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Aprii l'armadio incerta su cosa avrei indossato quella sera. Impiegavo sempre diversi minuti per scegliere un completo decente e alla fine non ne ero nemmeno convinta.

Sid passa da me mezz'oretta prima che non so che cavolo mettermi.

Premetti invio e, in attesa della sua risposta, tornai a fissare l'armadio incerta decidendo in fine di lasciar perdere, avrei aspettato la mia amica e intanto mi sarei fatta la doccia. Lei sapeva essere sempre convinta di tutto, non aveva mai rimpianti, l'avevo sempre invidiata molto sotto questo punto di vista.

Presi la biancheria dal cassetto e mi diressi verso al bagno, in fondo al triste corridoio.
Quando aprii la porta, trovai come sempre il papà che mi sorrideva all'interno della piccola cornice argentata sulla cassettiera di legno chiaro. A destra il grande lavandino accoglieva una quantità infinita di creme antirughe e trucchi che mia mamma usava puntualmente ogni mattina per convincersi che tutto quel dolore non l'aveva realmente invecchiata.
Aprii l'acqua e lasciai che si scaldasse mentre mi toglievo il pigiama.
Un brivido mi percosse dalla testa ai piedi quando toccai l'acqua ancora troppo fredda in contrasto con il mio corpo caldo di sonno.
Non appena mi abituai alla temperatura mi abbandonai a quella bella sensazione.

L'acqua calda correva sul mio corpo, ricordandomi una sensazione che avevo sempre amato, per questo quando ero sotto la doccia mia madre mi rimproverava sempre dicendo che ero "una sprecona", testuali parole. Ma non era colpa mia, stavo così bene a contatto con quel composto chimico trasparente che perdevo la cognizione del tempo.

«Mia, esci dall'acqua o finirai per scioglierti in quella vasca!», disse una volta mia madre.

«Non preoccuparti mamma, si sta solo caricando», rispose convinto mio fratello, che allora aveva 5 anni.

Ethan pensava che appartenendo al segno zodiacale dei pesci, avessi bisogno di fare almeno una doccia al giorno e bere molto, o avrei rischiato di star male. Ora era cresciuto, e probabilmente non se lo ricordava nemmeno più.

Sorrisi a quel ricordo e osservai i polpastrelli raggrinziti, era ora di uscire. Risciacquai il balsamo che avevo lasciato qualche minuto sui capelli perché facesse effetto e avvolsi il mio corpo nel morbido asciugamano. Una nuvola di vapore impregnava il bagno, ambientato da aria calda che mi invadeva i polmoni ogni qual volta inspiravo. Passai la mano sullo specchio appannato e osservai il mio volto. Due grandi occhi castani si specchiavano in me, scrutando i miei piccoli difetti. Avevo le sopracciglia folte, non mi facevano impazzire, ma mia madre diceva che risaltavano le mie espressioni, ed erano ciò che mi rendeva singolare. Le labbra carnose invece le consideravo troppo rosee, e sulla mia carnagione chiara spiccavano invadenti insieme alle piccole lentiggini che mi ritrovavo sul naso. Ma sotto questo punto di vista mi ritenevo fortunata, mio fratello sembrava fosse appena stato schizzato da un pennello arancione, ne era pieno. Ma a lui stavano bene.

Avvolsi i capelli in un panno che ripiegai sopra alla testa e quando il mio viso fu scoperto, misi della crema idratante. Applicai anche il mio burro al cocco sul resto del corpo e infine lavai i denti, troppo bianchi in contrasto con le mie labbra sature.

Entrata in camera mi accorsi che Sid era già arrivata e mi aspettava seduta sul piumino a fiori.

«Potevi entrare in bagno, invece di startene qui a girare i pollici, non mi scandalizzo mica eh», le dissi guardandola male.

«Sono arrivata da si e no un minuto», mi rispose ridendo, «se no ti avrei fatto compagnia, tranquilla».

La guardai e le sorrisi.

Mi allungai al comodino per recuperare il telefono e mettere una playlist a caso di Spotify.

«Carina questa canzone!», fece Sid iniziando a fare ondeggiare i piedi che dal letto non toccavano a terra.

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