Pioggia ininterrotta

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Il sole aveva smesso di battere su Oldmill Village da qualche giorno, ormai. L'estate stava finendo e lasciava spazio ai sempre più uggiosi giorni d'ottobre.
Dopo le vacanze estive la scuola era ricominciata come sempre, con i compiti impegnativi delle superiori e le noiose lezioni mattutine.
Dopo la perdita dei suoi poteri Zick non aveva avuto neppure la possibilità di divertirsi con i suoi amici domatori. Da quando Sinistro aveva rubato i suoi poteri Zick non aveva più partecipato a molte cacce al mostro, preferendo passare il tempo a casa, anche se Elena sapeva che gli rodeva il fatto di non poter più vedere il mondo dei mostri come quando era bambino.
Ora Elena e Zick avevano diciassette anni, erano – se possibile – ancora più amici di prima. Si vedevano tutti i giorni, prima e dopo la scuola dato che erano iscritti in classi diverse.
Quel pomeriggio, tanto per cambiare, Zick sedeva sul divano di casa sua, con i libri di storia aperti sulle gambe incrociate e la penna già rosicchiata tra i denti.
La sua attenzione, comunque, non era assolutamente rivolta ai compiti che gli erano stati assegnati, ma al servizio che il telegiornale stava dando alla televisione.
«La trivella sta scendendo sempre più in basso, nel sottosuolo di Oldmille», stava dicendo la reporter sotto l'ombrello sferzato dal vento. «Sembra che sia destino che i lavori proseguano sotto questo temporale incessante, che ormai tormenta la città di Bibburg dal giorno dell'apertura del cantiere appena tre giorni fa».
Un colpo di vento più forte degli altri strappò di mano l'ombrello alla povera giornalista; lei continuò, molto professionalmente, a parlare.
«Comunque gli operai al lavoro non si danno per vinti, e annunciano che in poche settimane, nonostante il brutto tempo, raggiungeranno la riserva minerale sotterranea»
«Poveva cava, favebbe meglio a stavsene a casa con qvesto bvutto tempo», esordì una voce affianco al povero Zick, che sussultò.
«Per favore, Bu, non comparire all'improvviso», borbottò il ragazzo facendo spazio allo Sniakutz sul divano.
Il mostro si accomodò e incrociò tutte e quattro le sue braccia sul petto.
«Però hai ragione», sorrise Zick, «Si buscherà un gran bel raffreddore»
Guardarono entrambi oltre le finestre del salotto, fissando lo sguardo sul cielo griglio proprio nell'istante in cui un fulmine lo illuminò con violenza.
Il rombo del tuono coprì per qualche secondo il ticchettare dell'acqua sui vetri delle finestre e sulle tegole del tetto.
Timothy entrò nella stanza con calma, raggiungendo i due e saltando sul bracciolo affianco al ragazzo. Muoveva la coda con insistenza e tendeva le orecchie. Si rivolse a Zick con noncuranza: «Non credi che dovresti dire ad Elena di stare a casa oggi? Si bagnerà fradicia solo per arrivare da casa sua a qui»
Zick sospirò. «È vero, non ci avevo pensato», disse allungando il braccio per prendere il telefono che aveva lasciato sul tavolino. Urtò il povero SniakutzBu, facendogli rotolare per terra un occhio e due delle braccia.
«Ops, scusa», disse senza troppa convinzione componendo il numero dell'amica. Come aveva potuto scordarsi di Elena?
«Figuvati», borbottò il mostro chiaramente contrariato mentre scivolava giù dal divano per rimettersi insieme.
Zick già era passato ad altro, dimenticando l'incidente. «Dai, rispondi», mormorò sottovoce lasciandosi cadere di nuovo sul divano.
«Cevto», si lamentò SniakutzBu «se qvalcuno nomina Elena il vagazzo pevde la testa»
Timothy trattenne una risata, provando ad immaginare Zick in versione Sniakutz e senza testa. Si voltarono entrambi a studiare la reazione del giovane. Sembrava che non avesse sentito, e continuava a picchiettare con le dita della mano sinistra sul bracciolo del divano.
«Mi chiedo se se ne renda conto», domandò poi il tutore mentre accompagnava SnyakutzBu nell'altra stanza.
«Cevto che non se ne accovge, è un umano adesso, non vede più le cose ovvie!»

Il telefono continuava a squillare, ma nessuno sembrava voler rispondere. Fu quando Zick stava per perdere la pazienza che una vocina infantile gli disse incerta:
«Pronto?»
«Violet!», esclamò Zick sorpreso. «Tua sorella è in casa?», chiese frettoloso.
La bambina stette in silenzio, preoccupata forse dal tono che il ragazzo aveva usato.
«Violet, sono Zick, devo parlare con Elena», disse poi lentamente e con dolcezza.
«Aspetta», disse la bambina.
Ma la voce che sentì dopo non era ancora quella di Elena.
«È appena uscita per venire da te», disse la madre della ragazza «Sinceramente sono un po' preoccupata, uscire fuori con questo brutto tempo non è affatto consigliabile»
«Beh, comincio ad aprirle», esclamò Zick riagganciando. Si lanciò all'ingresso e spalancò la porta. Elena era appena tre scalini più in basso, con le mani strette attorno al manico dell'ombrello gocciolante.
«Ehi, eri preoccupato?», gli chiese la ragazza sorridendo. «Sono in ritardo perché Charlie insiste a dire che sotto al suo letto c'è l'Uomo Nero, ho dovuto tranquillizzarlo»
«Io...», balbettò il ragazzo per un istante. Poi le porse la mano per tirarla dentro e le prese l'ombrello per scuoterlo fuori dalla porta, mentre Elena si toglieva il cappotto fradicio. «Veramente mi sono ricordato che dovevi venire solo poco fa, e ti ho chiamata a casa per dirti di restare all'asciutto»
Elena sollevò un sopracciglio. «Bè, grazie, ora sì che mi sento apprezzata», si tolse lo zaino dalla spalla e lo usò per colpire l'amico allo stomaco. «Toh, renditi utile almeno, reggilo mentre mi strizzo i calzini e svuoto le scarpe. Ce l'hai un acquario?»
«Un acquario?»
«Per i pesci che ho dentro le scarpe», spiegò Elena sedendosi per terra e sfilandosi le scarpe.
«Spiritosa!», esclamò il ragazzo indispettito. «Comunque lasciale pure qui, ti presto calzini e pantofole asciutte»
«Accetto il prestito, ma le scarpe preferirei portarmele dietro per evitare che finiscano nello stomaco di Bombo»
Zick le porse una mano e la aiutò a tirarsi su. «Comprendo benissimo i tuoi timori»
«Ehi, ma dove sono tutti?». Elena si guardò intorno preoccupata, non vedendo nessuno in giro.
«Fuori dalle scatole, per fortuna», rispose il giovane.
Elena sbuffò. «Ma sono i tuoi mostri!»
«Sì, e non stanno mai un secondo zitti quando devo studiare, scelgono sempre quel momento per giocare a tombola, commentare qualcosa la TV o...», ci rifletté un attimo, mentre cercava qualcosa nel mobiletto accanto all'ingresso. «Spuntarsi le basette con il ventilatore della cucina»
«E si rendono visibili per fare queste cose? Wow, sembra che lo facciano davvero apposta»
Zick si sollevò e le porse le pantofole calde che le aveva promesso. «I calzini puliti sono appena usciti dall'asciugatrice, stanno già in cucina»
Elena s'infilò le pantofole per non camminare scalza, e seguì Zick in cucina con in mano le scarpe bagnate che gocciolavano leggermente sul pavimento.
«Comunque, tornando all'Uomo Nero, non esiste, giusto? Posso stare tranquilla per i miei fratelli, vero?»
«Ma certo», la rassicurò Zick. «L'Uomo Nero non esiste»
Prese due calzini bianchi dalla vaschetta di panni asciutti che stava abbandonata su una sedia e li porse ad Elena assieme ad un asciugamano.
Mentre lei si asciugava ed infilava ai piedi i calzini e le scarpe asciutte Zick mise su l'acqua per un tè.

Neppure il giorno successivo il temporale dette tregua a Bibburg, ma era domenica e la scuola era ovviamente chiusa. Elena stava seduta alla scrivania e si scervellava su un problema di matematica che aveva iniziato ormai da ore.
Violet e Charlie erano seduti per terra, alle sue spalle, e coloravano alcuni disegni che Elena aveva fatto per loro. Erano caricature un po' storpie degli abitanti del mondo dei mostri e schizzi della città sospesa.
Ai gemelli ed a Zick quei disegni piacevano parecchio, ma non era lo stesso per l'insegnante di Arte.
Charlie e Violet avevano compiuto da poco cinque anni, adoravano Elena e avevano il vizio di starle appiccicati tutto il giorno. Alla ragazza non dispiaceva troppo, a meno che non dovesse uscire a zonzo con Zick e loro volessero aggregarsi per forza.
«Porca bomba! Stupida matematica!», esclamò all'improvviso esasperata.
«Pocca Bomba, Pocca Bomba!», esclamò Violet, sollevando le manine sporche di colore.
«Oh, no!», esclamò Elena buttandosi atterra affianco a lei. «Quella è proprio una brutta parola! Non la devi più ripetere!»
«Pocca Bomba!», ripeté la bambina ridacchiando, probabilmente ben conscia dei guai in cui sua sorella si sarebbe cacciata se la mamma l'avesse sentita parlare a quel modo.
«Accidenti...»
Elena si alzò e incrociò le braccia al petto. «Fantastico, sono proprio nei guai, se mamma lo scopre»
Afferrò il telecomando ed accese la televisione. Come sempre negli ultimi giorni, sulla rete locale davano un servizio sulla trivella che scavava ai confini con il bosco. Le notizie però non erano delle migliori.
Il servizio doveva essere iniziato da poco, perché Elena non fece fatica a comprenderne l'argomento.
«I lavori sono fermi ormai da un paio d'ore, la frana non ha causato troppi danni, sarà comunque necessario ricostruire alcune impalcature che hanno ceduto. Per fortuna non ci sono vittime, né feriti, ma sarà necessario accertarsi che il terreno non sia troppo fragile prima di proseguire con la trivellazione»
Poi Elena fu distratta dalla manina di Charlie che richiedeva attenzione.
«Bomba Bomba?», chiese corrucciato «com'era?»
«Gomma gomma», gli disse Elena sollevata dal fatto che si fosse dimenticato.
«Gomma gomma», ripeté Charlie.
«Sì», disse la ragazza, poi aggiunse sottovoce: «Scemo scemo»
E ridacchiò.

Teddy Thaur aveva approfittato del momento in cui la pioggia aveva smesso di cadere dal cielo per raggiungere l'oasi di detenzione Barrymore. Ora, dopo una mezz'ora, nonostante il sole facesse ancora fatica a sbucare tra le nuvole, la pioggia non scendeva più. E Teddy continuava a vantarsi dell'inseguimento ai vermi d'acqua che si era svolto un paio di giorni prima nelle fogne di Oldmille Village. «Sul serio, dovevi vederci, li abbiamo stesi in quattro e quattr'otto»
«Sì, certo, certo», borbottò Zick cercando di concentrarsi sugli esercizi di inglese.
Teddy si sporse alle spalle dell''amico e gli chiuse il libro.
«Ehi!», si lamentò il ragazzo. Poi lo sguardo gli corse al mostro che era sgattaiolato in camera sua di soppiatto.
«Bombo! Molla le mie scarpe!», esclamò irritato.
Il mostro lo guardò colpevole, poi chiuse la bocca che era pronta a mandar giù le saporite calzature e si guardò i mostruosi piedi nudi.
«Come ha fatto te a scoprirmi? Me è stato silenziosissimo, non si è neanche reso visibile!»
Teddy e Zick lo guardarono confusi.
«Non sei visibile?», domandò l'ultimo dei due ragazzi battendo le palpebre.
«No, ora no», disse Bombo allungando con espressione colpevole le scarpe al ragazzo.
Lui fissò il mostro per qualche istante, fino a quando non lo vide dissolversi piano davanti agli occhi.
«Ora stai sparendo», mormorò Zick.
Teddy sorrise. «Grande, amico, sembra che tu stia recuperando i tuoi poteri»
«Non ne sono sicuro, già non lo vedo più», sospirò «Comunque devo tornare a fare i compiti»
«Stai diventando noioso come gli esseri umani, perfino Elena ultimamente è più forte di te»
«Sarà perché lei vede i mostri», sbuffò Zick, «E poi lei è sempre stata una tosta»
Teddy lo guardò corrucciato.
«Ok, ora sgombera»
Il biondino guardò fuori dalla finestra. Il temporale era ricominciato, anche se con meno impeto rispetto ai giorni passati.
«Magari resta per cena, è tardi», s'intromise Greta entrando nella stanza.
Zick sbuffò. Non aveva nulla in contrario. Era solo una scusa perfetta per scaraventare i libri di scuola sotto al letto.
Si chiese se la professoressa si sarebbe bevuta la scusa del Bombo di casa che si è mangiato i compiti. Di sicuro avrebbe strizzato gli occhi e l'avrebbe fissato storto attraverso gli occhiali da talpa, dato che per Bombo le sarebbe venuto in mente solo l'insetto.
Quando scesero per aiutare la madre di Zick a preparare la cena la televisione era accesa. Il solito canale locale parlava della ripresa dei lavori alla trivella.

Elena mise a letto Charlie e Violet, rimboccò loro le coperte e si preparò a raccontare una storia.
«Voglio la storia del Bombo che mangia le scarpe al domatore!», disse Violet saltellando. Elena la afferrò, la risistemò nel lettino e la bloccò con le coperte.
«Sta buona», disse dolcemente. Poi si accorse che Charlie si era districato ed era sceso per terra. Ora stava guardando con una torcia sotto al letto.
«Che stai facendo?», gli chiese.
«Vedo se c'è l'Uomo Nero»
Elena gli si avvicinò e lo sollevò di peso. «Ho chiesto ai miei amici Domatori, hanno detto che non c'è nessun Uomo Nero»
Lo disse con la dolcezza che gli riservava sempre, e lo fece sedere sul bordo del materasso per scompigliargli i capelli.
«Esiste invece, devo controllare sotto tutti i letti, o prenderà qualcuno di voi, ed io non voglio»
«Charlie», sospirò Elena. «Non devi preoccuparti, ci sono io qui, non succederà nulla»
Il bambino insisté: «Controlla sotto il letto prima di andare a dormire»
«Va bene, ma ora dormi, ok?»
Charlie annuì, poi si stese controvoglia e poggiò la testa sul cuscino.
«Prometti»
«Prometto», assicurò Elena. E prima ancora che potesse iniziare a raccontare la storia i due gemelli erano nel mondo dei sogni.
Elena andò in camera e indossò il pigiama. Continuò a pensare alle affermazioni di Charlie, che credeva davvero nell'Uomo Nero.
Non seppe perché lo fece, ma prima di stendersi diede una sbirciata sotto al letto. Quasi si aspettava di vedere davvero sbucare l'Uomo Nero dall'oscurità. Si diede della sciocca.

La mattina fu assurdamente soleggiata rispetto alle precedenti. Zick scese le scale a passo veloce, deciso a passare a prendere Elena e correre a scuola prima che il temporale ricominciasse.
Greta stava guardando il telegiornale; questa volta era un canale nazionale.
«I lavori sono ancora fermi e le squadre di soccorso stanno entrando in azione proprio in questo momento. Dei cinque operai scomparsi non sembra essere rimasta traccia attorno alla zona in cui la trivella scavava nel terreno fino a poche ore fa»

***

È una vecchia fanfiction che avevo già postato su EFP parecchio tempo fa, ho dato una sistematina agli errori più grossi senza rileggerla attentamente, perché se lo facessi non la posterei più qui perché vorrei riscriverla dall'inizio.


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