Capitolo 27

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Queste mani sono secche e ruvide, ma riescono a strapparmi un gemito di piacere quando fanno rilassare completamente il mio collo. Formano dei grandi cerchi sulla mia pelle, che piano piano si fanno sempre più piccoli.

"Dove hai imparato?" Domando.

"E' una storia che non hai voglia di sentire." Mi risponde Andrea continuando a massaggiarmi. Dopo un paio d'istanti smette e dalla mia bocca esce involontariamente una disapprovazione. Mi volto guardandolo con un'espressione triste.

"Se vuoi che io continui, vieni nella mia stanza." Dice mentre riprende la birra, e se ne va. Rimango li ferma per qualche istante e infine decido di lasciar perdere. Prendo l'antidolorifico, apro la busta e la verso nel bicchiere con un po' d'acqua, mescolo ed infine bevo. Il gusto di questo liquido mi disgusta parecchio, così strizzo gli occhi mentre ingoio. Appoggio il bicchiere nel lavandino e torno in salotto. Jessica dorme profondamente. Mi siedo sul divano e dopo poco la porta d'ingresso si apre, Federico è tornato dopo tre ore.

"Ti abbiamo mandato un sacco di messaggi, tutto bene?" Gli chiedo preoccupata.

"Avevo più tensione del solito da scaricare." Risponde fulminandomi con lo sguardo.

"Credo che dovresti andare da Laura, prima era abbastanza nervosa." Alla mia affermazione, il suo sguardo si addolcisce. Si stacca dal braccio il contapassi per poi andare direttamente in bagno.

Ce l'ha ancora con me, sinceramente penso che stia davvero esagerando. Tutta questa scena per una bizzarria. In tv trasmettono la pubblicità, così cambio canale. Non c'è niente di buono, e le pubblicità mi fanno perdere la pazienza.

Ad un tratto, il mio cervello viene attraversato da un pensiero lampo.

Guardo la zona delle camere. Prima di alzarmi dal divano, osservo la situazione intorno a me, per poi lasciarmi condurre dalle mie gambe verso quella direzione.

Mi avvicino alla porta, appoggio le mani sulla maniglia, e l'abbasso lentamente. Andrea sta fumando una sigaretta mentre sta steso sul letto a bere birra. La chiamavano la bella vita.

"Sei qui per la tua seduta?" Mi domanda in tono serio.

"Si." Sorrido un po' imbarazzata, non mi era mai capitato di andare da lui pretendendo qualcosa.

"Siediti." Ordina. Mi dirigo verso il letto di Federico.

"No, siediti qui." Ripete indicando il suo letto con il mento. Lo guardo, per poi andare a sedermi in un angolo del suo materasso.

"Non ti mangio mica." Risponde scocciato appoggiando birra e sigaretta, fortunatamente si è procurato un posacenere. Si alza per andare dall'armadio. Indossa una maglia a maniche lunghe rosso scuro, e i pantaloni della tuta. Sullo scollo tondo della maglia, si posano le sue due solite collane: la medaglietta che ricade sul petto e quella più stretta al collo, di legno. Gli anelli di metallo lucente che porta alle dita, fanno da contrasto con la pelle delle mani, resa opaca e violacea dal freddo di Londra. La sua espressione è sempre così seria, e l'inclinazione delle sopracciglia da l'impressione che non gliene freghi di niente e di nessuno. Avanza verso di me, buttando sul letto un piccolo borsello, per poi uscire dalla stanza.

Dopo qualche istante, afferro ciò che ha buttato accanto a me, e non resisto; lo apro. Al suo interno trovo un pacchetto di sigarette, un accendino, quelle che presumo essere delle cartine e in un angolino un sacchettino trasparente, contenente qualcosa di verdognolo. Capisco immediatamente di che cosa si tratta, è erba. L'odore pervade completamente le mie narici, come se non avessi più ossigeno. Ripongo le cose nel borsello e intanto sento la voce di Andrea. Sta parlando a Federico dalla porta del bagno, e gli sta dicendo di andare a dormire in un'altra stanza. Appena sento queste parole, mi alzo in piedi di scatto ed esco dalla stanza. Lui mi vede e mi ferma per un braccio.

Non volermi, amami || COMPLETODove le storie prendono vita. Scoprilo ora