Seconda Manche

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ULISSE-1

FANTASCIENZA (soft)

"Colui che non è in grado di darsi conto di tremila anni rimane al buio e vive alla giornata."

J. W. GOETHE

Anno 4629 d.C.

In duemila anni la popolazione della Terra è decuplicata e le materie prime che erano presenti sul pianeta non sono più sufficienti al suo sostentamento. L'uomo ha iniziato una veloce conquista dell'Universo: scoperti altri sistemi solari oltre a quello della Terra, ha colonizzato i pianeti simili ad essa e dagli altri ha ricavato materiali utili alla vita. Una vita molto diversa da quella di duemila anni fa –ma l'uomo continua a guardare avanti, dimenticando cosa c'è stato prima e cosa lo circonda adesso. L'uomo scopre, conquista, distrugge.

Le cose non sono cambiate poi così tanto.


Charles appoggiò l'indice sullo schermo del suo bracciale digitale. La piattaforma bianca e lucida su cui si trovava emise un freddo beep e si illuminò. Si staccò da una lunga fila di lastre simili e Charles ne prese il controllo. La placca precedente e quella successiva si unirono e il flyingwalk riprese a correre attraverso il cielo, unendosi alle numerosissime braccia candide che avvolgevano la Colonia.

La piastra luminescente, le cui estremità curvavano verso il basso, oltrepassò i mille piani di una Torre abitata e raggiunse i ruderi di una strada. Charles frenò a un pelo dal suolo e scese a terra. Ebbe un brivido. Da quanto tempo non entrava in contatto con qualcosa di ruvido e irregolare?

Accese la tuta bianca e illuminò l'ambiente circostante. Davanti a lui c'era un quadrato bianco sporco, a cui erano attaccati dei frammenti di vetro. Dietro di esso, un ambiente angusto e poco illuminato, occupato quasi del tutto da grosse scatole bianche di metallo, i cui bocchettoni rotondi giravano lentamente di fronte a Charles.

Seduto su una vecchia panchina arrugginita, con gli occhi chiusi e la bocca semiaperta, c'era un uomo.

-Generale,- disse Charles, portandosi la mano tesa alla fronte.

-Buongiorno, colonnello. Può darmi del 'tu', se preferisce.

Charles annuì.

-Anche tu.

Per qualche minuto, i due rimasero in silenzio. Charles non sapeva da che parte cominciare la conversazione, rendendosi conto che non sarebbe stata affatto piacevole.

-Ero certo di trovarti qui,- disse, spostando con cautela i resti della porta e richiudendola dietro di sé. Alcuni frammenti di vetro sporco caddero sul pavimento e si infransero senza far rumore. Il continuo rullare dei marciapiedi mobili aveva lasciato il posto al rumore infernale degli scatoloni di latta.

L'uomo sulla panchina aprì gli occhi e li spostò su Charles. Si alzò in piedi e tolse la polvere argentea che si era posata sui suoi vecchi jeans e sulla camicia consunta.

-Io sono piuttosto sorpreso. Non è da te venire così in basso.

Charles rise.

-Vorrei parlarti in privato. Ho pensato che fosse il posto adatto.

-Ci vengo spesso, sai,- disse l'uomo, guardando le pareti ammuffite con occhi lucidi.

-Cos'è?

-Una... lavanderia. Credo abbia più di mille anni, ma è ancora in funzione.

-Perché vieni qui?

-È uno dei pochi posti in cui ci sia ancora privacy.

-Amico mio... Eric! Io e te abbiamo concetti diversi di privacy.

 Il Mercante di Storie (TWWG2017)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora