Capitolo 1

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La mia vita era di una monotonia assurda. Mi svegliavo nel mio appartamento, facevo colazione, uscivo per andare a lavorare in tre bar differenti, come cameriera, per poi tornare a casa, sempre se era possibile definirla in quel modo, e gettarmi sul letto con quel po' di mancia ancora nelle tasche e addormentandomi così, con un'infinita stanchezza fisica e mentale addosso. Da quando avevo deciso di andarmene di casa a 18 anni per dimostrare ai miei genitori, ma specialmente a me stessa, di essere in grado di cavarmela da sola, è sempre andata avanti così. Il cambio di città era stato complicato e un po' difficoltoso, tra ricerca di lavoro, casa e amicizie. Dopo due anni conducevo questa vita, con qualche amico conosciuto nelle ore lavorative e un posto in cui dormire. Poteva andarmi peggio, almeno ero viva e riuscivo a mantenermi un'esistenza completamente autonoma.
Appena suonò la sveglia alle 6:00 del mattino, allungai il braccio per spegnerla. Ecco iniziata una nuova giornata nella speranza di un qualcosa di nuovo che puntualmente non arrivava mai. Scesi pigramente dal letto trascinando i miei piedi sul pavimento verso la cucina. Ero esausta, completamente. Il giorno prima avevo dovuto svolgere del lavoro extra per colpa di uno dei miei tre capi il quale, non so per quale assurdo motivo, mi aveva presa "in simpatia". Era da un po' che non me ne capitava una giusta, e la situazione non migliorava per niente.
Mi preparai un bel caffè per svegliarmi un po', mi vestii e corsi per le scale del palazzo chiudendo la porta dell'appartamento alle mie spalle. Non appena uscita fuori, dopo aver preso una bella boccata d'aria, sentii il mio cellulare squillare. Era Giuly, la mia migliore amica da due anni, praticamente da quando ebbi messo piede in questa città.
- Ehy Mary! Come va? – subito udii la sua dolcezza.
- Ciao scema, bene e tu? – risposi, notando una leggera punta di eccitazione nella sua voce.
- Benissimo, soprattutto dopo ciò che ho scoperto! – lo sapevo che era successo qualcosa.
- Dai parla, non tenermi sulle spine.. – la incitai.
- Demi Lovato è qui, a Milano! – urlò forte, rischiando seriamente di rompermi un timpano.
- Ohw, ma che cucciola, il suo unico, grande amore è qui! Allora mi dedicherei di più al tuo solito lavoro da stalker per trovarla, no? – dissi ridendo, contenta per la notizia e quindi per il fatto che lei fosse felice. Non ero una sua fan, ma la musica di Demi mi piaceva e in un periodo un po' più buio mi aveva anche aiutata parecchio.
- O mio Dio, potrebbe anche essere dietro l'angolo, o di fronte a me, o magari in quel negozio! Okay, sto impazzendo, ufficialmente – Era così agitata, mentre io non facevo altro che ridere.
- Quando avrai finito di prendermi in giro e avrai deciso di aiutarmi a tornare a respirare chiamami, grazie – e fu così che chiuse la chiamata. Forse si era un po' offesa, ma non avevo tempo per cercare di tranquillizzarla, il lavoro mi chiamava. Il primo impegno lo avevo al Light Blue bar, ci lavoravo ogni mattina dalle 6:30 fino alle 11:00. La maggior parte del tempo lo passavo a pulire pavimenti e lavare bicchieri dato che la mattina quel posto non era molto frequentato. Infatti lo stipendio che prendevo in quelle ore non era il massimo, ma non potevo fare altro per il pomeriggio e la sera già impegnati.
Ero dietro al bancone a finire di lucidare l'ultimo bicchierino, quando entrò un cliente. Vestiva in una maniera decisamente insolita: indossava un berretto nero che, insieme agli occhiali da sole, gli copriva quasi completamente il viso; una grossa felpa, larga e piuttosto lunga, anch'essa scura, nascondeva ogni forma del corpo rendendo complicato capire il sesso di quel curioso individuo. Anche i pantaloni con il cavallo estremamente basso e le scarpe da ginnastica non erano di grande aiuto. Dopo aver dato una veloce occhiata all'interno del piccolo locale completamente vuoto, come cercasse qualcuno dal quale nascondersi, si sedette ad uno dei pochi tavolini lì presenti. Non aspettai molto prima di andargli vicino per prendere l'ordinazione, anche se con tutta onestà, avevo una leggera paura.
- Buongiorno, cosa vuole ordinare? – chiesi sorridendo, cercando di presentarmi il più gentile possibile.
- Prendo un cappuccino, grazie – rispose il cliente con una voce leggermente roca e dura, ma che non sembrava completamente di un uomo. Aveva un non so che di camuffato.
- Glielo porto subito – risposi, allontanandomi. Una scossa attraverso la mia spina dorsale, come se fossi stata improvvisamente colpita da un'illuminazione scioccante. La paura era svanita, e una leggera eccitazione stava crescendo in me. Avevo capito di chi si trattasse e non vedevo l'ora di averne la conferma.  

Ciò che vorresti non è mai ciò che ottieniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora