L'una e mezza di notte. John stava riposando inaspettatamente bene, cingendo con un braccio i fianchi del compagno, per nulla disturbato dalla luce del suo computer; il detective era semi-sdraiato accanto a lui, con il portatile appoggiato sulle ginocchia, mentre controllava ancora una volta delle fotografie relative all'ultimo caso affidatogli.
Il resto della stanza era completamente immerso nel buio, e il silenzio surreale che regnava nell'appartamento era scandito solo dal ticchettio di un orologio.
Qualunque eventuale scricchiolio, per quanto lieve, sarebbe risultato amplificato in un ambiente talmente silenzioso: Sherlock non poté fare a meno di sussultare quando udì un tonfo provenire dalla stanza accanto alla loro, quella in cui dormiva Rosie. Appoggiò il portatile sul comodino, misurando i propri movimenti per non disturbare il fidanzato e, prima che potesse alzarsi dal letto per andare a controllare che tutto fosse a posto, sentì la piccola bussare piano sulla porta della loro camera.
«Rosie? Che fai ancora sveglia?» chiese a bassa voce, tastando con la mano nel buio per accendere l'abat-jour. John si lamentò nel sonno e schiuse appena gli occhi, avvertendo uno strano movimento sul materasso;
la bambina stava salendo sul letto, teneva sottobraccio il suo coniglietto di pezza e inspirava rumorosamente dal nasino arrossato, come se avesse appena pianto.
«Ho fatto un brutto sogno, e c'è anche un mostro nel mio armadio.» spiegò, asciugandosi le lacrime con una manica del suo pigiama preferito, quello con le apette (un regalo di Sherlock)*. Strofinando, anche le guance le si erano arrossate, eppure la piccola riusciva in qualche modo a mantenere un'espressione seria e dignitosa, come una vera Watson.
Nonostante John avesse innegabilmente bisogno di riposo, a quelle parole raccolse tutte le energie e la forza di volontà in suo possesso, riuscendo miracolosamente a tirarsi su fino ad appoggiare la schiena alla testiera del letto.
«Non ci sono mostri, Rosie... se ci fossero, ti assicuro che li avrei già presi a calci per te.»
L'ex-soldato la prese tra le proprie braccia nel tentativo di rassicurarla, trattenendo un enorme sbadiglio; Rosie si accucciò immediatamente contro il petto del padre, già più tranquilla, ma non esattamente propensa a tornare nella sua stanzetta:
«Lo so, ma forse te n'è sfuggito uno...»
A quel punto Sherlock sentì di dover intervenire:
«Non essere irragionevole, piccola Watson. Hai avuto un incubo perché stamattina hai visto la faccia di Anderson, la tua testolina elabora informazioni anche nel sonno, non lo sapevi? E gli unici mostri che potrebbero esserci nel tuo armadio sono gli acari della polvere.»
La piccola annuì, sforzandosi di credere alle parole del detective, ma non sembrava pienamente convinta di quella spiegazione.
«Sei forse una bambina stupida, Rosie?» continuò, guadagnandosi un'occhiata al contempo incredula e minacciosa da parte del compagno. Un'occhiata della serie "ma che ti salta in mente?!", alla quale rispose con un rapido sguardo che diceva "lascia fare a me".
«No!» rispose la bimba con determinazione, aggrottando le sopracciglia con aria di sfida.
«Certo che no. E sei forse una fifona?»
«No!» ripeté, liberandosi dalla stretta del papà e scendendo giù dal letto.
«Quindi cosa farai adesso?»
«Torno a dormire! I mostri non esistono!»
Sherlock sorrise, fiero sia della bambina che di sé stesso (e dei suoi discutibili metodi educativi). Il dottore scosse la testa sorridendo a sua volta, divertito dai modi poco ortodossi del compagno e sinceramente stupito dal fatto che funzionassero a meraviglia con Rosie.
Erano sul punto di spegnere la luce e tornare l'uno al computer, l'altro tra le braccia di Morfeo, quando la sagoma minuta di Rosie comparve di nuovo davanti alla porta:
«I mostri non esistono, ma gli acari della polvere potrebbero attaccarmi...»
John sospirò e fece di nuovo appello a tutte le sue forze per alzarsi dal letto, seguito a ruota dal detective. La piccola li precedeva, cercando di mostrare coraggio, ma una volta entrati nella sua cameretta si rifugiò dietro le gambe del papà, aspettando che lui o Sherlock facessero qualcosa per liberare l'armadio da ospiti indesiderati.
Il dottore le accarezzò delicatamente i capelli per tranquillizzarla, mormorando un «Va tutto bene», poi la sollevò per metterla a letto; il corpicino della piccola sprofondò sul morbido materasso e John si affrettò a rimboccarle le coperte per impedire che prendesse troppo freddo, mentre Sherlock sistemava accanto a lei il suo adorato coniglietto.
Il consulente investigativo attraversò la stanza fino a ritrovarsi di fronte all'armadio e aprì in una volta entrambe le ante, per dimostrarle che nulla si nascondeva lì dentro se non dei vestiti ben stirati (dalla signora Hudson, ovviamente) e qualche cappottino.
Rosie lo osservava allarmata dal suo lettino, tirando le lenzuola fino a coprire metà del viso ma, vedendo che nessuna belva si era ancora avventata sul detective, tirò un sospiro di sollievo.
«Sai quanto sono piccoli gli acari della polvere, piccola Watson?»
La bambina scosse la testa, incuriosita. Un'altra bambina al suo posto non avrebbe gradito una lezione di quel tipo in piena notte, ma lei era sempre ansiosa di sapere, e Sherlock era la sua principale fonte di informazioni interessanti.
«Sono molto, molto più piccoli di te, non sono neanche visibili ad occhio nudo. Non ti faranno niente.»
Richiuse l'armadio e tornò al lettino di Rosie, chinandosi per darle un bacio sulla fronte sotto lo sguardo intenerito di Watson, completamente ipnotizzato da quella scena.
«Domani te ne mostrerò qualcuno al microscopio, se vuoi. Adesso riposa.»
La piccola annuì, decisamente più serena, stringendo a sé il coniglietto mentre anche suo padre si chinava per salutarla con un bacio sulla guancia e un «Buona notte, principessa».
Quando la coppia tornò finalmente nella propria camera da letto, anche Sherlock era troppo stanco per continuare a fissare lo schermo di un computer. Spense il portatile per poi abbandonarlo di nuovo sul comodino e si rannicchiò sotto le lenzuola ancora tiepide, lasciando che il compagno tornasse ad abbracciarlo (questa volta ricambiando l'abbraccio). Affondò il naso tra i suoi capelli corti, respirandone il profumo a pieni polmoni.
«A cosa pensi, John?» chiese in un sussurro, pochi secondi dopo. Il biondo si irrigidì, confuso da quella domanda improvvisa.
«Ricominci a leggermi nel pensiero?»
«Non ho mai smesso.»
Sherlock sentì il dottore ridacchiare, mentre l'abbraccio si faceva sempre più stretto:
«Pensavo che sei un bravissimo papà.»
Note
*Nel canone, al termine della sua carriera, Sherlock Holmes si è ritirato nel Sussex per allevare api. Ho questa headcanon secondo cui Sherlock regala spesso a Rosie degli oggetti o vestiti che hanno a che fare con le api.
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Murders & Diapers
Fanfic[Johnlock + Parentlock] Una raccolta di One-Shots riguardanti momenti comici e/o fluff della famiglia composta da Sherlock, John e la piccola Rosie Watson. (Ogni One-Shot è indipendente dall'altra e probabilmente non saranno in ordine cronologico) ...