"I hope you can make me laugh"
È martedì mattina e non mi sento bene. Non riesco ad alzarmi dal letto, sia perché non ne ho voglia, sia perché non ce la faccio. Stanotte ho passato le pene dell'inferno e non ho dormito per niente; ho fatto avanti e indietro dal bagno per rimettere tutto ciò che ho mangiato ieri sera. Mi sento stanca e non ho alcuna intenzione di andare a scuola. Credo l'abbia capito anche mia madre, perché è da dieci minuti che non sale in camera a chiamarmi per dirmi che altrimenti farò tardi. Forse si è rassegnata. Forse ha perso le speranze e ha capito che non sto bene. Vorrei gridare il suo nome per dirle che non ce la faccio ad andare a scuola, che sto male, che non ho dimenticato alcun dettaglio dell'incidente come invece mi era stato promesso, che papà mi manca da morire e non voglio più continuare a vivere, se ciò significa andare avanti facendo finta che non sia successo niente. Che non sia stata colpa mia.
E invece sto zitta, immobile nel letto a fissare il soffitto tempestato di stelle che si illuminano quando la luce è spenta e ora hanno perso anche il flebile bagliore che le contraddistingueva dall'oscurità dei miei pensieri. Ho perso anche quel poco di luce, di speranza di salvezza, che mi rimaneva. Una candela senza più cera da consumare, una penna senza più un foglio su cui scrivere.
Un corpo che muore lentamente, insieme all'anima.
Lei mi ha già abbandonata.******
È quasi passata una settimana da quando non vado più a scuola. Mi sento in colpa, perché non sto studiando per nulla nemmeno matematica, che è la mia materia preferita. Sono a pezzi e ho perso due chili. Incredibile, no?
In questo momento sono sul divano a guardare la TV, ma più che guardarla salto da un canale a un altro, senza fermarmi. Mamma è andata a lavoro. L'ho pregata di farlo. Non l'ha fatto in questi giorni perché non voleva, forse perché pensava che altrimenti avrei fatto qualcosa di stupido. Ci ho pensato, ma per ora non ne ho intenzione. Improvvisamente, il suono del campanello mi fa sobbalzare. Non aspettavo nessuno, né è orario di visita, visto che sono appena le due del pomeriggio. Decido di non alzarmi e mi nascondo sotto la coperta, sperando che, chiunque sia, se ne vada. La speranza però si rivela essere vana, perché l'indesiderato visitatore questa volta bussa, sempre più forte, costringendomi ad alzarmi. Dirigendomi verso la porta per aprirla, con il corpo avvolto dalla coperta per coprirlo, grido: «Arrivo, arrivo! Basta bussare, mi fa male la testa con questi-». Rimango gelata. «Daniel.»
«Ciao, Laura.»
«Cosa fai qui?»
Un debole sorriso. «Sono venuto a trovarti. Non rispondi al cellulare a nessuno e tutti a scuola sono preoccupati.»
«Già, il cellulare. Probabilmente sarà scarico. Vuoi entrare?», dico spostandomi per farlo passare. Lui annuisce ed entra e io mi stupisco per il modo in cui praticamente l'ho implorato di entrare e farmi compagnia. In questi giorni ho sempre voluto rimanere sola, ma adesso sento questo bisogno impellente di stare con qualcuno. Dopo aver chiuso la porta, lo invito a sedersi sul divano, quando mi accorgo che ha ancora lo zaino sulla spalla.
«Non dovresti essere a scuola fino alle sette, per quel corso sulla sicurezza sul lavoro?»
«Sono uscito prima. Volevo vedere come stavi.», ammette, arrossendo leggermente. Eppure non pensavo che Daniel fosse in grado di provare imbarazzo.
Vorrei sorridergli, ma mi esce solo una smorfia. «Grazie del pensiero. Come puoi vedere, però, non sono proprio al massimo.»
«A me sembra che tu stia molto, molto male. Sei pallida come uno straccio.»
«Grazie del complimento.», dico.
«Scusa, volevo solo dire che si capisce che stai male. Posso fare qualcosa per te?»
Scuoto la testa sedendomi accanto a lui e guardando fisso un punto imprecisato nella stanza.
Lo guardo. «Perché vorresti?»
«Perché mi accorgo che stai soffrendo.»
Ridacchio leggermente, anche se amaramente. «Nemmeno mi conosci. Sei qui da pochissimo e praticamente per te sono un'estranea.»
«Purtroppo non ho avuto modo di conoscerti come desidererei, ma non pensare che non sappia quello che stai passando. Ogni sera, dalla mia finestra ti osservo mentre scrivi il tuo diario e poi ti rigiri cercando di dormire. Quando tu strilli nel sonno o non dormi, io sono sveglio e ti guardo mentre corri in bagno e poi piangi fino ad addormentarti. Ti vedo anche quando la mattina, prima di andare a scuola cambi le bende e ti fasci il polso, per qualcosa che, a causa della porta del bagno, non ho potuto vedere ma posso immaginare, e nascondi ciò che hai fatto la sera con un bracciale di pelle scura. Credo anche che il motivo per cui odi la musica, come tu stessa mi hai detto, sia legato agli incubi, anche se non so di cosa si tratta né ti chiedo di parlarmene. Vorrei fare qualcosa per aiutarti perché sei sempre sola in casa e mi dispiace che tu non abbia qualcuno con cui parlare.»
«Lo sai che tutto ciò che hai detto fa di te una specie di stalker, vero? Potrei denunciarti.»
«Non scherzare, Laura. Io non sono mai stato più serio di così in vita mia.»
«Okay, ascolta. Siccome tu sei venuto qui per sapere come sto e ti sei reso conto che non sto proprio bene, perché ora non vai a casa per permettermi di riprendermi?», dico alzandomi per condurlo verso la porta.
«Perché mi stai cacciando?», chiede alzandosi e fissando i suoi occhi blu nei miei. Tolgono il fiato solo a guardarli e passerei giorni interi a osservare come il blu scuro lascia spazio a una tonalità più chiara di colore nei pressi delle pupille.
«Perché non voglio distruggere anche te. Non posso permettermi di rovinare la vita ad un'altra persona. Non posso permetterti di legarti a me, perché ho già fatto troppi danni e non so se riuscirò a raggiungere la luce in fondo al tunnel prima che sia troppo tardi, trascinando tutti quelli che tengono a me nel baratro.»
«Ti prego, permettimi di trovare un'uscita di emergenza in quel tunnel.», mi implora cercando qualcosa nel mio sguardo, forse l'ultima, piccola, debole scintilla di luce rimasta. «Possiamo guardare dei film insieme e giocare ai videogiochi. Ti prometto che ti porterò a giocare a bowling e al cinema a mangiare i popcorn.»
Sospiro. «Non so perché tu lo faccia, ma, prima di guardare un film, cosa ti va di mangiare?»
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Torn Apart. -A Dan Smith FanFiction
FanfictionOgnuno di noi ha due volti, uno è quello che mostriamo agli altri, il più delle volte sereno e spensierato, l'altro lo teniamo per noi stessi, seppellito sotto il primo, ed è quello che non mostreresti mai perché non vuoi essere considerato debole...