5. Non è Rose

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« Arrivederci, professore, grazie mille per il libro! Cercherò di riportarglielo il prima possibile! »

Charlie spalancò la porta dell'aula con violenza e per poco non colpì una ragazza che stava passando lungo il corridoio, guadagnandosi una serie di improperi piuttosto originali.
Il sorriso che aveva messo su per parlare con il professor Lawson era sparito ed ora Charlie camminava con la fronte aggrottata e le labbra serrate, nel tentativo di scacciare l'ondata di malumore che l'aveva investita subito dopo pranzo.
Ammise a se stessa che era stato piuttosto divertente vedere la faccia di Nate Palsh diventare tutta rossa nel momento in cui Marcus aveva annunciato il prezzo da pagare per riavere Dylan. Certo, si era sentita vagamente offesa quando Palsh aveva ribattuto con un secco "Non vedo perché dovrei fare una cosa tanto lontana dalla mia volontà" che aveva fatto sgranare gli occhi persino a Frank, tanto era stato sputato fuori con cattiveria, ma c'era d'aspettarselo, in fondo, visto il genere di rapporti che lei e lui erano soliti intrattenere.
La cosa che le aveva fatto più male, però, era venuta dopo, quando Marcus aveva ribattuto con malizia un "Benissimo, allora McDevin resta con noi" che aveva spinto Palsh a fare di nuovo quel suo sorrisetto arrogante, prima di girarsi verso Charlie ed esclamare a voce alta, in maniera che tutti potessero sentirlo: « Allora, Emiret, che ne diresti di avere un appuntamento con il sottoscritto? Ricordati, è un'offerta limitata valida solo per oggi, quindi potresti pentirtene amaramente, nel caso rinunciassi »
Charlie aveva sentito le proprie guance infiammarsi di vergogna e di rabbia di fronte alla noncuranza e alla non tanto velata cattiveria nascoste dietro alle parole del ragazzo e prima che potesse anche solo pensare di formulare una persona migliore gli aveva sputato un "Neanche per sbaglio, Palsh" prima di alzarsi ed andarsene via, il pranzo praticamente intatto e i libri che, nella fretta di afferrarli le si erano conficcati nello stomaco e l'avevano lasciata per qualche istante senza fiato.

Non che le importasse di Palsh e delle sue ridicole e umilianti scenette, no. Erano state più che altro quella frase, quella richiesta di uscire che l'avevano fatta sentire sola, stanca e frustrata: era passato un anno, ormai, da quando Gabriel le aveva chiesto di uscire per la prima volta e da allora nessuno le aveva più fatto una proposta simile- non direttamente, almeno.
Charlie si ricordava ancora il giorno in cui Gabriel l'aveva chiamata in mezzo ai corridoi, guidandola con delicatezza fino in cortile: l'aveva guardata con una dolcezza incredibile e lei aveva sentito il cuore battere furiosamente, mentre qualcosa, all'interno del suo stomaco, si contorceva tanto da farle rimpiangere la doppia porzione di patate presa a pranzo. Gabriel gliel'aveva domandato guardandola dritta negli occhi, con le guance leggermente imporporate e le labbra sospese in un muto sorriso e lei aveva accettato senza neanche stare a pensarci, beandosi per un istante del fatto che lui, proprio lui, proprio quel Gabriel, il futuro biologo incredibilmente bravo e studioso, il ragazzo perfetto, sempre educato e composto, le avesse chiesto di uscire arrivando addirittura ad arrossire.
Nessuno era più riuscito a far sentire Charlie così speciale, così coccolata come in quel momento, in cui tutto era rimasto sospeso in aria in un gioco di sguardi silenziosi.

La pagliacciata di Palsh, il suo tono sprezzante, la sua voce sarcastica e la sua espressione arrogante avevano lasciato una ferita terribilmente profonda all'interno della mente di Charlie, andando ad infierire là dove il ricordo di Gabriel ancora bruciava e doleva. Se Gabriel era stato delicato, gentile e accogliente, Palsh era stato duro, crudele e del tutto noncurante della persona che si era trovato davanti e Charlie si era definitivamente resa conto di quanto le cose fossero definitivamente cambiate, di come tutto ciò che aveva conosciuto fino ad allora fosse ormai andato in mille pezzi.

Charlie intravide il proprio riflesso sul vetro dell'aula di Informatica e non si stupì troppo del proprio aspetto scompigliato e improponibile: aveva le guance chiazzate di rosso, mentre sotto i suoi occhi andava formandosi un alone nero di mascara sciolto. I capelli erano legati in maniera affrettata e la coda pendeva sbilenca verso destra, conferendole l'aria di una gattara svampita. Non che avesse qualcosa contro le gattare, si ritrovò a pensare Charlie, solo che non erano esattamente il suo ideale di bellezza, ecco.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 24, 2017 ⏰

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