E un giorno o l'altro
l'avrebbe salvata da
quell'inferno.Tutti si aspettavano che l'addestramento di Jane durasse almeno un anno.
Dopo un mese lei aveva già capito tutto.
Sapeva usare le armi, sapeva combattere: aveva un grande talento.
Questo divenne un problema.
Non per lei, ma per quelli che l'avevano sequestrata.
Pensavano di poterla in qualche modo tenere a bada, pensavano che sarebbe stato semplice.
E lo sembrò, fino a quel giorno...Pioveva, e quello non era un buon segno. La pioggia non lo era mai; Jane lo sapeva benissimo.
Ma non avrebbe aspettato ancora.
Quel giorno, quel maledetto giorno avrebbe usato ciò che quei maledetti le avevano insegnato. Sarebbe fuggita, non l'avrebbero mai più vista. Sarebbero morti tutti.
Tutti, ma non Kyle.
Per quanto la ragazza avesse imparato ad odiarlo non ce la faceva a immaginare di farlo saltare in aria. O di piantargli un pugnale nel petto. O trapassargli il cranio con una pallottola. Magari prenderlo a pugni sì, ma tutto il resto la riempiva di disgusto.
Quel mese era stato straziante.
Le avevano insegnato a essere una criminale. Le avevano insegnato ad essere quella che era, o quella che pensava di essere.
Avevano giocato con il fuoco.
Non si addestrava una ragazza propensa alla violenza. Non ricattandola. Non rapendola. Non ignorando la sua vera forza.
In quel mese si era presa tempo: aveva osservato la casa, gli abitanti (Anaïs e qualche altro della gang).
Conosceva a memoria ogni strada, sentiero, scorciatoia di quella zona di campagna ai piedi del monte Eboot.
Sarebbe scappata.
Inizialmente quando era arrivata era ancora troppo debole per farlo. Era inesperta: non sapeva dove fosse, con chi avesse a che fare. L'avrebbero riacciuffata subito.
Ora però era pronta.
Aveva ideato diversi piani, tanti per fare in modo di non essere colta alla sprovvista.
Ma l'imprevisto arrivò prima che un qualsiasi piano venisse attuato.
Era mattina, mancavano ancora un paio d'ore all'alba.
Jane era già sveglia, come al solito. Si stava vestendo quando qualcuno bussò piano alla porta.
Lei indossò una tunica di raso rosso che aveva lanciato sul letto da poco e andò ad aprire, convinta di trovare Almos -il suo addestratore- che aveva deciso di metterla alla prova, o qualcosa di simile.
Ma la ragazza non trovò quell'uomo corpulento dallo sguardo perennemente truce.
Trovò quel ragazzo dalla zazzera scura e dagli occhi chiari che l'aveva tradita.
Fu sul punto di chiudergli la porta in faccia, ma lui la fermò e si infilò nella stanza.
«Devo dirti una cosa».
«Wow, mi parli spontaneamente. Che emozione. Cosa c'è? Hai finito gli insulti?».
Lui sospirò e si chiuse la porta alle spalle.
«Io... Io non ce la faccio più. Devo dirti la verità».
Jane lo lasciò parlare, ma non sembrava lo ascoltasse. Si limitò a riordinare il letto.
«Tutte le cose che ti ho detto in questo ultimo mese... Ma intendo proprio tutte... Non le pensavo veramente» Iniziò il ragazzo. «Volevo che tu mi odiassi, in modo che non fossi più vincolata a me. Anche se io ero il tuo, diciamo così, punto debole: ora non lo sono più. L'ho fatto per questo...».
Lei non gli rispose e continuò a dargli le spalle.
Dentro di sé esplodeva di collera.
«Jane... Io l'ho fatto per te. Ma tu sei rimasta qui, ti sei fatta addestrare. Perché?».
La ragazza si voltò verso di lui.
«Perché?» Chiese con tono basso e tagliente.
«Perché se fossi fuggita prima sarebbe stato stupido.
Bisogna saperle le cose prima di agire.
Prima volevo scappare e basta, ma rischiavo di fallire. Di venire portata qui, ancora».
E che ti facessero del male.
Lo pensò, ma non lo disse.
«Quanto alle tue "scuse"... Valle a raccontare a qualcun'altro».
Kyle sospirò. Sapeva che non gli avrebbe creduto. Sapeva che sarebbe stato inutile parlarle.
In realtà però Jane gli credeva. Aveva sempre saputo il piano dell'amico. Beh, magari non sempre, ma aveva intuito i suoi pensieri.
Lo aveva capito dalla tenerezza con cui lui la guardava. E poi lo conosceva da troppo tempo: sapeva capire quando mentiva.
Inizialmente non voleva rivelarlo. Non voleva più condividere nulla con lui, nonostante tutto.
Ma quando lo vide voltarsi verso la porta e aprirla per andarsene venne avvolta da una sensazione di terrore. Terrore di perdere Kyle. E lei non lo voleva perdere.
«Aspetta!».
Con un balzo lo raggiunse e gli afferrò il polso con una presa leggera ma salda.
Lui si fermò e richiuse la porta, ma non si voltò.
«Sei proprio un idiota, lo sai?
Capisco sempre quando menti».
E gli rivelò tutto quello che aveva provato in quel mese.
Tutta la frustrazione, tutto l'odio. Ma anche tutta la gratitudine.
Alla fine lui si voltò verso di lei e sorrise. Sorrise veramente.
«Ora tocca a me confessarti una cosa».
Si chinò verso di lei e le scostò una ciocca di capelli dell'orecchio.
«Ti amo».
Non era mai successo, ma quella volta Jane divenne rossa quanto la tunica che indossava.
Ad un certo punto si sentì strana, in subbuglio.
Nessuno l'aveva mai amata. Beh, nessuno l'aveva mai amata in quel modo.
I suoi occhi incrociarono quelli di Kyle, che le mise le mani sui fianchi e la spinse piano verso il letto.
(Qui inizia una scena un po' spinta, ma non verrà descritto niente di troppo osceno.
Per i più sensibili: scorrete fino al testo in grassetto qui sotto).Si sentiva così a disagio: lei sotto, lui sdraiato su di lei.
Kyle le accarezzò il volto, poi posò le labbra su quelle morbide e fini della ragazza.
Poi le sue mani scesero lungo il corpo sinuoso di Jane, accarezzandone le curve e le grazie.
Lei inizialmente cercò di fermarlo, imbarazzata, ma lui la calmò.
«Tranquilla. Quando vorrai mi fermerò».
Quelle parole però la misero in crisi. Lei non riusciva a capire se ciò che Kyle le stava facendo le piacesse o meno.
La sensazione di imbarazzo e di smarrimento aumentò quando le mani del ragazzo si infilarono sotto la tunica, tracciando cerchi immaginari sulla pancia.
Solo allora la ragazza ricordò che non indossava il reggiseno.
Kyle se ne accorse quando sollevò lentamente l'indumento scarlatto, ma Jane non lo fermò quando le labbra del ragazzo si posarono sui suoi seni abbondanti.
Continuò così per un po': uno scambio disperato di baci e carezze.
Poi lei sentì Kyle che le abbassava le mutandine.
«No, Kyle, non...».
«Non è da te avere paura» Disse lui, la mano ancora ferma tra le cosce della ragazza.
«Non ho paura. È che... È così strano e imbarazzante...».
«La parola "imbarazzante" non ti si addice. La parola "bella" invece è stata creata apposta per te».
Lei arrossì ulteriormente.
Cacciò un urletto quando Kyle entrò in lei.
Gli affondò le unghie nella schiena nuda color caramello, mentre lui spingeva piano, per non farle male.
La ragazza era scossa dai brividi, non capiva se di freddo, o di piacere.
Il ragazzo aumentò lievemente la velocità e lei si lasciò andare a quella magnifica sensazione.
Dopotutto è normale. Pensò.
Le ragazze normali prima o poi lo fanno. Non è una cosa strana.
Finalmente l'imbarazzo la lasciò, permettendole di lasciarsi completamente dominare.
Kyle uscì in tempo da lei.
I due si sdraiarono ansimanti sul letto, i corpi nudi a contatto.
Lei: candida come il latte.
Lui: scuro come il caramello.(Fine scena spinta)
Rimasero così lungo. Si baciarono ancora.
Si presero il tempo che non avevano mai preso per dimostrare i loro veri sentimenti.
Quando il sole illuminò quel groviglio di corpi i due decisero che era ora di rivestirsi e di ricominciare a fingere.
Jane si alzò, indossò i solito vestiti (felpa, t-shirt, jeans e le inseparabili Dr. Martens). Stava finendo di allacciare gli anfibi, quando sollevò la testa.
«Kyle... Ho un piano per scappare».
Lui si avvicinò a lei e le schioccò un bacio sulla fronte.
«Spiegami tutto».
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Under The Rain: Jane's story before falling (#wattys2017)
General Fiction«La parola "imbarazzante" non ti si addice. La parola "bella" invece è stata creata apposta per te». "E poi qualcosa scattò. Una rabbia, furia, talmente forte da farle dimenticare la paura. L'odio si impossessò di lei". La morte la perseguita, non...