Lasciò che la collera le scorresse nelle vene, chiuse gli occhi e si concentrò. Il resto accadde in un secondo, ma Kyle riuscì solo a vedere un'accecante luce viola. Poi, il buio.
Gli faceva male il braccio: forse era rotto.
Sentiva la guancia che pulsava, ma non poteva vedere se fosse ferito.
Era buio e il rottame dell'auto capovolta lo schiacciava. Cercò di liberare una gamba dal sedile davanti, dove Francisco giaceva inerme. Ci riuscì.
Colpì forte la portiera con un calcio una, due, tre volte. Finalmente la serratura già danneggiata cedette e il ragazzo rotolò fuori dall'abitacolo schiacciato.
Kyle rimase immobile sdraiato sull'asfalto, a chiedersi cosa fosse successo.
Ricordava solo una luce viola, la macchina che rotolava, saliva in aria e cadeva di nuovo. Poi lui doveva essere svenuto, mentre Jane...
Si alzò di scatto. Dov'era Jane?
Si guardò intorno. Era nella strada di prima: un luogo deserto circondato dagli alberi.
Ormai era notte: i grilli cantavano e si era messo freddo. L'unica illuminazione era il cofano dell'auto che aveva preso fuoco.
Kyle si avvicinò al rottame, cercando Jane. La trovò.
Aveva perso i sensi, ma non sembrava ferita. Dopotutto era stata lei a fare tutto quello.
Il ragazzo non riusciva a pensare. Si sentiva strano, addormentato. Sapeva solo di dover agire e tirare fuori la sua migliore amica da quell'auto -non era facile come un solo braccio-.
Non pensò a Francisco, non lo guardò nemmeno.
Non seppe mai quanto tempo impiegò, seppe solo che riuscì a trascinarla lontano da quel punto prima che il rottame esplodesse.
Erano lontani, sì, ma non abbastanza da non venire sporcati dalla cenere.
Il ragazzo cercò di sollevare Jane per portarla lungo la strada, ma era troppo debole, così si sedette ai margini della strada. Tremava.
Doveva ancora realizzare l'accaduto, ma non aveva nemmeno capito cosa stesse succedendo.
Cercò di fare mente locale di quella strana giornata.
Era andato a Washington.
Era tornato.
Era stato rapito senza un chiaro motivo.
E aveva scoperto che la sua migliore amica, forse anche più di quello, le aveva mentito. Su che cosa non lo sapeva.
«Kyle...».
La ragazza aprì lentamente gli occhi. Si mise seduta e si guardò lentamente intorno, come se non capisse dove si trovasse. «La macchina è esplosa» Disse poi, come se quella fosse stata la cosa più normale del mondo.
«Stai bene?» Le chiese Kyle.
Lei annuì, poi posò lo sguardo sul braccio dell'amico. «Il tuo braccio...».
«È rotto. Me ne sono accorto, grazie».
Calò il silenzio, rotto solo dal fuoco che scoppiettava poco lontano.
«Non dovremmo essere lontani dalla città. Forse se camminiamo la raggiungiamo in un tempo accettabile» Propose Jane.
I due si alzarono, Kyle a fatica.
Iniziarono a camminare lungo la strada, in silenzio, lo sguardo perso nell'oscurità.
Il buio si fece ancora più opprimente quando la luce del fuoco smise di illuminare il sentiero.
I grilli frinivano con tutte le loro forze. In lontananza un cane abbaiava a pieni polmoni.
La luna era coperta da nuvoloni grigi e ben presto una lieve pioggerellina iniziò a battere sull'asfalto.
Ti pareva.
«Jane...» Disse Kyle ad un certo punto. «Credo che tu mi debba delle spiegazioni».
La ragazza non rispose subito, ma rimase con le mani nelle tasche e gli occhi puntati sulle scarpe.
L'amico la chiamò nuovamente con un tono che non ammetteva il silenzio.
«Non capiresti».
«Sono stato rapito. La macchina in cui ero è stata ribaltata e fatta esplodere. Da te. Sono già abbastanza confuso, quindi non mi scandalizzerò.
Per non parlare di quella... Di quella luce viola. Che cosa diavolo era? Hai i superpoteri per caso?».
«Beh, ecco... Una specie... Ah, al diavolo. Ormai il peggio è passato».
Così iniziò a raccontare tutto: partì da quel pomeriggio in cui aveva scoperto il "lavoro" di Andrew, fino al giorno in cui era arrivata al collegio.
Non tralasciò nulla, nè il messaggio in cui i New York Bosses avevano minacciato di tornare a prenderla, né l'incontro con Nightmare
-nemmeno l'ultimo di poco prima-. Raccontò anche della gente che aveva ucciso.
Kyle ascoltava tutto in silenzio e con un'espressione idecifrabile sul volto.
Non interruppe e non fece domande fino alla fine della narrazione.
Anche quando l'amica smise di raccontare non disse nulla.
«Allora? Non dici niente?» Chiese Jane dopo un po'.
«Ti prego, di' qualcosa. Se credi che sia pazza... Beh, non lo sono.
E se credi che sia una criminale... Forse quello sì.
Puoi anche non credermi, se ti va.
Puoi anche smettere di parlarmi, me lo me...».
«Ti credo» La interruppe lui.
Lei lo guardò con gli occhi sgranati. «Co... Come, scusa?».
«Ti credo. Sul serio».
Calò nuovamente il silenzio, poi Kyle riprese a parlare.
«Prima di oggi ti avrei riso in faccia e ti avrei giudicato "pazza". Ma dopo tutto quello che è successo... Non posso fare a meno di crederti».
Sorrise. «E poi non voglio farti arrabbiare; soprattutto ora che ho solo un braccio sano».
I due scoppiarono a ridere e Jane emanò un sospiro di sollievo. Si sentiva bene, come se qualcuno le avesse tolto dalla schiena un peso che portava da anni.
«Adesso sbrighiamoci: il braccio inizia a farmi male» Disse Kyle.
L'amica si fermò e si tolse la
felpa. «Vieni qui».
Armeggiò qualche secondo e il ragazzo si trovò col braccio appeso al collo, come quando si usciva dall'ospedale.
Aprì la bocca per ringraziare, quando sentì il rumore di un'automobile che si avvicinava.
I due furono allertati dal suono del motore, così si nascosero tra i cespugli.
Avrebbero potuto chiedere un passaggio, ma non volevano correre rischi. Non dopo quello che era successo.
L'auto passò velocemente, ma i due si mossero solo quando fu lontana.
Avevano percorso solo mezzo chilometro, quando s'imbatterono nuovamente nel veicolo. Una donna li aspettava appoggiata ad esso. Si guardava le unghie con aria annoiata.
Era alta, avvolta in un cappotto vintage beige e il volto era nascosto dai capelli corvini.
Jane si fermò, immobilizzata.
L'aveva riconosciuta: era la donna che stava minacciando Andrew insieme a Will.
«Kyle, corri» Bisbigliò.
I due indietreggiarono di qualche passo, poi si misero a correre.
Un colpo. Un pizzicore al polpaccio. Jane cadde a terra.
Sentì Kyle urlare il suo nome, poi un rumore simile a dei tacchi che battevano sull'asfalto.
«Ci incontriamo di nuovo, eh?».
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Under The Rain: Jane's story before falling (#wattys2017)
General Fiction«La parola "imbarazzante" non ti si addice. La parola "bella" invece è stata creata apposta per te». "E poi qualcosa scattò. Una rabbia, furia, talmente forte da farle dimenticare la paura. L'odio si impossessò di lei". La morte la perseguita, non...