Niente bigodini

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  «Piccola Watson, come pretendi che riesca a sistemarti i capelli se non stai ferma un attimo?»

Rosie si agitava seduta su uno sgabello, dondolando le gambe nel vuoto mentre Sherlock tentava di raccoglierle i lunghi capelli biondi in una treccia; avrebbe dovuto essere un compito facile per lui, avendo le dita abbastanza lunghe e affusolate da riuscire a tenere le diverse ciocche senza far annodare i capelli, ma la bambina sembrava voler testare a tutti i costi la sua pazienza.

«Quanto ci metti? Voglio andare a giocare!»

«Ci mettiamo veramente poco, se tu resti ferma e buona.»

La piccola sbuffò, guardando la propria immagine riflessa nello specchio; era sempre stata considerata una bellissima bambina, e Sherlock si era affezionato subito a lei, forse anche per la sua incredibile somiglianza con John (nonostante quest'ultimo ringraziasse il cielo ogni giorno per non aver dato alla piccola il suo stesso naso).

«Quando torna papà?»

«Torna quando ha finito.»

«Cioè quando finisce di curare le persone malate?»

«Si, e quando ha finito di gettare nell'immondizia i numeri di cellulare che gli avranno rifilato anche oggi.»

Rosie inclinò la testa all'indietro per guardarlo, mentre sul suo visino compariva un'espressione confusa; una bambina non poteva essere molto informata su cose di quel genere, e Rosie odiava non essere informata. Per questo chiedeva sempre spiegazioni a lui, soprattutto quando John la deludeva rispondendo "te lo spiegherò quando sarai più grande".

«Perché gli danno dei numeri se lui non li chiede? Di chi sono?»

Con quel movimento della testa, la piccola aveva completamente distrutto il capolavoro dell'investigatore.
L'uomo inspirò profondamente, cercando di mantenere la calma mentre ricominciava per l'ennesima volta ad intrecciare quelle ciocche di capelli dorati e leggermente mossi.

«Vediamo... quando una persona vede qualcuno che le piace, a volte è talmente stupida da scrivere il proprio numero di cellulare e lasciarglielo. Tu non farlo mai da grande, ok? Non hai idea di quanti potenziali hacker criminali ci siano là fuori.»

Rosie annuì, rischiando di nuovo di rovinare la sua acconciatura.

«Comunque, le persone lasciano il proprio numero con la speranza di essere chiamate, vedersi, e... fare... cose.»

«Come prendere il gelato insieme?»

«Più o meno.»

«Papà getta i numeri di queste persone perché non vuole prendere il gelato con loro?»

«Esattamente.»

«Perché vuole prendere il gelato solo con te?»

Sherlock sentì le proprie guance andare a fuoco: ogni cosa sembrava innocente e adorabile, se uscita dalla bocca di quell'angioletto biondo. In un'altra situazione non si sarebbe intenerito così facilmente, ma Rosie era una Watson, doveva fargli quell'effetto.

Si schiarì la voce, cercando di ricomporsi e tornare in sé.

«I-Immagino di si... si, credo che voglia "prendere il gelato" solo con me.»

«E tu non sei geloso, se qualcun altro glielo offre? Anche se lui rifiuta?»

«Forse. Si, un po'. Non lo so. Ci ho fatto l'abitudine, tuo padre piace alle donne.»

Rosie restò in silenzio per qualche secondo, mentre l'uomo completava la sua opera legandole i capelli con un nastro blu; poi riprese a parlare, ruotando la testa per vedere meglio la sua acconciatura allo specchio:

«Anche papà è geloso di te. Me l'ha detto lui, è geloso anche quando nessuno ti offre il gelato. Ha detto che succede nelle coppie, che è normale. Allora perché vi vergognate a dirvelo?»

Sherlock fu colto di sorpresa da quella domanda, ma ancor di più dalla prima affermazione della bambina.
Se prima era arrossito, ora stava letteralmente andando a fuoco.
Certo, era palese che fossero gelosi l'uno dell'altro, e non facevano assolutamente nulla per nasconderlo.

«Non... non c'è bisogno di dirlo, certe cose si dimostrano e basta, piccola Watson. Io lo dimostravo anche quando eravamo solo amici, lo dimostravo sabotando ogni sua possibile relazione. Ha funzionato a meraviglia. E poi, perché dirlo, quando abbiamo in casa una spiona come te che andrà sicuramente a spifferargli tutto?»

La bambina ridacchiò, e d'istinto Sherlock gli scompigliò affettuosamente i capelli, rendendosi conto subito dopo del suo madornale errore. La treccia era di nuovo ridotta a un cespuglio aggrovigliato.

«Ci rinuncio.» mormorò tra sé e sé, slacciando il nastro e sciogliendo del tutto la treccia.

«Posso fare io un'acconciatura a te, stavolta? Con papà non mi diverto, ha i capelli troppo corti.» chiese Rosie, recuperando qualche fermaglio e un pettine dalla sua scatola lilla.
Il detective lanciò una rapida occhiata all'orologio appeso al muro, poi annuì sedendosi a sua volta sullo sgabello, in modo da permettere alla piccola di raggiungere la sua altezza.

«D'accordo. Abbiamo mezz'ora prima che tuo padre torni, c'è tutto il tempo per accontentarti lasciandomi umiliare. Niente bigodini stavolta.»  

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