo un tempo infinito.
«No?» ripetetti come un cretino, totalmente confuso.
Mi ero quasi sgolato e lui non aveva sentito una singola parola? Mi stava prendendo per il culo o cosa?
«No,» ribadì Aaron con rinnovata determinazione. «Non permetterò che tu esca dalla mia vita. Non di nuovo.»
Non mi trattenni e scoppiai a ridergli in faccia, ero fisicamente più forte di lui e non ero per nulla manipolabile.
«Ma davvero? E come pensi di fare?»
A questa domanda la sua sicurezza sembrò vacillare, sbatté le lunghissime ciglia che gli addolcivano il viso e abbassò lo sguardo sulle mani poggiate sul grembo, che contorceva l’una nell’altra, chiaro segno del suo disagio.«Non lo so,» emise in un singhiozzo. «Mi vergogno così tanto di quello che ti ho fatto, so di non meritarmi il tuo perdono, eppure continuo a sperarci.»
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Un'altra Vita
RomansaBasil si risveglia affamato dopo un sonno lungo e profondo, ma lui è un essere "non morto" e per sopravvivere ha bisogno di qualcosa di particolare. Non importa quale sia la sua preda successiva, purché gli permetta di "vivere". Quando incontra Aaro...