Capitolo 31

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Vorrei muovermi e alzarmi, perché mi sento minacciata da questa presenza, ma non ci riesco.

Provo a spostare le coperte, ma non riesco nemmeno a muovere il braccio.

Cerco di chiamare Jessica, o qualcuno che possa venire ad aiutarmi, il cuore mi batte fortissimo, ho paura e non riesco ad alzare la testa per vedere chi ci sia sul mio letto.

Comincio ad urlare ma la voce non mi esce, sento questa presenza avvicinarsi sempre più verso di me e il senso di oppressione mi toglie il respiro.

Soffoco.


Quando riapro gli occhi veramente, trovo Andrea che sta abbassando le tapparelle della stanza. Mi tiro su di colpo a sedere, respirando affannosamente. Si volta improvvisamente verso di me, restando ancora con le mani alla finestra.

"Cos'hai?" Domanda avvicinandosi.

"Niente..." Rispondo mentre i brividi, causati dal sogno, stanno svanendo dalla mia pelle.

"Hai fatto un'incubo?" Prende una coperta che non sapevo di avere addosso e la sposta fino all'angolo dei miei piedi.

"No, si, non lo so... Era un sogno così reale, vedevo la stanza esattamente com'è."

"E non riuscivi a muoverti?" Domanda sedendosi sul letto e guardando a terra.

"Si..." Rispondo non capendo come faccia a saperlo. Passa qualche istante prima che risponda.

"Si chiama paralisi nel sonno, poco prima di addormentarsi o di risvegliarsi insorge l'incapacità di muoversi o di parlare." Afferma stringendo con la mano il bordo del materasso, appena si accorge che ho visto ciò che sta facendo, toglie la mano e se l'appoggia su una coscia. Non mi piace l'improvviso atteggiamento che ha assunto, sento un clima che comincia a farsi teso.

"Come mai sei così informato su questo fatto?" La mia curiosità è talmente forte che non riesco a trattenermi dal non chiederglielo.

"Dopo di lei." Il suo tono è duro. Passano alcuni istanti e il suo respiro accelera sempre di più. Lei, sua madre. Ogni giorno scopro qualche nuovo pezzo di Andrea che è stato fracassato dalla sua morte.

"Quando se n'è andata, ho cominciato a stare dalla parte del diavolo, e una parte di me se n'è andata via con lui." Aggiunge. La sua fronte è aggrottata e la mano stringe la coscia. Dopo aver deglutito, mi avvicino a lui e porto una mia mano sulla sua per fargliela rilassare.

"Lascia perdere queste cagate d'affetto, non ne ho bisogno, nessuno ne ha bisogno. Ero solo fragile, per questo soffrivo di notte e provavo quello che hai appena provato tu." Sposta la mia mano, con meno violenza del solito, ma io la rimetto sulla sua e questa volta gliela stringo.

"Non hai idea di cosa significhi essere paralizzati durante il giorno, non vedere l'ora che arrivi la notte per non pensare più e poi ritrovarsi immobilizzati anche durante il sonno. E' sorprendente come si possa morire insieme a qualcun altro. L'unica differenza è che lei ora è sottoterra mentre io sono ancora qui." Mentre parla, riesce a sopportare la presenza della mia mano sulla sua. Prima che io possa dire qualcosa parla ancora lui.

"Fai a meno di rispondere, anzi non so nemmeno perché ti sto dicendo queste cazzate."

"Non sono cazzate, ne hai mai parlato con qualcuno?" Domando per cercare di capire se sia scontato per lui parlare di queste cose, o se invece non lo sia.

"Si, sono andato anche in televisione e mi hanno fatto un intervista, che domande fai? Non ha senso parlare di queste cazzate, sono solo concezioni di vita, io non ne ho bisogno." Nega con la testa, sicuro di ciò che ha detto. Leggo nei suoi occhi la sicurezza e la fierezza, tramutarsi in tristezza e poi in disprezzo. Passano alcuni istanti di silenzio, e la bomba non è ancora esplosa.

Non volermi, amami || COMPLETODove le storie prendono vita. Scoprilo ora