Prologo

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Se Sherlock avesse una lista di cose che odia, probabilmente sarebbe molto lunga. Ma dato che Sherlock Holmes non si degnerebbe mai di alzarsi dalla poltrona nera, interrompendo le sue riflessioni, per una cosa tanto "futile e stupida", non sapremo la sua effettiva lunghezza.

Se Sherlock la compilasse, quella lista, in cima, più odiato della calma e la tranquillità e di Anderson, ci sarebbe il trasloco.
O il viaggio.

O qualsiasi cosa comprenda, in generale, il movimento che non è utile al suo lavoro.

Per questo quando suo fratello entra nell'appartamento, come al solito con il suo ombrello, nonostante non piova, inizialmente lo ignora, portando la sua attenzione a quell'ombrello che ormai è tutt'uno con Mycroft.

Ma quando Mycroft dice "traslocare", Sherlock ci mette poco a comprendere contesto e riferimento, nonostante la sua disattenzione, perenne quando suo fratello gli parla, annoiandolo con cose deleterie come la politica, la gentilezza, le buone maniere e altre noiose chiaccherate ripetitive che è solito intavolare Mycroft, quando non sono impegnati a insultarsi a vicenda.

Però c'è sempre stato un compromesso, tra i due Holmes.

Entrambi sanno quanto Sherlock non si sia mai sentito a casa, in quella villetta di campagna, con la sua famiglia che stenta a considerare tale; eppure in quel confusionario appartamento nel centro rumoroso e in movimento di Londra, con John, ha trovato una stabilità ed una strana routine, sempre tra la noia e la pigrizia assoluta e l'euforia accompagnata da pensieri e le deduzioni che lo portano a risolvere un caso.

Inoltre, gli Holmes sono tipi abitudinari.

In particolare Mycroft, che mai si scomoda ad alzarsi dalla sedia nel Diogene's Club, in mezzo ad una discreta folla di snob selenziosi e intenti a leggere il giornale.

Quindi, il primo istinto di Sherlock é di alzarsi e chiudersi in camera come quando sua madre lo obbligò a frequentare lezioni di violino con gli altri bambini, cosa di cui le fu grato solo in seguito.

Lo sguardo di John, che sembra aver capito le sue intenzioni, lo inchioda sul posto e lo obbliga a sostenere una conversazione civile con il fratello maggiore, che lo osserva con lo sguardo calcolatore.

<<No.>>

<<Non sai il caso>>

<<America?>>

<<È importante>>

<<Sono tutti importanti a tuo parere. Eppure sono tutti noiosi>>

<<Non fare il bambino>>

<<Non fare mia madre>>

<<Sherlock>>

Il tono di Mycroft è cadenzato, come ogni volta che gli dà un avvertimento, inclinando la testa e alzando un sopraccoglio con fare di superiorità.

Per un attimo gli torna in mente quando gli raccontava storie di pirati inserendo entrambi tra i personaggi: assumeva la stessa espressione quando lui si lamentava perché voleva essere il più intelligente.
O quando Sherlock si arrampicò sull'albero  di fianco al Cottage estivo, che gli Holmes avevano acquistato quando lui era nato, e si era arrampicato così in alto che non voleva piú scendere, perché gli erano venute le vertigini; poi Mycroft aveva messo su quell'espressione e a Sherlock dava talmente fastidio che era sceso solo  per potergli dimostrare che era meglio di lui, che ad arrampicarsi non ci provava neanche, ma lo voleva comunque giudicare.

Sherlock sentì lo stesso fastidio mentre Mycroft gli porgeva la cartella giallastra, ripiena di fogli che straripavano leggermente ai lati; eppure cercò di non dare a vedere la sua curiosità improvvisa, giusto per tenere il fratello sulle spine un altro po'.

Aprì la cartella, osservando i crimini compiuti, che andavano sempre in aumento.
Erano solo sospetti.
Non era quasi mai stato messo in prigione e quell'unica volta aveva avuto la geniale idea di fingersi malato mentale, cosa facile, dato che, in realtà, nessuno è davvero sano di mente.

In che razza di posto, però, esistevano ancora i manicomi, nel nuovo ed evoluto diciannovesimo secolo?

A quella cartella ne seguirono altre, tutte accomunate da quello che veniva chiamato "Arkham Asylum", dove i pazzi criminali erano stati ricoverati almeno una volta.

L'espressione di Sherlock si fa oltremodo irritata e corruciata alla vista del luogo in cui lui dovrà trasferirsi.

Il motivo per cui proprio lui debba non lo ha nemmeno ascoltato.

<<Se questo è uno scherzo, Mycroft, non è divertente>>

Ora tocca al fratello assumere un'espressione confusa.

Bisogna specificare che Sherlock non ha mai trovato utile imparare mappe a memoria al di fuori di quelle di Londra, ma quando dovette andare a Dartmoore si era ricreduto, iniziando con la basilare schedatura di continenti, stati e relative cittá:
Quindi era dannatamente certo che non esistesse alcuna città chiamata Gotham.

<<Di cosa stai parlando, Sherlock?>>

<<Non esiste una città con questo nome>>

Mycroft e John si scambiano uno sguardo che Sherlock non riesce ad interpretare.

John si passò una mano tra i capelli, con la fronte aggrottata, mentre Mycroft torna ad alzare il sopracciglio, sospirando mentre il dottore si alza e si dirige verso la sua camera, recuperando una vecchia cartina a lui utile in guerra.

La porge a Sherlock, indicandogli un puntino fra New York e l'Ohio.

La cartina risale a dieci anni prima, eppure Gotham è proprio lì, spiccando sulla cartina.

Più Sherlock la fissa, più tutto sembra dannatamente irreale, perché lui non sbaglia, non sulle cose certe.

E in una sorta di incredula confusione, Sherlock Holmes accettò il caso.













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