Mi svegliai. Mi sentivo soffocare come se fossi sprofondata in acque troppo fonde e l'ossigeno messo da parte nei polmoni, non sarebbe bastato per farmi risalire in superficie. Ma l'aria non aveva problemi a filtrare nei miei polmoni e l'unica acqua che mi circondava erano le goccioline di sudore appiccicate sulla mia fronte e, probabilmente, anche in altre parti del mio corpo che a quest'ora dovevano avere uno sgradevole odore di formaggio avariato. Ancora una volta quegli incubi. Sogni assurdi in cui mi ritrovavo in posti vagamente familiari, ma di cui, al contempo, non avevo alcun ricordo. Sogni che non capivo se fossero proiezioni distorte della realtà o se pezzi di puzzle che avrebbero ricostruito la mia memoria. Quando mi alzai dritta sulla schiena e decisi di smettere di fissare il soffitto che, di certo, aveva bisogno di una passata di intonaco, mi voltai verso la finestra e, di conseguenza, verso la cesta sistemata sul davanzale, in cui il volatile se la dormiva come un bambino.
❝Pfft-❞ sbuffai invidiandolo e non riuscii a trattenere un sorriso ❝Menomale non ci volevi andare. Guarda come te la spassi adesso...sei proprio uno Squillobrillo.❞
Oh andiamo, seriamente? Era un nome terribile per dargli della troietta. E poi solo perché aveva cercato di staccarmi le dita un paio di volte! Decisi che era il caso di dargli un nome decente e il primo a cui pensai fu "Raven". Fantasioso, vero? Pareva pure da donna, qualcosa mi diceva che non ne sarebbe stato contento quando glielo avrei detto, per questo mi munii di pazienza e andai a cercargli qualcosa per colazione, così da farmi perdonare. Scesi a fatica dal letto. Le gambe pesanti e le braccia indolenzite come se avessi appena fatto una cinquantina di vasche a stile libero. Uscii dalla mia camera per infilarmi nel bagno subito sulla sinistra. Ve l'ho detto che questa casa ha ben tre bagni? Doveva viverci un esercito prima che la acquistassero i miei genitori. Avevo già deciso che quello sarebbe stato di mia proprietà, gli mancava solo la carta igienica rosa, una pila di asciugamani rosa, un set di saponette rosa e uno spazzolino rosa col dentifricio dalla pasta rosa. Insomma, giusto due cosette.
Oh e per carità, quello specchio.
Quello specchio lo volevo fuori dai piedi.
Non ci riuscivo proprio, a guardarmi riflessa in esso. Quegli occhi che non riconoscevo, quei capelli così vistosi e imbarazzanti; la pelle imperfetta, punteggiata da macchioline scure su uno sfondo perlaceo.
Scossi il capo, cercando di scacciare il ricordo scioccante della prima volta che mi ero ritrovata faccia a faccia con uno specchio. Mi era sembrato di vedere un terrificante spettro, uno scheletro mummificato con ancora la pelle. Da quel momento avevo giurato a me stessa che avrei mangiato un McCicken al giorno, ed era giusto l'ora della colazione.
Mi infilai un paio di jeans a campana che, a giudicare da come mi "strascicavano" per terra, dovevano essere stati della mamma. Rufolando nel suo vecchio appartamento, avevo trovato ben poco, giusto qualche capo d'abbigliamento per lei ed una montagna misura bambino che, probabilmente, aveva comprato per me nel corso del tempo, forse con la speranza che da lì a giorni mi sarei svegliata. Inutile dire che non mi entrava nemmeno una coscia in quei vestiti, necessitavo del sano shopping e questa era una scusa in più per uscire. Quando mi ero svegliata dal coma, avevo paura a mettere solo il naso fuori dall'ospedale, ma ora che ne ero uscita, il mondo non mi faceva più così paura. Da Boston a Dorksville avevo già dovuto evitare uno spacciatore, una manciata di tipi strani che volevano convincermi a comprare cose strane, un tassista che per poco non mi lasciava a metà strada pensando di fregarmi e un potenziale gatto assassino. Non me la stavo cavando così male da sola, no? Cominciavo ad assaporare il sapore dell'indipendenza. Non dico che fosse più buono del gelato al pistacchio, ma ci si avvicinava moltissimo. Messa su anche una T-shirt ed un paio di converse di almeno un numero più grande del mio, mi fiondai giù per le scale ritrovandomi ancora mezze valigie sparse per il salotto. La sera prima mi ero persa nelle mie sciocchezze e non avevo combinato un bel niente; mi ero perfino dimenticata dove avevo lasciato la borse e mi ci volle un quarto d'ora per scoprire, infine, che l'avevo lasciata in cucina, appesa ad una sedia del tavolo. La colsi al volo, e fuggii via, ma una volta fuori dalla porta di casa, ebbi la sensazione di trovarmi dietro ad una cascata: l'acqua sfrecciava giù dal tettuccio del portico sbarrandomi la strada.
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JADE - Le cronache dei lupi
WerewolfQuando un lupo sceglie la sua compagna per la vita.. razza, età, religione; nessuna classificazione ha più valore e Cassandra non ha niente di tutto ciò in comune con Jayden. Lui, giovane aitante dagli occhi di Giada, è un membro della tribù dei C...