Per una volta...

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Roma, oggi.
I giorni successivi all'incontro con Rose apparivano molto strani agli occhi di Ranma. Era come se fosse cambiato qualcosa intorno a lui, ma non riusciva a definirlo in alcun modo: il quartiere in cui abitava, il mormorio della gente di passaggio, il volo degli uccelli tra gli alberi, il sapore del pane al forno sotto casa... ogni cosa sembrava diversa dal suo punto di vista. Non riusciva a spiegarselo, sebbene avesse ben chiara l'origine di tutto.
Rose. Non riusciva a smettere di pensare a lei, nemmeno durante gli allenamenti. Ormai si incontravano ogni giorno, dato che la rossa si era iscritta al corso di autodifesa nella sua palestra; dopo le lezioni, inoltre, i due trovavano sempre qualcosa da fare insieme, tra un drink, un film al cinema o una salutare passeggiata. Nel frattempo cercavano di approfondire la conoscenza l'uno dell'altro, ma entrambi preferivano tenere nascosto il proprio passato. Ranma aveva buone ragioni per non parlare della sua vita in Giappone: era certo che Rose lo avrebbe preso per pazzo, a sentirlo parlare di sortilegi e trasformazioni con secchiate d'acqua. D'altro canto, tuttavia, non poteva immaginare cosa spingesse Rose a tacere sul suo passato: tutto ciò che sapeva di lei lo aveva già appreso quella sera da Leandro's, le sue origini e l'allontanamento dal padre imprenditore. Da allora, lei non aveva fatto che parlare dei suoi gusti e dei suoi hobby, molto diversi da quelli di Ranma: adorava i libri di genere fantasy e ballare la salsa; odiava il riso, cosa di cui invece lui andava ghiotto; inoltre amava molto i gatti, ma il ragazzo lo scoprì a sue spese durante una passeggiata. Un gatto randagio era sbucato fuori da un vicolo, e Rose aveva cercato di prenderlo per accarezzarlo; Ranma, dominato nel giro di un istante dal terrore e dall'istinto, aveva lanciato un urlo e fatto un salto enorme, aggrappandosi a un albero sul marciapiede per sfuggire all'animale. Parecchia gente si voltò a guardare, cercando di ricostruire a bocca aperta la dinamica dei fatti.
« Wow » commentò Rose, incredula. « Ho visto persone schizzare via dalle loro poltrone per la paura, mentre guardavo Saw al cinema... ma tu li hai battuti tutti. Che ti è preso? »
Il ragazzo aspettò che il gatto sparisse dalla sua vista prima di scendere dall'albero e scusarsi per la reazione. A quel punto si ritrovò a raccontare a Rose la sua fobia per i gatti, avuta origine durante uno stupido allenamento inventato da suo padre. La ragazza si sentì improvvisamente mortificata, dopo aver ascoltato questa realtà dei fatti.
« È colpa mia, mi dispiace... non avrei dovuto cercare di prendere quel gatto. »
« Macché, figurati » la rassicurò Ranma. « Non potevi saperlo, è stato solo un incidente. Semmai la colpa è mia, per non averti detto prima della mia fobia. »
Rose fu sul punto di aggiungere qualcosa, ma si fermò. Avrebbe voluto puntualizzare sul fatto che Ranma tirava fuori la sua storia con il contagocce, e dopo diversi giorni che si frequentavano faceva ancora il misterioso. Ma chi era lei per giudicare il suo comportamento? La sua storia, il suo passato, non erano certo venuti più a galla di quelli di Ranma; ecco perché si costrinse a tacere, a riprendere la passeggiata senza aggiungere altro.
Doveva andarci piano, o avrebbe rovinato tutto.
Nel frattempo, la ragazza proseguiva il corso di autodifesa sotto lo sguardo attento di Ranma. Questi rimaneva sempre più sorpreso nei suoi confronti: alla fine di ogni lezione, infatti, Rose riusciva a padroneggiare le mosse insegnate e a replicarle perfettamente, proprio come era accaduto la prima volta. In un occasione riuscì persino a ricordare a Ilaria, l'altra insegnante, cosa significasse farsi male: il che era tutto dire, per una ex militare tornata dall'inferno degli scontri in Medio Oriente, quindi abituata a botte ben più forti di quelle che avrebbe potuto infliggerle una principiante.
Ma Rose stava dimostrando un talento superiore a quello di un principiante. Questo, ovviamente, non faceva che aumentare i sospetti che Ranma aveva su di lei. All'inizio aveva creduto che Rose conoscesse già le arti marziali, così l'aveva messa alla prova per accertarsene, ma senza alcun risultato. Eppure lei continuava a stupirlo con la sua capacità di apprendimento, decisamente fuori dal normale... per non dire innaturale.
Le domande erano molte, ma non trovavano risposta finché Rose si rifiutava di parlare. Ma il loro legame si era ormai consolidato, alcune settimane dopo il primo incontro: lei non poteva più fare a meno di Ranma, perciò decise che i tempi erano maturi per mettere le cose in chiaro.
Un pomeriggio, al termine di una lezione del corso avanzato di kung fu, Ranma trovò Rose ad aspettarlo fuori dalla sala. Il ragazzo non fu molto sorpreso di vederla, sebbene quel giorno non ci fossero state lezioni di autodifesa: lei si era già presentata in occasioni precedenti, per vederlo combattere sul serio. La proposta che lei gli fece, tuttavia, fu del tutto inaspettata, ovvero quella di accompagnarla in un locale latinoamericano.
« Cosa? » fece Ranma, spiazzato da quella richiesta così insolita. « Ma io... non so ballare. »
« Lo so... » rispose Rose, guardandosi i piedi con imbarazzo. « Ma è una serata importante, e non vorrei mancare. Lo faresti... per me? »
Lei alzò lo sguardo, e Ranma vide un paio di enormi occhi dolci che imploravano un sì venir fuori dalle sue labbra. Non gli era mai capitato di sentire una proposta simile da una ragazza... non con una tale sincerità, a pensarci bene; per anni aveva dovuto sopportare richieste indecenti da Shanpu o da Kodachi, al solo fine di conquistarlo una volta per tutte... e ogni volta era dovuto scappare a gambe levate. Forse solo Akane era arrivata a proporre qualcosa di carino da fare insieme, ma non riusciva a ricordarlo.
Akane...
Ma lui non voleva più scappare da nessuno.
« Va bene, Rose. Lo farò per te. »

L'appartamento di Rose si trovava poco lontano dal quartiere che frequentava Ranma. Era uno splendido attico con vista sul laghetto dell'Eur, arredato secondo uno stile decisamente moderno: cucina spaziosa, pavimenti in parquet e una grande camera matrimoniale, anche se ci dormiva da sola. Per quanto la ragazza fosse in ostilità nei confronti del padre, non intendeva rifiutare il denaro che lui si ostinava a versare periodicamente sul suo conto; riusciva così a permettersi un notevole lusso, senza tuttavia esagerare.
Quando Ranma entrò per la prima volta in casa di Rose, la prima impressione fu di meraviglia, ma poco dopo cominciò a notare qualcosa di strano: per quanto l'appartamento fosse impeccabile nell'ordine e nell'arredamento, in giro non vedeva oggetti particolari. Niente foto; niente quadri né poster; niente libri né film; nessun oggetto, in pratica, che riflettesse il carattere di Rose. Se il ragazzo non fosse stato sicuro che quell'appartamento era abitato dalla sua amica, avrebbe creduto che fosse pronto per la vendita.
« Fai come se fossi a casa tua » disse Rose cordiale, mentre posava borsa e chiavi sul tavolo. « Io vado a farmi una doccia e a cambiarmi... nel frattempo, mettiti pure comodo. »
« Ah, va bene » fece Ranma con aria distratta. La ragazza si allontanò e sparì dal salotto, lasciandolo da solo. Il ragazzo guardò il divano, e all'improvviso avvertì una notevole sonnolenza; aveva bisogno di chiudere gli occhi e rilassarsi, almeno per qualche minuto. Così, ricordando il permesso di Rose di mettersi comodo, si tolse le scarpe e si sdraiò sul divano, freddo ma morbido.
Chiuse gli occhi, cercando di svuotare la mente da tutto. Eppure non riuscì ad impedire al ricordo di quella notte in ospedale, mentre aspettava che Rose si riprendesse da quell'aggressione, di girare liberamente tra i suoi neuroni come una giostra in tilt.
Pochi minuti dopo sentì improvvisamente un peso sopra di lui, come se qualcosa gli fosse saltato addosso. Aprì gli occhi di scatto e vide il viso di Rose, a una distanza fin troppo ravvicinata.
« Ranma... »
In un attimo si rese conto della verità: Rose era seduta a cavalcioni su di lui, vestita solo di reggiseno e mutandine. I suoi capelli erano sciolti e ancora umidi per la doccia, le mani strette sulle spalle di Ranma... in una presa che indicava la misura esatta del suo desiderio di trattenerlo in quella posizione.
« Rose? Ma che stai...? »
Il cuore di Ranma sussultò più forte che mai, ma la mente lavorava per conto suo. I ricordi di scene simili a quella in cui trovava all'improvviso riaffiorarono, come vecchi relitti tirati su da una forza superiore: non era la prima volta, infatti, che una donna si avventava su di lui in quel modo... e i nomi di Shanpu e Kodachi svettavano su una lista fin troppo lunga! E ogni volta si era trovato in quella situazione contro la sua volontà, per poi scappare a gambe levate.
Ma aveva giurato che la storia non si ripetesse, mai più.
Ranma riprese il controllo, mentre le labbra di Rose erano ormai prossime a posarsi con passione sulle sue. L'afferrò per i fianchi e si alzò a sedere, allontanandola da lui; inspirò forte per ritrovare l'autocontrollo. Si guardarono intensamente, occhi negli occhi, senza mai distrarsi, il fuoco ad impossessarsi di loro.
Ormai aveva deciso.
Rose aveva cambiato espressione, da maliziosa a sconvolta, come se non credesse ai suoi occhi.
« Ranma » sussurrò lei, incredula. « Non capisco... pensavo che anche tu... volessi questo. »
« Rose » disse lui con decisione, mentre i suoi occhi s'incupivano. « Mi dispiace, ma non volevo che andasse così. Troppe volte sono stato nella condizione di non poter decidere, mentre una ragazza si avvinghiava al mio corpo; troppe volte sono stato costretto a fuggire, perché non era ciò che volevo. Oggi come allora, non è questo che voglio. »
Rose sarebbe scoppiata in lacrime dopo aver udito una frase del genere... se ne avesse avuto il tempo. Un attimo dopo, infatti, Ranma si era chinato in avanti, posando un bacio sulle sue labbra tremanti; e il suo cuore gelido tornò a infiammarsi, come era avvenuto prima.
« Io volevo questo » dichiarò Ranma subito dopo. « Per una volta... voglio essere io a decidere chi baciare. Senza fuggire. »
Passò le mani sulle sue gambe nude, lentamente, fino ai morbidi fianchi; si appoggiò ad un braccio, avvicinandosi pericolosamente a lei, mentre con l'altra mano le sfiorava la schiena. Mirava al gancio del reggiseno. Rose glielo lasciò fare, sospirando; si guardarono negli occhi per un attimo ancora, per poi chiuderli e abbassarsi ad una lentezza disarmante.
Finalmente Ranma era padrone di se stesso in un momento così intimo. Finalmente era lui ad avere il controllo, sul suo corpo... sul suo legame con l'altra persona... sulla sua stessa vita. Shanpu, Kodachi e le altre spasimanti avevano sempre sbagliato su questo fronte: non gli avevano mai concesso la libertà di scegliere. Rose avrebbe ripetuto lo stesso errore, se Ranma non avesse deciso di dare un taglio netto al passato; e lei non aveva battuto ciglio mentre lui si abbandonava al puro istinto, libero di darci dentro.
Si baciarono a lungo, tutta la notte... mandando la serata di salsa cubana a farsi friggere.  

Ranma 1/2 - Rinunciare a tuttoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora