Hysteria

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Lanciai uno sguardo verso la porta d'ingresso. Anche se non potevo vederle, le mie povere scarpe merdose erano lì fuori. Stefano dal canto suo non riusciva a non guardare i miei calzini neri con il bordino glitterato con un espressione mista tra il divertito e il confuso.

-Non volevo una boccata d'aria- annunciai.

-Ma davvero- rispose, lentamente, sarcastico. 

Si appoggiò al bracciolo del divano, cercando di parlare piano per non svegliare le sorelline.

Dovevo inventarmi qualcosa. Qualcosa di credibile. Qualcosa che lo intrigasse e al contempo mi facesse rispettare. Era la mia occasione.

-Uno dei miei più grandi difetti è essere tremendamente curiosa- sussurrai, sporgendomi in avanti con naturalezza e poggiando la testa sul dorso della mano -e vedi, il mio lavoro prevede una grande empatia verso le persone. La mente mi intriga. E' come un libro. Un libro con una storia precisa, ma che nasconde dietro di sé dei segreti e dei sotterfugi. Bisogna saper leggere tra le righe. C'è un motivo se sono chiamata ovunque, perfino fino a qui. Ti sei mai chiesto perché abbiano mandato me, dalla Russia? Sono un bel numero di chilometri.-

Stefano mi guardò, sollevando leggermente le sopracciglia per la sorpresa, mentre mi alzavo e mi dirigevo senza guardarlo verso le scale. Mi girai, lentamente, con uno dei miei migliori sguardi indagatori cuciti sul volto. Per un attimo mi passò davanti l'immagine di me che gli sollevavo il mento con un dito, le unghie da leonessa laccate di rosso, e mi avvicinavo alle sue labbra. Fino a sfiorarle con il mio respiro. E proprio in quel momento, affondargli un punteruolo proprio in mezzo al petto. Ma poi tornai alla realtà. Io ero lì. Lui era lì. E per un attimo vidi cadere la sua maschera, come quando ti rendi conto della bestia famelica che c'è dietro il volto maestoso del leone. Era un guizzo di paura nel suo sguardo? Desiderio? Curiosità? O perfino odio?

-La tua mente mi intriga, Stefano. E se leggerti dentro può aiutarmi a capire le tue sorelle e svolgere al meglio il mio lavoro, sappi che la analizzerò centimetro dietro centimetro. Fino a che ti avrò conosciuto meglio di te stesso. Nessuno è come sembra.-

Gli sorrisi, tornando la ragazza eccellente e vagamente timida che ero stata fino a poco tempo prima. E lui, confuso, mi guardò salire le scale e sparire dietro la porta della mia stanza. Una volta chiusa la porta, guardai verso lo specchio. Stavo tremando. Che cazzo avevo combinato? Mi avrebbe preso per una psicopatica. Ne avrebbe parlato con i suoi, e mi avrebbero allontanato dalle bambine. Addio libertà, addio tutto. Fottuta me!

Mi lanciai sul letto, con la testa tra le mani e lo sguardo fisso verso la porta, come se mi aspettassi che da un momento all'altro lui sarebbe  spuntato da lì, e mi avrebbe messo alle strette. Ma non arrivò.

Mi dovevo essere addormentata, agitata. Mi svegliai sudata. Avevo combinato un casino.

Fuori, era ancora buio. Doveva essere notte. E la mia domanda era sempre la stessa. Cosa avrebbe pensato Stefano di me? Pensai che probabilmente l'avevo spaventato. Eppure c'era qualcosa che non mi tornava ancora...qualcosa che mi faceva tremendamente sospettare di lui.
Leggere le persone faceva realmente parte del mio lavoro. E lui aveva qualcosa. Ma cosa?

E poi mi ricordai del mio patrigno. Doveva esserci un motivo se voleva farlo fuori. Tastai il comodino in cerca del cellulare, facendo erroneamente cadere il cubo di Rubik, che rotolò sotto il letto.

Sussurrai un accidenti a denti stretti e decisi che lo avrei cercato il giorno dopo.

Guardai l'ora sul display, socchiudendo gli occhi per la luminosità troppo elevata. Erano le quattro del mattino. A Mosca, sarebbero state le cinque. Poco male, se era sul lavoro avrebbe avuto il cellulare spento, altrimenti avrebbe risposto comunque.

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⏰ Last updated: Jul 27, 2017 ⏰

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AlinaWhere stories live. Discover now