Capitolo 2: Visite inaspettate

8 1 0
                                    

Torno a casa insieme a Dylan e Mike. Abitano entrambi vicino alla mia zona. Essendo vicini all'istituto, andarci in macchina sarebbe uno spreco di benzina.

È da due settimane che è iniziata la scuola, e io sono una persona abituata a trasferirmi, ma ancora mi fa strano tornare, con lo zaino, a casa, nel poco traffico dell'una, in una cittadina così silenziosa, a vivere una vita normale. Arrivo a casa e studio. Un paio di volte sono uscita con Luna, un altra volta sono andata a casa di Dylan a salutare i suoi genitori e a chiaccherare al parco. Sembro una normale studente. Non una Bracciante. Ma in fin dei conti, non lo sono più. Ho smesso con quella roba. Devo cambiare. Non posso cambiare il passato, ma posso reinventarmi il futuro.

Non sono altro che una normale ragazza che se ne torna alla sua normale casa a schiera con i suoi normali amici.

Guardo i miei normali amici.

In effetti, normali non lo sono tanto. I pantaloni strappati, il piercing al naso di Mike, i tatuaggi di Dylan.

Nel viaggio di ritorno stiamo perlopiù in silenzio. Mike guarda guarda fisso lo smartphone, dimenticandosi della nostra presenza. Dylan, invece, è troppo assorto nel pensare al nome della nostra maestra di matematica delle elementari.

-Janet!- Esclama nel momento in cui arrivo a casa mia.

-No... Secondo me nel suo nome c'era una "L". Sbaglio...?

-Mmmh. Sicura che non ti stai confondendo con quella di inglese? La maestra Liliana?

-Potreb...- mi fermo. Sul parcheggio davanti a casa mia è parcheggiata una Mercedes nera ed elegante. Non sapevo che mio zio avesse ospiti. Mi avvicino, studiandola. Sembrava parcheggiata in fretta e furia. Non sono una esperta, ma la macchina di era fermata con le ruote storte rispetto al parcheggio. Una addirittura entrava nell'aiuola. Non la riconosco. In un sedile davanti però c'è una cartellina grigia con il simbolo della Mondial.

Loro.

Mi viene il cuore alla gola.

-Tutto a posto?- mi chiede Dylan, lì vicino.

Mike indica la macchina fischiando con approvazione. -È di tuo zio?

-Magari.- cerco di nascondere la preoccupazione dalla mia voce.

Li saluto e indugio alla porta. Non ho la minima idea di cosa vogliano da noi quelli della Mondial. C'entra con la chiusura del contratto? Impossible, non ho mai sentito nessuno che è stato visitato da loro solo per essersi licenziato. Era una cosa normale. La maggior parte dei braccianti fa così. Lavora con loro per una mezza dozzina di annetti, poi si licenzia e con il gruzzoletto guadagnato apre un negozietto, o un ristorantino, o una sua piccola impresa per stare a posto per tutta la vita. È un lavoro pericoloso, quello del Bracciante. Pericoloso ma ben pagato.

Allora perché sono qui? Non abbiamo infranto nessuna regola.

Non che io sappia. Scartoffie?

Faccio un grande respiro e busso. Lo zio Robert apre la porta con un sorriso tirato. Qualcosa non va.

-Entra e taci.- dice senza tanti preamboli.

-Cosa succede?- chiedo sottovoce.

-Non lo so ancora. -Risponde cupo, e alza una mano per salutare velocemente Dylan.

Lancio un'occhiata dietro di me, verso il mio amico, che ricambia il mio sguardo confuso. Mike invece, da assorto a guardare la macchina che era, alza lo sguardo. Capisco subito che ha notato la cartellina, col simbolo uguale a quello nel mio ciondolo, e probabilmente pensa che io gli abbia mentito. I due si scambiano uno sguardo che non riesco a decifrare camminandosene verso casa, e li saluto con un cenno della mano.

HuntersDove le storie prendono vita. Scoprilo ora