Capitolo 3.

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Josh.

-Ben svegliato
Una voce roca rieccheggia tra le mura della stanza. I miei occhi affaticati stentano ad aprirsi ed accogliere la luce che viene irradiata da ogni angolo. Focalizzo la mia attenzione su una figura. Sembrerebbe un uomo di grande stazza, siede su una sedia che sembra cedere sotto al suo evidente peso. Strizzo gli occhi e cerco di mettere a fuoco il suo viso. Una folta barba castana gli ricopre il mento e la mascella possenti, mentre un naso a patata sorregge uno spesso paio di occhiali neri. Due occhi neri come la pece mi scrutano con attenzione, come in attesa di un mio gesto.
-Chi sei?
La mia voce esce strana, sconosciuta.
-E tu? Sai dirmi chi sei tu?
Questa domanda mi fa immobilizzare. Chi sono io? E che diavolo ci faccio in questa stanza?
Probabilmente il grosso omone nota il mio viso farsi improvvisamente pallido e le mie mani che iniziano a tremare convulsivamente, dato che mi offre un bicchiere d'acqua e dei biscotti serviti su un vassoio scuro. Afferro con forza il bicchiere e bevo l'acqua tutta d'un fiato.
-Riesci a ricordare il tuo nome?
La stessa voce roca che mi ha svegliato, ora mi riporta alla realtà. O almeno, credo sia la realtà.
-Io...
Mi sforzo, mi sforzo veramente, la mia mente sembra svuotata, priva di qualsiasi ricordo.
L'uomo annuisce quasi impercettibilmente e mi porge la mano callosa.
-Io mi chiamo Merrik
Si presenta con tono disinvolto, come se sapesse esattamente cosa fare.
Con titubanza accetto la mano e la stringo timidamente.
-Josh
Questo nome esce come un sussurro, e ci metto qualche secondo prima di capire che il suono è uscito proprio dalla mia bocca.
Merrik sorride soddisfatto, prima di lasciarsi andare contro lo schienale della sedia.
-È un trucco che usiamo spesso, a volte i ricordi sono chiusi talmente dentro di noi, che gli serve una spintarella per uscire.
Lui spiega in tono talmente naturale, da farmi pensare che sia la centesima volta che ripete questa frase.
-Io non... capisco.
Farfuglio frasi sconnesse, senza riuscire a ricordare anche solo i fatti che mi hanno portato fino a questa angusta stanzetta.
-Tutto ti verrà spiegato, Josh.
In un gesto lento e pacato, Merrik si alza dalla sedia, che cigola impazzita non appena si attinge ad alzarsi.
-Andiamo.
Mi sprona ad alzarmi con un gesto meccanico della mano, mentre mi scruta attento.
-Non ti succederà niente.
Lui tenta di rassicurarmi mentre io cerco disperatamente di raccimolare tempo, sedendomi con calma sul letto sul quale ero disteso. Prendo un respiro profondo prima di posare i piedi sul pavimento. Un brivido mi parte dalle caviglie e si irradia velocemente per tutto il corpo, come una potente scarica elettrica.
Faccio scorrere il mio piede nudo sul terreno freddo con movimenti lenti, increduli. Provo una sensazione strana, come se qualcosa fosse cambiato. Mi guardo attorno come alla ricerca di qualcosa, qualcosa di indispensabile, ma la piccola stanza mostra al suo interno solo una sedia sgangherata.
Faccio aderire la pianta dei piedi alle mattonelle con più sicurezza e mi alzo in piedi, dandomi lo slancio con le braccia. Resto immobile. Un sorriso si fa largo tra le mie labbra. Provo un emozione indescrivibile, formata da un mix di paura ed eccitazione.
-Guardami, sono in piedi!
Urlo istintivamente verso Merrik, che mi osserva confuso. Non bado al suo sguardo e muovo alcuni passi lungo la stanza. Lui apre la porta con uno scatto e io lo seguo più felice che mai.
Non capisco davvero a cos'è dovuta quest'euforia.
Mi sento invincibile.
-Ti senti bene?
-Mai stato meglio.
Questa è la mia risposta istintiva, non saprei darne spiegazione, ma è quello che sento.
Merrik mi conduce attraverso un lungo corridoio, l'ambiente è luminoso, grandi finestre affiancano tutto il tragitto e quadri colorati stanno appesi ai muri color verde chiaro. Proseguiamo in silenzio fino ad una porta in legno.
-Sei fortunato, sai?
-Che vuoi dire?
-Non tutti lo ricordano in così poco tempo.
-Che cosa non ricordano?
-Il proprio nome.
Detto questo Merrik apre la porta e la attraversa con un passo deciso, tenendola successivamente spalancata per farmi passare.
-Per Giove, ragazzo, non vedevo un novus lento come te dai tempi di Efeso.
-Cos'è un novus?
-Tutto a suo tempo Josh, ora entra.
Mi faccio coraggio ed oltrepasso quella misteriosa porta. Chissà, magari alcune delle mie domande troveranno risposta dietro di essa. Sbagliato.
La stanza è piuttosto piccola, all'interno sono disposte quattro lavatrici in movimento e di fronte ad esse ci sono delle ceste colme di vestiti sporchi.
-Che cos'è, uno scherzo?
Sto cominciando a perdere la pazienza, non solo sto seguendo uno sconosciuto che non risponde alle mie domande e che mi chiama con nomignoli indefiniti, ma mi ha perfino trascinato in una semplice lavanderia.
Alla mia affermazione, Merrik alza gli occhi al cielo e lascia uscire un profondo sbuffo.
-Senti ragazzino, io sto solo facendo il mio lavoro, quindi stà zitto e seguimi.
Detto questo, mi afferra le spalle e mi posiziona esattamente al centro della stanza. Incrocio le braccia al petto, mentre lui si avvicina alla lavatrice centrale.
-Pronto?
-Per cosa?
-Lo vedrai presto, novus.
Non appena le parole di Merrik mi giungono alle orecchie, percepisco una vibrazione che mi scuote leggermente e sento un profondo boato rieccheggiare nella stanza.
-Ahhh!
Il terreno sotto di me si sposta bruscamente, lasciando spazio al vuoto. Cado improvvisamente, e il panico si impossessa velocemente del mio corpo e della mia mente. Tutto quello a cui riesco a pensare è la paura. Paura che sia la fine. Paura che non riuscirò mai a ricordare. Paura della morte.
Chiudo gli occhi e mi lascio cadere, con il vento dovuto all'attrito con l'aria che mi sferza il viso. Saranno passati un paio di secondi quando, con un tonfo, atterro bruscamente su quello che mi sembra essere un materasso bitorzoluto, appoggiato alla bell'e meglio sul pavimento.
Non ci metto molto a capire di non essere solo.
-Ti stavamo aspettando.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Apr 12, 2017 ⏰

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