Capitolo 1

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Correva l'anno 1989. La piccola Sara aveva solo cinque anni quando i suoi genitori, Eleonora e Paolo, che erano originari di Palermo, avevano deciso di trasferirsi in Puglia. All'epoca il padre era riuscito ad ottenere un posto da capostazione nella piccola cittadina di Otranto, ricca di turisti nel periodo estivo e desolato paesino per tutto l'inverno, e la madre, insegnante d'italiano al liceo classico, aveva chiesto e ottenuto il trasferimento al liceo "Palmieri" di Lecce per stare vicina al marito e per far crescere la figlia sotto la supervisione di entrambi i genitori.

Avevano affittato una casa in via Ottocento Martiri, nei pressi del castello aragonese di Otranto. Era una stradina ricca di villette con giardini dai fiori colorati e vicina alla strada principale che conduceva fuori dalla città, ideale per chi, come Eleonora, doveva viaggiare tutti i giorni per andare a Lecce.

Da quando si erano trasferiti, a inizio settembre, la bambina attirava continuamente l'attenzione dei passanti . Colpivano particolarmente i capelli biondi e ricci abbinati agli occhi azzurri che, vicino alla madre, la rendevano una sua sosia in miniatura. La piccola, tuttavia, aveva ereditato il carattere timido e dolce del padre, un uomo magro e dagli occhiali spessi che aveva l'abitudine di salutare con un sorriso tutte le persone che incrociava per strada, l'esatto opposto di Eleonora, una donna dal carattere forte e deciso, indispensabile per tenere a bada l'esuberanza dei liceali.

Nella nuova città Sara non conosceva nessuno. Chiedeva sempre alla madre di accompagnarla al parco che si affacciava sul piccolo lembo di spiaggia della città e, con la scusa di farsi comprare un gelato, andava di nascosto dietro un cespuglio a dare un pezzo di cialda ad un bel micio nero che ogni giorno veniva sperando di ricevere qualche spuntino dai passanti che incontrava nel parco. Di amichetti della sua età non ne aveva neanche uno. La madre, preoccupata per la piccola, decise di stringere amicizia con le altre mamme che frequentavano il parco con i figli per poter presentare dei bambini a Sara.

Vide una signora alta dai lunghi capelli neri salutare due gemelli dai capelli corvini e la pelle bianca come l'avorio. Era evidente la somiglianza con la madre. Quando la signora si sedette su una panchina, Eleonora scorse l'occasione di rivolgerle la parola. Si sedette accanto a lei e con noncuranza disse: "Quei due gemelli sono i suoi figli?".

La signora, destata dai suoi pensieri ma non infastidita dalla domanda, si voltò e rispose con voce animata "Oh, sì!" e aggiunse con una nota di interesse:"I suoi figli quali sono?".

"La mia bambina è quella piccina bionda e ricciolina che gioca vicino al cespuglio." rispose Eleonora.

"Che bella bambina!" esclamò la signora e aggiunse: "Io mi chiamo Giovanna."

"Molto lieta, io sono Eleonora." le disse l'altra stringendole la mano.

L'attenzione di Giovanna fu attirata dai suoi figli che si stavano arrampicando sugli alberi.

"Ragazzi, scendete da lì! Non siete delle scimmie! Comportatevi bene o torniamo subito a casa!" urlò, ottenendo di rimando un "Ok mamma..." pronunciato in coro dai due bambini.

"Sono due adorabili pesti." esordì Giovanna. "Nonostante tutte le monellerie che combinano non riesco a non volergli bene. E dovresti vedere come nascondono a vicenda le proprie marachelle! Se ripenso a quando..." e cominciò un soliloquio sulla frenetica vita che conduceva da quando i suoi figli le avevano riempito la vita. Eleonora si divertiva molto ad ascoltarla.

Nel frattempo Sara si era acquattata in un angolo, lontano dagli altri bambini. Aveva deciso di dar da mangiare alle formiche e, a tale scopo, aveva raccolto foglie, petali e pezzi di corteccia, ne aveva fatto una montagnola e l'aveva posizionata in mezzo al loro percorso nella speranza che si accorgessero che l'aveva fatta per loro. Nonostante tutto il suo impegno, però, le formiche passavano oltre, aggirando l'ostacolo che si frapponeva fra loro e mete più prelibate. Delusa, la bambina si alzò e per poco una palla non le finì dritta dritta in testa. Si girò a guardare da dove fosse venuto quell'oggetto volante e vide due bambini identici che la guardavano tra il dispiaciuto e il divertito.

"Scusa, non l'ho fatto apposta..." si affrettò a dire uno dei due mentre l'altro, spavaldo, la rimbeccò: "Potevi anche passarci la palla. Era da tre ore che ti facevamo segno e ti chiamavamo per riaverla!"

Il primo bambino tirò una gomitata al fratello, che esclamò: "Ahi! Perchè l'hai fatto?" ma il bimbo non rispose, recuperò la palla, salutò la bambina e trascinò via il fratello.

Sara, allibita, li guardò andare via. Non aveva proferito parola ma quei due bambini, stranamente, le piacevano. Fu così che decise di raggiungerli per chiedergli: "Posso giocare con voi?".

I due fratelli si guardarono stupiti e dopo uno sguardo d'intesa, si voltarono verso Sara dicendo:"Certo! Vieni con noi!" e si misero a correre, con Sara che correva dietro di loro.

"Io mi chiamo Federico, ma tutti mi chiamano Fred." esordì il bambino che le aveva chiesto scusa per il pallone.

"Io, invece, sono Alessandro, per gli amici Al." disse il fratello con il solito tono spavaldo.

Dopo un attimo di esitazione la bambina esordì dicendo: "Io mi chiamo Sara. Potete chiamarmi come volete, però."

Fred e Al si fermarono di colpo e scoppiarono a ridere di gusto. Sara si sentì quasi offesa. "Che ho detto di strano?" disse, mettendo il broncio.

Fred si affrettò a dire: "Scusa scusa! Come vuoi essere chiamata?" le rispose, cercando invano di tornare serio.

Sara parve stupita da quella domanda e disse semplicemente: "Non lo so...", abbassando gli occhi a terra.

"I tuoi amici come ti chiamano?" incalzò Al, totalmente privo di tatto.

"Io non ho amici..." ebbe il tempo di dire Sara prima che Giovanna richiamasse i gemelli per tornare a casa.

"Arriviamo!" risposero in coro i due bambini.

Prima di andare, Fred si girò verso Sara e disse: "Visto che siamo noi i tuoi amici ti troveremo un soprannome perfetto!"

"Sì, fidati di noi!" aggiunse Al.

"A domani Sara!" urlarono all'unisono i gemelli prima di correre dalla mamma.

Eleonora vide Sara tornare tutta rossa e sudata. Aveva un timido sorriso mentre le correva incontro. I suoi sforzi per aiutare la piccola non erano stati necessari: Sara aveva fatto amicizia proprio con i figli della signora che aveva conosciuto lei. <<Che strana coincidenza!>> pensò tra sè e sè.

Le avventure della piccola SaraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora