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79 anni. È la mia età. Tutti mi direbbero che sono vecchio. Eppure non è così. Io non sono vecchio. Io non sento di esserlo.
Pensate un po'. Stamattina sotto l'ultimo sole cocente dell'estate, a trenta gradi all'ombra io sto facendo una bella passeggiata per andare a comprare la frutta. La faccio tutte le mattine e compro giusto il quantitativo sufficiente per la giornata. Non molta quindi perché è solo per me. Non ho una famiglia. Per scelta.
Sto camminando sul marciapiede pensando a qualcosa che non ricordo nemmeno e salutando di tanto in tanto le persone che decido di salutare. Non posso prestare attenzione a tutte, non tornerei mai a casa. Io conosco ogni persona che vive nel quartiere. Ci abito da 79 anni e nulla mi è segreto. Ho trascorso la mia vita qui, a Ravenna, e per me questo è il posto migliore che esista, anche perché non ne conosco altri. Sono come il nonno di tutti e questo un po' mi rincuora e non mi fa soffrire per il fatto di essere in realtà solo.
Attraverso la strada stando attento che non ci siano macchine, ma comunque non mi spavento e non mi affretto troppo perché con il caldo potrei sentirmi male e perché, vedendomi, qualunque autovettura si fermerebbe.
Non credo di essere importante. Tutti ci conosciamo e tutti sanno che il mio corpo potrebbe fare cilecca in qualsiasi momento.
Dall'altra parte c'è un po' di ombra. Mi fermo e mi riposo.
Passa qualche minuto. Dal lato opposto del marciapiede noto che svolta l'angolo una famiglia che non conosco. Saranno vacanzieri forse. Anche perché sono vestiti proprio in modo inadeguato per fare una passeggiata nel quartiere.
Ci sono due bambini piccoli, entrambi maschi che giocano silenziosamente. Avranno sei anni. La mamma e il papà li guardano innamorati. Si prendono per mano e l'uomo sembra sostenere sua moglie, che non è abituata a camminare con i tacchi su strade così scoscese. Al tutto assiste la nonna, fiera e felice. Penso che abbia più o meno la mia età . È la signora più distinta che abbia mai visto. Indossa una gonna nera sotto il ginocchio e una camicia di seta color salmone su cui pende una collana di perle. Si muove su delle scarpe con un piccolo tacco e in maniera sinuosa ed elegante.
Ricomincio a camminare e, quando ci incrociamo, scendo dal marciapiede per permettere loro di passare comodamente. Sento i due bambini parlare con un forte accento milanese. Ecco. Sono una ricca famiglia di Milano venuta qui in vacanza pensando di trovare chissà cosa.
Poi guardo la nonna. E vedo passarmi davanti una vita lontana. Mi pare di attraversare un tunnel pieno di ricordi. Mi abbaglia e mi sconvolge, forse mi fa male. In pochi attimi è già terminato. Eppure mi sembra siano trascorse ore. Incredibile. È incredibile quanto possa essere profondo uno sguardo e quanto veloce la mente ad attraversarlo.
Nei suoi occhi anziani ritrovo quelli di quando era bambina e li riconosco. Ridono ancora. Le ricordo le lunghe risate in cui mostrava tutta la sua bellezza.
Eccola lì. Il motivo per cui ho scelto di non avere una famiglia. Continuano a camminare. L'ho rivista. Sara. La mia dolce Sara.
Distolgo lo sguardo da lei e mi dirigo verso casa.
Dopo un po' mi volto e la guardo. Passeggia. Non mi ha riconosciuto o forse sono io che l'ho scambiata per qualcun altro. Non si volta. Non le sorge alcun dubbio.

Tuttavia... quello sguardo...

No. Non è possibile.
























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