Noi siamo infinito

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"Quando ci sono di mezzo i sentimenti
Alcuni infiniti sono più grandi
Di altri infiniti."

Jago si allungò verso il mobile in stile etnico con tanto di specchiera, per prendere il deodorante appoggiato lì vicino. Diego, alle sue spalle, uscì dal bagno perfettamente rasato e si avvicinò all'armadio per cercare una camicia pulita. Jago si fermò con il deodorante tra le dita, non riuscí a non guardare il corpo forte di lui riflesso nello specchio. Sentí ribollire il sangue dal desiderio.
Diego indossò la camicia e si sedette sulla sedia accanto al letto per infilare le scarpe. Jago intuì che era concentrato sulla cena di quella sera. Said era stato molto vago invitandoli, e forse Diego sperava che proprio durante quella cena avrebbe finalmente dato il suo consenso per la firma del contratto.
Continuò a guardarlo mentre si abbottonava la camicia. Il tempo era volato, fra cinque giorni sarebbe tornato a Roma e non lo avrebbe rivisto mai più. Lo fissò con un'intensità nuova, come se volesse imprimere la sua immagine nella memoria.
Diego stava litigando con un polsino ribelle. Aveva molta fretta. Arrivare in ritardo sarebbe stata una mancanza di rispetto imperdonabile. Sollevò la testa per chiedere a Jago se fosse pronto anche lui. Vide che lo stava studiando dallo specchio con quei suoi bellissimi occhi grandi e le parole gli morirono sulle labbra prima che potesse pronunciarle.
Dimenticò la cena, dimenticò Said e quanto fosse importante quell'incontro per il futuro della sua azienda. Niente era più importante del peso che sentì sul petto e degli occhi di Jago riflessi su di lui. Quegli occhi che potevano scurirsi, addolcirsi, renderlo totalmente pazzo... pazzo.
In qualche modo riuscì a distogliere lo sguardo e a riprendere il controllo. "Possiamo andare?" chiese. Il tono era quello di chi aveva appena corso la maratona.
"Solo un secondo" Jago sollevò il deodorante per poterselo spruzzare ma la mano gli tremava a tal punto che fu costretto a fermarsi. Prese un profondo respiro prima di fare un altro tentativo. Sperò che Diego non lo avesse notato. Perché avrebbe dovuto, dopotutto? Si stava allacciando la cravatta con la solita faccia di pietra. Sicuramente era anche seccato per essere costretto a condividere anche un'occasione così importante.
Diego lo osservó. Jago Indossava un semplice completo nero e... accidenti... perché ci si metteva di mezzo questa assurda attrazione fisica, soprattutto nei momenti meno appropriati?
Avrebbe voluto avvicinarsi e abbracciarlo. Avrebbe voluto strappargli tutto ció che aveva addosso, avrebbe voluto spingerlo su quel grande letto e... e... fare l'amore con lui. Fare l'amore con lui? Diego svegliati, non spingerti oltre con la fantasia!
"Allora, andiamo?" La voce di Jago lo sveglió da quei sadici pensieri.
Diego l'aveva avvertito che questo famoso Said non era una persona facile da trattare, ma Jago trovó il modo di conquistare la sua attenzione e il suo rispetto. Osservò l'espressione tranquilla di Jago mentre chiacchierava con il presidente. Sembravano esserci tante sfaccettature differenti di lui: Una arguta e sarcastica; una Abbastanza frivola; un' altra affascinante, buffa, gentile; e l'altra da desiderare.
Diego continuò a fissare il viso di Jago. Era esasperante, imprevedibile, stancante ma... mai noioso. No, lui non era mai noioso.
Venne riportato al presente da un forte calcio sulla caviglia. "Il presidente Said chiedeva se hai intenzione di mostrarmi qualcosa in piú di questa zona dell'India" gli disse Jago minacciandolo con gli occhi.
"Penso che stesse pensando a ben altro" intervenne il presidente e Diego notò con sollievo che aveva deciso di essere divertito anziché offeso dalla sua mancanza di attenzione.
"Le chiedo scusa..." cominciò Diego ma Said lo fermò con un gesto della mano.
"Non deve scusarsi. Dobbiamo tutti essere indulgenti con un uomo tanto innamorato del suo compagno e non si vergogna di dimostrarlo."
Per un istante gli occhi di Jago e Diego si incontrarono ed entrambi distolsero lo sguardo. "E poi Jago é cosí simpatico." Proseguí Il presidente "Avevo sentito parlare tanto di lui da mio nipote ma anche da altri, in città." Tornó a rivolgersi a Jago "Ma sei ancora più affabile di quel che mi aspettavo."
Said schioccò le dita e un servitore si materializzò dall'ombra, portando una scatola. "Vorrei offrirvi in dono qualcosa che rappresenti un ricordo di questa piacevole serata"
Fece un cenno al servitore, che posò la scatola davanti a loro. "Puoi aprirla Jago"
Lui, confuso e imbarazzato, l'aprí con attenzione. All'interno c'era una coppia di anelli di palissandro indiano rivestito con del pesante argento arabo.
Diego rimase sorpreso, in silenzio. Fissava Jago che, imbarazzato e incredulo non sapeva più cosa dire e cosa fare.
Su quei minuscoli oggetti preziosi scintilló una scritta in arabo intarsiata.
"Che cosa significa?" Si decise a chiedere Diego.
"Sono le prime due lettere dei vostri nomi in arabo unite dal segno dell'infinito. È il mio augurio a voi che quello che oggi vivete duri tutta la vita. Dovrete essere sempre grati al vostro karma per avervi fatto incontrare, e con questo dono voglio fare tutto il possibile per onorare questo rapporto."
Jago sentì un nodo alla gola. Quel brav'uomo non poteva sapere che non c'era nessun sentimento... almeno da parte di Diego. Quale amore? Quale rapporto? Era davvero tutto un inganno? Dov'era il punto di confine fra realtá e fantasia? E poi questo karma... é possibile che questo karma fosse cosí bugiardo? - Oggi mi ami e domani mi odi... Quei baci, cos'erano quei baci? Forse dei morsi di vipera che con il loro veleno hanno incominciato a farmi sentire perso e vivo a tal punto, da non riuscire a non pensare a te? - Jago era immobile, non riusciva a muovere un muscolo. "Grazie" fu la sola cosa che riuscì a bisbigliare, ma sembrò che per il presidente fosse più che sufficiente.

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