That Julie?

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Julianne

Vivere è la cosa più rara al mondo. La maggior parte della gente esiste, ecco tutto.
(Oscar Wilde)

Per qualche maledetta e terrificante ragione, sto salendo le scale che portano all'inferno.

In realtà portano alla nuova camera da letto di mia madre. La ragione per cui lo faccio, è che amo alla follia mio fratello e farei qualsiasi cosa se lui me lo chiedesse. Salgo gli scalini di legno scuro lentamente, come se stessi procedendo scalza in un campo minato. Preferirei decisamente disarmare una mina antiuomo con un martello, piuttosto che affrontare mia madre sola, disarmata e senza via di fuga. Mi giro ad osservare il pianerottolo ed Henry mi sorride incoraggiante e leggermente ansioso. Aaron si limita ad osservarmi scettico. Vorrei tirarmi indietro, ma ormai abbiamo un accordo, perciò percorro gli ultimi gradini rapidamente e, prima di perdere il coraggio, busso alla porta. La voce dolce e squillante della mamma mi dice di entrare e così faccio. La camera è ampia e ben illuminata, le pareti sono di un luminoso lilla e i mobili di legno scuro si intonano bene con la moquette color panna. Alle pareti sono appesi quadri variopinti e il letto in ottone è adornato da cuscini sui toni del viola.

"Sono qui" afferma la mamma da una stanza sulla sinistra.

La raggiungo sentendomi estremamente a disagio. È curva sulla macchina da cucire, intenta a creare un nuovo componente della sua collezione. La stanzetta è piena di manichini e stoffe colorate, c'è un enorme tavolo su cui sono state appoggiate tre macchina da cucire. Aghi, nastri e fili sono sparsi su ogni superficie libera e i suoi schizzi la circondano sparpagliati per il tavolo. Tutta questa situazione mi ricorda enormemente tutte le volte, che mi sedevo a disegnare rannicchiata nella sua stanza del cucito a San Diego, mentre lei creava capi meravigliosi dal nulla. Mi ci vuole uno sforzo incredibile per non scoppiare ad urlare come una pazza.

Prendo un respiro profondo e mi faccio coraggio.

"Mamma".

Lei si immobilizza con l'abito ancora mezzo nella cucitrice. Si gira cautamente e si sfila gli occhiali viola da lettura, che usa per cucire.

"Julianne" sussurra piano.

"Possiamo parlare?".

Annuisce vistosamente e azzarda un sorriso.

"Non qui" asserisco. Non in quella stanza. Si alza, lasciando tutto dov'è, e mi segue in camera sua. Anche lì mi trovo a disagio su dove sedermi. Il letto lo escludo a prescindere, non mi ci siederò mai. Opto per il pavimento. La mamma mi imita e, agilmente, si accomoda per terra. Lancio un'occhiata alle scale dietro di me, sapendo che Henry è seduto sui gradini, pronto ad intervenire all'occorrenza.

"Mi dispiace tantissimo, Julie" sussurra di botto, sfiorandomi una mano "Non volevo colpirti prima, sono stata una madre terribile e non ho scusanti".

Annuisco borbottando "Non ti preoccupare".

Da la storia come conclusa e sorride "Di cosa volevi parlare?".

Prendo un bel respiro e mi concentro sul motivo per cui lo sto facendo.

"Mi servirebbe un favore" affermo piano "Henry ed io vorremmo andare ad una festa, stasera. Per conoscere persone nuove prima dell'inizio della scuola".

Avrei preferito lanciarmi dalla finestra piuttosto che chiederle un favore. Però, ho questa macabra sicurezza che lei farebbe qualsiasi cosa pur di trovare un punto d'incontro. Fisso il pavimento, perché non riesco a guardarla in faccia.

"Oh, tesoro. Certo, non c'è problema" Si allunga e mi abbraccia. La pelle mi va a fuoco. Vorrei urlare. Mi mordo l'interno della guancia finché non sento il sapore del sangue.

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