Osservava il mare blu intenso dalla finestra della sua camera da letto. Amava stare da sola nella sua stanza, quelle quattro mura che raccontavano la sua storia, i suoi pianti, il suo dolore, quelle mura macchiate di sangue, prese a pugni in quei giorni in cui lei cadeva a pezzi.
Era stata adottata da questa famiglia quando aveva 14 anni e non c'erano scuse per giustificare la sua freddezza: lei i suoi genitori li conosceva e se li ricordava bene, si ricordava quando li aveva visti morire sotto i suoi occhi da due ragazzi ubriachi una sera d'estate, erano tutti e tre insieme mamma, papà e lei. Al ricordo poteva assaporare il dolce suono di quelle parole, troppo distanti nel suo passato.
Mamma ripeteva, mamma.. quanto le sarebbe piaciuto poter dire ancora quella parola, quanto le sarebbe piaciuto gridare "mamma aiutami" quando ne aveva di bisogno, quanto le sarebbe piaciuto dire "mamma vieni qui che ti racconto una storia", ma lei no, non poteva perché una mamma non ce l'aveva.
Papa, sorrideva, papà... il suo eroe e lei la sua piccola principessa, quanto le sarebbe piaciuto ancora giocare a principesse con lui in giardino, quanto le sarebbe piaciuto potergli raccontare del bambino di cui lei si era infatuata, ma lei no, non poteva perché un papà non ce l'aveva.
Ora lei era stata adottata, da due estranei, che più che come una ragazza la trattavano come una bambola. Nessuno di loro entrava mai a chiederle come stava o com'era andata la scuola, nessuno di loro mai passava del tempo con lei.
Lei non era sola, si sentiva sola. Poteva essere circondata da milioni di persone, eppure lei si sarebbe sentita come in quel momento, sola nella sua stanza insieme a quelle quattro mura.
Nessuno esisteva nel suo mondo, perché lei con i suoi occhi non vedeva nessuno.
E ancora ammirava quello splendido mare che le era davanti, guardava come le piccole onde giocavano tra loro, come si muovevano leggere fino a riva.
Anche lei era un mare, un mare calmo, perché con lei non c'era nessun' onda a giocare.
Guardava il vento far volare in alto nel cielo gli uccelli, li vedeva a coppie o a gruppi fare piroette e a cinguettare.
Anche lei era un uccello, ma le mancava il vento a farla volare.
E osservava, quel mare blu, quegl' incantevoli uccelli e desiderava, trovare la parte mancante di se, perché lei si, si sentiva incompleta da quando tutto le mancava.
Avrebbe voluto uscire a scoprire quel mondo, avrebbe voluto provare nuove sensazioni, desiderava riuscire a vedere il mondo da un'altra prospettiva.
Ma lei era sola, come poteva così piccola, scoprire un mondo così grande, come poteva lei, così fragile, riuscire a reggere il peso di nuove emozioni, come poteva lei così fissa vedere il mondo in un'altro modo.
Come avrebbe voluto che l'immagine da quella finestra cambiasse, che quelle mura incominciassero a raccontare una nuova storia.
Più passavano i giorni, più lei diventava sola, fredda, quasi ghiacciata ormai.
Più passavano i giorni più lei cercava nuove figure negli elementi, riconosceva il sole come suo padre che durante il giorno cercava di riscaldare il suo freddo cuore e riconosceva la luna come sua madre che la osservava innocente le notti in cui lei piangeva.
Avrebbe voluto uscire e lo avrebbe fatto, il sole l' avrebbe accompagnata di giorno e la luna protetta la notte.
Voleva provare ad avvicinarsi dopo molti anni, da cio' che osservava dalla sua finestra.
Scese.
Era una giornata fredda, fredda come lei in fondo, il suole in cielo era oscurato ma il fatto che lei sapesse che lui c'era, già la rendeva più sicura.
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Il vento con cui volare || Calum Hood
Fanfiction[...] E ancora ammirava quello splendido mare che le era davanti, guardava come le piccole onde giocavano tra loro, come si muovevano leggere fino a riva. Anche lei era un mare, un mare calmo, perché con lei non c’era nessun’ onda a giocare. Guarda...