I passi

44 7 2
                                    


L'andare a vivere da sola non era assolutamente stata una mia libera decisione, bensì, mi era stata crudelmente imposta da due esseri (non totalmente umani) che spero ancora di poter chiamare "genitori". Durante tutta la mia vita infatti, i giorni che si erano succeduti erano pregni di litigi e sensi di colpa, talvolta anche per cose futili ed irrilevanti. In quei momenti però, erano gravide di significato: erano la dimostrazione della nullità del mio essere.
Solitamente, pensavo a tutto questo prima di lasciarmi cullare dalle delicate e possenti braccia di Morfeo.

Questa notte invece, è diverso.

Questa notte, c'è un rumore.

Non è uno di quei soliti rumori, come il ticchettio di un orologio, l'ansioso sfrecciare delle auto nella strada deserta o il flebile frusciare dei rami tra le folte chiome arboree, perché nel momento in cui mi sono sdraiata sul letto ancora candido e ho irreparabilmente spento la luce...

TUM.

Un passo.

Mi blocco, restando con il braccio sospeso sull'interruttore e con le orecchie tese, provando immediatamente a convincermi che è un semplice frutto della mia immaginazione travagliata. Non ho nenache il tempo di persuadermi che nuovamente...

Tum.

La lugubre eco di un passo riecheggia distinta nell'appartamento. Sento la temperatura corporea elevarsi all'istante mentre un gelido brivido allucinato mi percorre lentamente la schiena, come per fuggire dal raggio del mio corpo.

Un altro tonfo.

Lo scricchiolio del pavimento.

Un tintinnio spettrale.

Lentamente, infilo la testa sotto la coperta, come se questo misero riparo potesse offrire un'àncora su cui aggrapparmi e fuggire dal panico più intenso.
Il vento glaciale della paura si abbatte devastante e implacabile nelle mie carni, trapassando la pelle e assiderando le vene.
Nel frattempo, le lancette dell'orologio scandiscono i secondi sempre più lentamente.

TUM.

Ancora un passo.

Un leggero sibilo.

Un viscido strisciare sulle pareti.

Nelle orecchie rimbomba angosciato e veloce il battito del mio cuore, mentre un tagliente rivolo di sudore mi scende lentamente dalla tempia, tracciando lo zigomo e generandomi un lieve ma sgradevole pizzicore alla guancia destra.
Non ho il coraggio di grattarmi: il mio corpo, è una statua di marmo.

Un tonfo.

Il tamburellio delle dita sul legno.

Il sibilare metallico di una lama.

L'aria comincia a diradarsi, il respiro a farsi sempre più veloce e il cuore martella furiosamente nella mia testa, nel petto, come se volesse squarciare i tessuti tra cui è interposto.
Sento a qualche metro di distanza l'inconfondibile cigolio di una porta che si apre. "Porta sbagliata" penso. Ma non lo sarà per molto. Con gli occhi sbarrati dalla crescente pura, inizio a fissare la candida porta di legno, mentre il sangue che fluisce incessantemente nella mia testa, inizia ad annebbiare i miei sensi.

Un altro passo.

Lo struscio dei piedi sul pavimento.

Unghie sull'acciaio.

Un passo.

Uno ancora.

Mi rendo conto che ormai è giunto davanti alla porta della mia camera: il mio corpo comincia a tremare furiosamente, mentre i miei polmoni cercano disperatamente di afferrare quell'ultimo filo d'aria che arranca inerme.
Poi, con orrore, vedo la maniglia abbassarsi lentamente, producendo un tetro e prolungato scricchiolio, fino a raggiungere la sua massima curvatura. Con un rumore secco, la porta comincia a dischiudersi, facendo filtrare un debole spiraglio di luce giallastra. Il mio cuore cessa di battere, interrompendo la sua frenetica corsa, e mi lascio avvolgere dalle orride grinfie del più puro terrore. La soglia nel frattempo continua a spalancarsi sempre più, illuminando senza alcuna fretta lo spazio attorno a me.
L'armadio;
la scrivania;
il comodino;
l'estremità del letto...
E prima che io possa vedere cosa vi è al di là del buio, un'ombra oscura avvolge la mia salma e strappa completamente quel poco fiato che mi è rimasto in corpo.

Il sogno dell'ubriaco Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora