The wedding

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“Avrei dovuto ascoltare di più i vecchi proverbi che mia madre mi raccontava da bambino”, si ritrovò a pensare Simon, guardando tutto lo scompiglio che si era creato. Beh, che lui aveva creato, in realtà.
Si consolava, almeno in parte, ripetendosi che non era totalmente opera sua: buona parte della colpa era da attribuire al vino.
Ed era proprio questo che gli aveva riportato in mente le parole della madre: “In vino veritas” ripeteva sempre lei.
“Già”, aveva finalmente capito Simon. “Forse anche troppo”.

***

Aveva parlato senza pensare.
Non che sarebbe cambiato qualcosa: probabilmente nessuno avrebbe potuto definirlo nel pieno delle sue facoltà mentali, anche senza tutto l’alcool in circolo nel suo corpo.
Ma chi lo è mai il giorno del suo matrimonio? Di sicuro Simon non lo era.
Tutto quello che aveva vissuto fino a quel momento gli pareva un sogno, e covava segretamente il terrore che prima o poi si sarebbe svegliato e che tutto sarebbe svanito.
Insomma, ne aveva passate tante: era diventato un vampiro, aveva perso la memoria ed era riuscito ad affrontare la sua nuova vita da Shadowhunter. Ora, finalmente, era felice.
E, diciamolo, non si sarebbe mai aspettato di arrivare davvero asposare Isabelle Lightwood. Probabilmente non se lo aspettava nessuno.
Invece eccolo lì, a festeggiare con tutti quelli che erano diventati i suoi amici e che ormai considerava la sua famiglia, con una splendida donna al suo fianco. Donna che era ormai ufficialmente sua moglie.
Non si sarebbe mai stancato di ripeterlo.
Ecco perché aveva tirato fuori il fatidico argomento taboo: era un gioco tra lui e Isabelle quando erano ancora fidanzati, non voleva perderlo ora che erano sposati.
Non aveva tenuto conto, però, che fosse la loro festa, che fossero circondati da gente e che probabilmente certe cose avrebbe dovuto aspettare di essere solo con sua moglie prima di dirle ad alta voce.
Erano seduti l’uno accanto all’altra, al tavolo centrale degli sposi, e osservavano gli invitati, le loro famiglie e gli amici, lì davanti a loro.
Erano tutti intenti a ridere (probabilmente sempre per colpa delle quantità industriali di vino consumate) e raccontarsi storie dei bei momenti passati, ed erano tutti lì per loro.
Simon si mise a ridere ascoltando qualche storiella di una Izzy bambina, beccandosi occhiatacce dalla moglie.
Finirono col ripercorrere tutti i momenti vissuti assieme mentre captavano parti di conversazioni degli invitati attorno, da quelli belli alle discussioni o alle più piccole debolezze e insicurezze che tutti condividevano.
E poi iniziarono a parlare di Lord Montgomery.
Se fosse potuto tornare indietro, Simon si sarebbe maledetto per il pessimo tempismo, ma… Beh ormai il danno era fatto.
L’argomento uscì per caso, portandoli a ridere ricordando tutte le volte che erano stati sul punto di concludere qualcosa per poi dover rinunciare l’attimo dopo, interrotti da uno sconvolto Alec.
Oh, la faccia che aveva fatto la prima volta quando erano in camera sua... non se la sarebbero mai scordata.
«Povero fratellone, pensavo di averlo segnato a vita, quella volta. Non mi ha più permesso di entrare in camera sua, nemmeno per sbaglio, per mesi interi!» disse ridendo Isabelle, ricordando quel momento forse con un’allegria più esagerata del dovuto. «Fortuna che poi si è ripreso.»
«Certo, solo perché lui non sa. Insomma, quella volta alla fine non abbiamo fatto nulla, proprio per opera sua. Se sapesse che la prima vera volta l’abbiamo avuta sul suo divano nell’appartamento mentre lui e Magnus non c’erano, invece...» Simon si interruppe per lasciar spazio a una risata incontrollata, seguita subito dopo da quella di Izzy.
Le loro risate durarono ben poco, però.
Sentirono un singulto, subito seguito da un rumore di vetri rotti.
Si voltarono attirati da quei rumori, preoccupati che fosse successo qualcosa di grave… e si trovarono faccia a faccia con un Alec visibilmente sconcertato.
Li stava fissando con gli occhi spalancati e una mezza smorfia di disgusto, mentre ai suoi piedi giacevano i resti del bicchiere di champagne che fino a poco prima reggeva in mano.
«CHE COSA AVETE FATTO?!» gridò «Cioè voi due… il mio divano… quando noi non… MA COME AVETE POTUTO?!»
Simon si sentì mancare… L’aveva fatta grossa, non pensava che Alec li stesse ascoltando mentre parlavano.
Guardò Isabelle preoccupato, in cerca di aiuto, ma lei stava guardando il fratello, con un’espressione colpevole e imbarazzata dipinta in volto, mentre lui ancora farfugliava minacce frustrato.
Fu solo per un attimo, però: si riprese quasi subito e la fierezza di Isabelle Lightwood tornò in superficie.
«Dai fratellone, te la stai prendendo troppo come al solito: non abbiamo fatto niente di male! Non è un crimine, questo!» disse guardando Simon, che si azzardò ad annuire, ma senza aprire più bocca.
Alec tentò di ribattere, ma lo stupore era troppo e tutto quello che riusciva a dire erano spezzoni di frasi non articolate tra di loro.
«No, ma… non importa! Questo non vi dà il diritto... il mio divano! Non avevate altro posto…? Povero me… e Magnus!»
Come richiamato, lo stregone si fece largo tra la folla e comparve accanto al compagno, appoggiandogli una mano sulla schiena.
«Su, su, fiorellino, la sposina ha ragione. Stai facendo troppe storie e stai anche spaventando i bambini» disse con voce suadente, tentando di calmarlo e accennando ai bimbi in un angolo, che li fissavano con i loro occhioni spalancati.
Poi, improvvisamente, si girò verso Simon e Isabelle, con i suoi occhi da gatto che brillavano.
«Non pensate che sia contento di sapere che avete usufruito dei miei mobili scelti con estrema cura per i vostri giochetti, sia chiaro». Li osservò in silenzio per un attimo, per poi girarsi e tornare a rivolgersi al compagno, gli occhi tornati del solito colore, con un piccolo accenno di sorriso. «Tuttavia, Alexander caro, in fondo è solo un divano. Possiamo sempre prenderne un altro, se la cosa ti turba tanto» disse, poi, sottovoce, così che solo Alec potesse sentirlo, aggiunse: «Anche se quando si è trattata della nostra prima volta, non mi sei sembrato così tanto contrariato rispetto a quel divano.»
Magnus sorrise, amabile, e Alec, già rosso per il vino e la rabbia, si sentì le guance andare ancora più a fuoco.
Prima che potesse rispondere, però, una terza voce si intromise nel discorso.
«Suvvia, quanti problemi vi state facendo! Ve lo procuro io un divano, se volete!»
“Ecco” pensò Simon, “ora sì che sono davvero finito”.
Si voltarono tutti verso il nuovo interlocutore, fissandolo come fosse un fantasma. A quanto pareva nessuno aveva notato che fosse nei paraggi.
Jace Herondale si ergeva in tutto il suo angelico splendore con la spalla appoggiata alla colonna: se per darsi un’aria da figo come suo solito o per sorreggersi a causa del vino, Simon non avrebbe saputo dirlo.
I capelli biondi erano accuratamente spettinati ad arte e aveva in mano un calice di champagne che sorseggiava tranquillamente.
Guardò il suo parabatai con i suoi grossi occhi dorati, in una muta conversazione, e Alec si incupì ancora di più.
“Forse non sono l’unico che sarà rovinato a causa di Jace” si ritrovò a riflettere Simon, guardando il povero Alec e la sua espressione afflitta.
Fu Magnus a interrompere il silenzio.
«No, grazie. Preferisco pensare da solo al mio arredamento… Direi che voi Nephilim avete già fatto abbastanza danni» disse, scoccando un’occhiataccia a Simon e Isabelle, che fecero spallucce.
Poi, tornando a rivolgersi a Jace, con sguardo penetrante aggiunse: «Soprattutto perché avrei paura di sapere cosa avete fatto tu e la rossa su quel divano».
Simon cercò di mantenere un’espressione neutra: in fin dei conti Clary era pur sempre la sua migliore amica, ed era abbastanza sicuro che lessere parabatai non comprendesse anche condividere i dettagli della propria vita privata con il partner.
Jace si portò una mano al petto con fare teatrale, fingendosi offeso.
«Queste tue insinuazioni mi feriscono, non abbiamo fatto nulla sul divano che ti avrei procurato».
Isabelle lo guardò storto, alzando un sopracciglio sospettosa.
«È vero, Iz» aggiunse Jace. «Però Alec, in confidenza, capisco tu possa essere rimasto sconvolto da questa rivelazione da parte dei novelli sposi: lo sono anche io. Simon, da te non mi sarei mai aspettato una cosa del genere! Sono fiero di voi, ragazzi, ma sono sicuro non sia stato nulla di che. Ti puoi rilassare, amico mio».
Alec lo guardò male, ma non fu niente in confronto all’espressione che assunse poco dopo, quando Jace aggiunse: «Se invece sapessi le cose che abbiamo fatto io e Clary sul tuo divano…»
«CHE COSA?!» urlò Alec, facendo un mezzo salto indietro per allontanarsi dal suo migliore amico, che se la rideva di gusto seguito a ruota da Isabelle e Simon. Magnus, invece, cercava di mantenere una certa espressione disgustata, ma si vedeva che sotto sotto stava cercando di trattenersi.
«Anche voi?! Cosa… QUANDO?!» urlò Alec.
«Oh beh, sai… tu e Magnus eravate in vacanza con i bambini e noi siamo venuti a bagnarvi le piante, non volevi mica che morissero? Solo che una cosa tira l’altra e…» spiegò Jace, continuando a ridere.
«JACE!» gridò qualcuno, interrompendo il suo discorso.
Tutti si voltarono e videro Clary spedire i bimbi da nonna Maryse, per poi affrettarsi a raggiungere il fidanzato e tirargli, infine, un pugno sul braccio.
«Cosa stai dicendo?» gli urlò contro. «Ma che ti viene in mente? Alec, non è assolutamente vero».
«Sì, che lo è». Clary gli lanciò un’occhiata furiosa e Jace si zittì.
«Non pensavo che avrei mai detto una cosa del genere in vita mia, ma… non offenderti, Fray, mi risulta più facile credere al biondo ossigenato, in questo caso, che non a te.» prese parola Simon.
A quel punto Magnus iniziò davvero a ridere, insieme a Isabelle che non aveva ancora smesso da prima.
Clary guardò il suo parabatai indignata, nello stesso momento in cui Jace disse: «Pensavo di aver chiarito questa cosa al nostro primo incontro: io sono biondo naturale.»
A quel punto Clary alzò gli occhi al cielo, mentre Alec, che ormai aveva perso ogni sprazzo di vita, si coprì il volto con le mani.

"In vino veritas" (Sizzy on Alec's sofa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora