Ricordo di un doloroso passato

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Pianeta alieno, 9 anni fa.

All'interno del laboratorio di analisi e sviluppo biologico, due scienziati stanno prendendosi una pausa e, nel frattempo, parlano delle rispettive ricerche.

"Certo che il tuo progetto sembra molto pericoloso, Akio" disse Eiji, quello che tra i due aveva corti capelli castani e occhiali a mezzaluna che gli ricadevano sul naso.

"Cosa non lo è, su questo pianeta? Ogni sera andiamo a letto, sperando di non morire travolti dai nostri stessi soffitti" rispose Akio, da dietro la frangia nera mentre rileggeva per l'ennesima volta la cartella con tutti i risultati degli esami che aveva fatto. Stava conducendo un esperimento, nel tentativo di trovare il modo per creare forme di vita che potessero resistere alle bassissime temperature esterne. Ma ancora non aveva avuto risultati soddisfacenti.

"Sta attento però: qualche giorno potrebbe esplodere il laboratorio. Lo rimproverò Eiji, ma il suo tono era così poco convincente che Akio scoppiò a ridere. – Guarda che sto dicendo sul serio! Pensa a Izumi, e al piccolo Kisshu".

Akio smise improvvisamente di ridere, forse perché il peso delle parole dell'amico gli era arrivato alle orecchie.

"A proposito, posso chiederti un favore?" domandò all'amico, richiudendo la cartella.

"Cosa posso fare per te?".

"Se mai dovesse accadere qualcosa, a me e a Izumi, potresti occuparti tu di mio figlio? Non ha nessun altro, oltre a me e sua madre, e tu sei l'unica persona di cui mi fidi" disse Akio con gli occhi tristi.

"Certo, lo farei senz'altro, ma non vedo il motivo di una richiesta simile. – Si chiese Eiji dubbioso. – Guarda che prima stavo solo scherzando".

"Lo so bene. – Lo interruppe Akio. – Tuttavia è pur sempre una possibilità, e vorrei poter sapere che, nel caso, mio figlio non sarà da solo".

"Te lo prometto" ripetè il castano.

Dal momento che la vita su quel pianeta disastrato era determinata da orari frenetici e turni di lavoro pressanti, era già notte quando Akio uscì dal lavoro. Ad aspettarlo c'era l'adorata moglie Izumi. Lui ancora non si capacitava di come una come lei, i cui capelli avevano lo stesso colore dell'erba terrestre bagnata dalla rugiada mattutina (questo avrebbe potuto dire lui, se mai avesse visto la vegetazione del pianeta azzurro) e due perle azzurre negli occhi, avesse scelto di sposare proprio lui: un uomo comune, con fin troppi difetti. Assieme a lei c'era anche il loro bambino di sette anni, Kisshu, che aveva gli stessi capelli di Izumi (erano solo appena più scuri) e quei suoi occhi così particolari, che col loro colore rassomigliante all'oro sembravano solo suoi. Alcune volte Akio si domandava se ci fosse qualcosa di lui nel figlio, e Izumi prontamente gli diceva che Kisshu aveva il suo spirito e il suo sorriso.

"Avrei bisogno del tuo aiuto, al prossimo turno" disse Akio alla moglie, dopo averla salutata per bene.

"Volentieri, ma come facciamo con lui?" rispose la donna riferendosi al bambino; entrambi avevano perduto i genitori (come molti su quel pianeta, del resto), e non conoscevano nessuno cui poterlo affidare.

"Voglio venire anch'io! – Si intromise Kisshu saltellando come un canguro. – Non lasciatemi da solo".

"Non credo che ci verrà permesso" osservò la donna.

"Spiegherò che non abbiamo altre opzioni. – Suggerì Akio. – Purtroppo la cosa che devo fare richiede un paio di mani in più".

"Non sarà pericoloso?" domandò Izumi titubante.

"Assolutamente no! Se ci fosse stato qualche rischio non te lo avrei nemmeno chiesto" affermò Akio.

E così, qualche giorno dopo, l'uomo portò moglie e figlio nello stabile in cui lavorava. Era un edificio come tanti altri, e uguale a tanti altri, la cui vita si traduceva tutta nel brulichio delle persone che lì vi lavoravano senza sosta giorno dopo giorno. Naturalmente c'era anche Eiji, che si stupì non poco nel vedere la vecchia collega di lavoro.

Tokyo Mew Mew - Dark knightsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora