Chapter 23: LA Devotee

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Ci sono volte in cui i colori sono impossibili da trovare.
Soffocati dal nero, dai sentimenti, dal disgusto, dalle medicine.
"Michael, parlami, ti prego".
Il mio tratto è nervoso, il mio sorriso quasi psicopatico, lo tocco, lo sento, ma nulla, nulla, nulla.
Il mare mi inghiottisce, mi soffoca, mi porta giù, sempre più giù, quasi sul fondo.
Lo tocco, lo sfioro, e temo di rimanere qua per sempre.
Il mare, così bello, così cattivo.
Quello che amiamo ci uccide.
E il mare non è da meno.
"Michael".
Mi tocca.
Mi tocca piano, quasi avesse paura di me, e forse ne ha, so che ne ha, deve avere paura di me.
Sono pericoloso.
Potrei uccidere qualcuno quando sono nella mia testa.
Ma lui no.
No, no, no, non lui, non lui, non posso uccidere lui.
Non posso uccidere tutto ció che abbia mai amato.
Rido, rido forte, rido sciocco, rido male.
Rido perchè la mia follia è reale, è palpabile, mi circonda.
Il mio disegno é folle.
"Michael, amore".
Oh, amore.
Che bella parola.
Ma spogliata di significato.
E.
Nella.
Mia.
Mente.
Vuota.
Amore. Amore. Amore.
Perchè le persone si innamorano se sanno che soffriranno?
Perchè sono stupide, ecco perchè.
Ed io sono il re degli stupidi, il re dei folli, tutto ció che di malato c'è al mondo.
Tanto che a volte.
Lui.
Lui.
Lui è sempre nella mia mente, malattia, dolore, orrore.
Se non fosse per lui, ora io forse non sarei così.
Matto, matto.
O come preferisce definirmi lo psichiatra.
Bipolare.
Disturbo bipolare di primo tipo.
Che nome lungo e arzigogolato per qualcosa di così meschino.
Come me.
Bastardo da tutta una vita.
Egoista che non sono altro.
Ma allo stesso tempo, grande.
Ed egoista come sono, me ne andró custodendo gelosamente tutto ció che mio è stato.
Forse persino il cuore di Luke.
"Ti prego, ti prego, parlami".
Voce lontana, voce musicale, sussurro d'usignolo.
Non voglio sentire.
Non voglio più sentire.
Voglio silenzio.
Non voglio le voci, non voglio le risa, non voglio le parole di Ashton, di Calum.
Voglio Luke.
Ma non riesco a raggiungerlo, intrappolato nella mia testa, soffocato dal mio castello di carta.
E le voci trionfano.
Non riesco a smettere, non riesco.
Non riesco.
E lui mi guarda, vedo che mi guarda, vedo come mi guarda, ma bastardo, malato, folle come sono, non riesco a parlargli.
Intrappolato nella mia stessa testa.
Esiste prigione peggiore?

Ho cancellato, cominciato, ricancellato e riscritto questo capitolo decine di volte nell'ultimo mese.
Non riuscivo a farne uno che facesse giustizia alla storia.
E alla fine è uscito questo.
E nulla potrebbe essere più simile alla mente di Michael di questo pasticcio di parole, perció credo renda bene l'idea.
La storia potrebbe finire presto.
Potrebbe.

Holy || Muke Clemmings Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora