CHAPTER SEVENTEEN "rivelazione"

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Non sapevo se augurare buona fortuna a me stessa o ai miei amici.

Loro con le lacrime agli occhi, io con il sudore freddo.
Il mio Karjm svolazzava indicandomi la strada per tornare sulla Terra, e io con una paura da matti lo seguivo.

Avevo paura che sarebbe successa una catastrofe, qualcos'altro di brutto davanti ai miei occhi.
Il Karjm non sapeva dove stesse andando.

Girava senza meta per il sottobosco, e brillava al sole come non aveva mai fatto.
Ci avvicinammo nel luogo dove avevo ucciso Luke, o meglio, Lux. E poi ci dirigemmo nel posto dove la regina bianca era stata uccisa.

Passammo per la foresta lucente, ora il cartello non c'era più.
I cespugli erano ricoperti di candidi fiori bianchi e di grifoni ce n'erano un sacco.

Volavano nel cielo, o si abbeveravano sulle sponde di un ruscello.
Mentre tutto intorno a me brillava di luce propria, man mano che passava il tempo la mia luce bluastra diventava sempre più fioca.

Mi sentivo piccola e indifesa.
Ciò che volevo era tornare a casa, ma sentivo dentro di me anche la voglia di rimanere su Oriax.

Il Karjm cominciò a muoversi più lentamente, e pian piano diventò sempre più rigido nel volare,
finché non cadde a terra, e si ruppe in mille pezzi.

Dai frammenti uscì una polvere che entrò nel bracciale, come se l'anima del Karjm fosse ancora lì.

Ma non mi sarei fermata li a raggruppare tutti i pezzi.
Cominciai a cercare un posto dove stare per la notte, temporaneamente.
Di colpo il cielo annerì: era notte fonda.

Mi avvicinai ad una luce che portava in una baita di montagna, e lì incontrai una vecchietta:
«Sto cercando un posto dove stare, per poco tempo»
Le chiesi.

Ma lei sembrava non sentirmi, così cominciò a compliare una rivista. Forse su Oriax non avevano apparecchi acustici.
Decisi da me che quella notte avrei dormito lì, da sola.

Presi un sacco a pelo e mi misi sdraiata.
Era difficile dormire in una casupola come quella, ma in quel momento era l'unica risorsa che avevo.

Pensai al Karjm.
Ad Andrix.
A Luke.
A Michelle.
A Eleanor.
A Charlotte.
A mia madre.
A tutto quello che avevo passato ad Oriax.

Chiusi gli occhi e mi rimisi a dormire.
La mattina dopo mi svegliai con gli occhi lucidi, mangiai una barretta di cioccolato, e presi il braccialetto.

Lampeggiava di un colore violaceo, come per avvertirmi di qualcosa di importante.
Sì, forse mi indicava che il portale era vicino.

Spiegai le ali e provai a volare, ma erano troppo pesanti e rigide in quel momento, cosicché non riuscirono a farmi sollevare da terra.

Ero preoccupata.
Non potevo andare da nessuna parte ora, se non a piedi.

Il bosco era luminoso, le cicale frinivano, i fiori sbocciavano, ma qualcosa mi spaventava.
Non sapevo come andare avanti, ecco il punto.

Se solo avessi avuto il potere del teletrasporto...
Camminai per ore e ore, senza meta, con una fame e una sete incredibili, in cerca di un torrente o un lago dove bere acqua dolce.

Per la stanchezza, l'ultimo tratto di bosco lo avevo percorso strisciando.
Ero sempre più debole, ma qualcosa mi diceva di non mollare e di continuare a crederci.

«Eccoci...»
Disse una voce.
Era la stessa voce che mi avevano detto di uscire quando mi trovavo all'ospedale.

Mi avvicinai all'ospedale. Era più buio e cupo della volta prima.
Entrai dalla porta d'emergenza, percorsi il corridoio, e giunsi finalmente nella mia stanza.
Chiusi gli occhi.

Ero in macchina, non sapevo dove fossi, tutto intorno a me era confuso, la luna, il gatto, sguardi sinistri...

Era quella la fonte dell'incubo. Veniva tutto dall'ospedale.

Ogni stanza rappresentava il modo in cui era morto qualcuno, e in che modo era arrivato qui.
Questo spiegava tutto.
Riaprii finalmente gli occhi.

Ero per terra. Il tempo era fermo, e un camion mi era appena passato sopra.
Non sentivo dolore, né paura.
Ero sulla terra, vicino all'entrata della mia scuola.

Mi guardai intorno.
Mi toccai le scapole.
Non avevo più né ali né
bracciale.
Avevo solo una collana con un orologio al collo.
L'orologio era fermo.
Solo quando mi alzai da terra e rientrai nel cancello della scuola il tempo riprese a partire, anche se in modo strano.

Cercai subito Vicktory, ovunque lei fosse avrei voluto raccontarle tutto. La vidi.
La abbracciai fortissimo.

«Ehi, Chris! Perché mi stai abbracciando?»
Ah, giusto. Non lo sapeva.

L'unica cosa bella era sapere di poter tornare da loro tutte le volte che ne avrei avuto voglia.
Così, accompagnata da Vicky, tornammo nell'aula.

Mi sentivo un vuoto dentro.
Più di quanto pensassi.
Mi mancava Oriax, mia madre, le mie amiche.
Michelle e Charlotte probabilmente erano ancora in coma...
Forse non c'erano più.

Vicky vedendomi triste cercò di tirarmi su il morale facendo qualche buffa boccaccia.

«Ehm...sbaglio o sei giù di morale? Che hai? La corsa campestre ti ha stancata? Non credo, dopotutto sei voluta uscire dalla scuola, un camion ti stava per investire e...non dirlo in giro, ma ho visto una cosa assurda»

Disse Vicky finendo per fare una faccia spaventata.
Le feci un cenno per indicarle di continuare a parlare.

«Qualcosa di nero... ti ha salvata. Un'ombra scura che fluttuava nel cielo. E per un attimo ha preso le sembianze di una persona, tutta nera. Dopodiché sei scomparsa.»
Tutto ciò mi fece rimanere a bocca aperta. Eileen, mia madre, mi aveva salvata.

Allora anche Vicky vedeva ciò che vedevo io?

Non le dissi nulla per non stranirla.
Come mi aveva detto Eleanor non dovevo far scoprire alle persone dell'esistenza di Oriax, ma era impossibile dopo tutto questo.

Abbracciai Vicky con le lacrime agli occhi, che ultimamente non mi vergognavo a far uscire.

Vicky non si accorse che stavo piangendo, ma nel suo cuore anche lei sapeva che qualcosa doveva essere successo.

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