Il Vecchio

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E' immobile, a pochi metri da me, e osserva con i suoi stanchi e malandati occhi la piccola via che collega le nostre case al centro della città. Lo vedo immobile da circa un minuto e comincio, sempre di più, a provare interesse e a cercare di leggere, nella sua posa malinconica, tutto quello che potrebbe incuriosire uno spettatore improvvisato come me. Lo scorgo seguire con lo sguardo le auto che passano e mi faccio sempre di più distrarre dal suo fare pacato, ma comunque di fretta e impaziente. D'altro canto lo capisco, non dev'essere facile la vita quando si aspetta solo di assistere a qualcosa di sorprendente, qualcosa che aiuti ad avere aneddoti da raccontare durante le serate con i pochi amici rimasti. Di punto in bianco esco dall'universo capeggiato dai miei occhi e ritorno a essere un umano pensante, rendendomi conto di aver passato numerosi minuti ad osservarlo; mi rendo conto, inoltre, della posa innaturale assunta dal mio corpo, che ora è rivolto allo schermo del computer mentre con la testa faccio capolino dalla finestra. Si materializza nella mia mente un interrogativo e comincio a chiedermi se davvero osservarlo sia una buona idea, o una sorta di mancanza di rispetto nei confronti del mio vicino di casa. Mentre il suo cadente collo si gira, dandomi totalmente le spalle per osservare i fiori, mi abbandono all'idea di invidiarlo fortemente e di, al contempo, disdegnare una vita come la sua. Non vogliate fraintendermi, ho il pieno rispetto delle persone anziane, ma non riuscirei a immaginare di vedere la mia esistenza finire in questa triste maniera; non potrei semplicemente desiderare di ridurmi a guardare una vissuta viuzza per passare la giornata in attesa della cena. Al contempo rifletto sul quanto potrebbe essere invidiabile riuscire a ipnotizzarsi per così tanto con così poco, e nel frattempo, pensando a tutt'altro, i miei spenti occhi si posano sul merlo appollaiato sopra il filo della biancheria della casa vicina. Il vento smuove appena il poco di capelli rimasto sulla testa del vecchio e la scena mi rimanda alle piante in secondo piano dietro di lui, mentre mette mano ai pochi vasi appoggiati sulla ringhiera al suo fianco. Come un fulmine a ciel sereno la parte superiore del suo corpo si rivolge velocemente alla strada e nel riflesso degli occhiali mi turba leggermente vedere le palpebre strabuzzarsi, come fosse un segno di pericolo. Non è più lo stesso individuo, giro completamente la sedia e mi affaccio spudoratamente alla finestra, non temendo più di essere giudicato se visto. In un attimo per la mia testa passano mille pensieri e aspetto eccitato la conclusione di una storia durata pressappoco 10 minuti. Realizzo finalmente di non essere mentalmente così lontano da lui, stava aspettando impazientemente che succedesse qualcosa; e a chi non è mai capitato di farlo? Le pupille brillano di felicità e il busto lentamente ritorna a essere dritto, per la prima volta sorride e come di conseguenza il mio animo si scalda, provando la stessa empatia di due compagni di viaggio che hanno passato la vita l'uno al fianco dell'altro, facendomi sorridere di conseguenza. Il piccolo cancello, fino ad allora nascosto dalle mie mura, si apre. La tensione dettata dalla curiosità si fa sempre più intensa e in quel momento il mio unico scopo di vita rimane sapere cosa stia succedendo là fuori. Lo vedo scaricare la tensione di un'attesa a tratti infinita tra le braccia di un uomo e una lacrima gli scende dagli occhi luminosi fino a bagnare le guance storpiate dal contatto con le spalle giovani e possenti. Stava aspettando suo figlio.

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