2 una settimana prima

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«Generale», il generale continuò a guardare fuori, con lo sguardo perso oltre l'orizzonte, come se fosse distratto o come se i suoi pensieri fossero troppo profondi per esser turbati da cose terrene.

«Generale», e questa volta rispose, si girò verso il suo interlocutore e gli rispose, «sergente, è un piacere vederla»

«anche per me, ma questo posto è pericoloso non sarebbe dovuto venire»,

«non pensa che me la sappia cavare? Se sono diventato generale ci sarà pure un motivo»

«sì, certamente, mi scusi signore, volevo solo dire che lei..»

«lei ha voluto dire che non dovrei essere qui», disse avanzando verso il sergente con passo lento ma inesorabile, con una fermezza tale che quest'ultimo si sentì costretto a indietreggiare, quasi intimorito.

«Capisco perché dice che non dovrei essere qui, per l'importanza del mio ruolo in questa storia», si fermò di colpo e tutta la minacciosità che incuteva si dissolse nell'aria, «questa in fondo non è che un'operazione di salvataggio come tutte le altre, ma vede, ogni uomo che ritroviamo, ogni uomo che salviamo è un pezzo della nostra comunità, della nostra forza, del nostro mondo che riprende il posto che gli spetta, e la routine non deve annebbiare l'importanza delle singole vite.», fece una pausa, «apprezzo la sua preoccupazione sergente, lei è un brav'uomo, oltre a essere un bravo soldato. Mi porti a far visita ai nostri uomini.».

I due si incamminarono.

I passi del generale calpestarono la sabbia giallo arancione di quelle terre inospitali tra le tende da campo e i veicoli ammaccati di quell'esercito che con le unghie stava facendo quello che il generale desiderava facesse, riprendere il posto che gli spettava.

«Mi hanno detto che il capitano è qui», chiese con celata indifferenza

«sì signore»

«mi ci porti»

«sì... signore», rispose con indecisione il sergente

«pensa che non abbia piacere a incontrarmi?»

«no, signore, assolutamente, è che il capitano è un tipo un po' particolare, se ne sta sempre in disparte e ha pochissime persone con cui parla, un unico amico, che io sappia, e di certo la sua fama la precede, lo precede, precede il capitano, volevo dire»

Arrivarono di fronte a una tenda, il sergente sembrò non voler entrare. Disse al suo superiore che quella era la tenda del capitano, ma non accennò minimamente alla possibilità di accompagnarlo dentro.

«Mi aspetti qui» disse il generale togliendolo dall'imbarazzo che poco si addice a chi è avvezzo alla guerra.

Il generale entrò chiedendo permesso. Il capitano era seduto sulla sua branda, con gli occhi chiusi. Li aprì. Con lentezza si alzò. «Generale».

«Ho sentito molto parlare di lei, capitano»

«se sono capitano è perché lei lo ha voluto»

«capisco, quindi ho detto un'ovvietà, lei sa benissimo che la conosco. Avrei voluto darle un grado più alto, un ruolo più importante, ma mi ha fatto riferire che non le interessa affatto fare carriera. La ammiro molto. Umiltà, coraggio e doti fuori dal comune»

«è un complimento o una critica? Signore», chiese il capitano senza apparente malizia,

«pensa che abbia dei dubbi?Come le dicevo poco fa io l'ammiro molto. Lei è una persona unica nel suo genere. Le volevo augurare buona fortuna per questa missione» e così dicendo il generale si avvicinò al capitano, ma quegli occhi chiari e profondi lo colpirono come una coltellata, iniziò a sentirsi a disagio e un brivido lo percorse da capo a piedi. Fece un passo indietro. In quella persona unica nel proprio genere, come aveva detto, c'era qualcosa di meraviglioso e terribile allo stesso tempo.

«la posso chiamare per nome?» chiese il generale, il capitano fece cenno di sì col capo, «buona fortuna Clarissa», dopo di che uscì dalla tenda.

Chiese al sergente di portarlo al quartier generale, «mi ha detto che il capitano ha quello che si potrebbe definire un amico»

«sì, signore»

«uomo fortunato, immagino, il capitano incute una certa soggezione in effetti e se le storie che si raccontano sono vere... meglio averla come amica, non crede?»

«sì, signore»

«chi è il suo amico?»

«si chiama Jacob Tulesch, ottimo soldato in verità»

«sergente, da qui in poi vado da solo». Il generale entrò nel quartier generale, dove si stavano decidendo le strategie per la missione.

Quando entrò tutti si zittirono. Lui si avvicinò e fece cenno di continuare, ma il lavoro continuò solo dopo i saluti ufficiali di rito, lui era il generale supremo, colui che aveva dato speranza ed era stato eletto a guida degli uomini verso la libertà.

Alla fine rimane solamente il colonnello, Amos, un uomo dal viso segnato da una lunga cicatrice che iniziava sulla fronte, si immergeva in un occhio ormai pietrificato e continuava verso il basso spostandosi vicino al lobo dell'orecchio.

«Tutto procede secondo i piani, generale»

«lui è qui?»

«sì, ne sono sicuro»

«chi sa della vera natura dell'operazione, oltre a noi due?»

«quattro uomini, quelli che devono recuperarlo»

«quando l'avranno recuperato gli unici a sapere della vera natura dell'operazione dovranno essere solo due, io e lei!»

«sì, signore. Comunque non diranno niente, sanno che le loro famiglie sono tenute d'occhio, molto da vicino, dai miei uomini»

«Solo io e lei. Concluso tutto dovranno sparire anche le loro famiglie», il colonnello fece cenno di sì.

Il generale lo guardò dritto negli occhi e disse,

«Il soldato Jacob Tulesch è un amico del capitano, la sua sorte dovrà essere la stessa»,

«e il capitano? E' il guerriero perfetto e non sembra interessato alla gloria o al potere, potrebbe tornarci utile» chiese il colonnello Amos,

«questa è una critica di certo. Lei non pensi colonnello e non prenda iniziative, del capitano me ne occuperò io».

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