Capitolo 3

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"Una bimba destinata."

Gertrude era la secondogenita di una delle famiglie più nobili e potenti di Monza. Purtroppo il suo crudele destino era segnato fin dal suo concepimento, benché in famiglie così importanti il patrimonio spettasse sempre al primogenito, invece al resto dei figli toccava la vita spirituale. Gertrude ebbe la sfortuna di non essere la prima figlia. Fin da piccola fu abituata ad un'educazione rigida come quella del Convento, e la piccola si domandava spesso il perché non potesse giocare liberamente come tutte le altre bambine della sua età. Infondo...cosa può mai sognare una fanciullina di 7 anni? Giocare, divertirsi, godersi i teneri anni! E sfortunatamente alla povera Gertrude non era permesso tutto ciò.
La chiudevano in casa, a dire il rosario ed imparare le preghiere in latino...e se la sciagurata si lamentava, bastava un tono di voce più alto per zittirla. I genitori le insegnavano rigidamente le buone maniere, e non manifestavano alcuna forma di affetto nei confronti della figlioletta, ed ella ne soffriva molto per quell'affetto mancato che vedeva felicemente dimostrarsi nei confronti del fratello più grande, colui che avrebbe ereditato il patrimonio.
Un giorno la piccola Gertrude, stufa di essere educata in quel modo, decise di parlare con il padre. La bimba si trovò davanti la porta del Conte, deglutì e si mise in punta di piedi bussando cautamente alla porta.
Il Conte non rispose, al che la bimba bussò più forte, e finalmente ricevette risposta.
-"Chi è?" Domandò il padre.
-"Padre, sono io!" Affermò la figlia quasi con entusiasmo.
-"Ah, sei tu." Ribattè con tono diverso l'uomo con una leggera rigidità, che terrorizzava Gertrude.
-"P-potrei entrare?.." balbettò la bimba giocherellando con le mani leggermente sudate.
Ad un tratto udì dalla camera una sedia strusciarsi per terra e dei passi leggeri avvicinarsi sempre di più, tanto da farla indietreggiare. A quel punto il Conte aprì la porta guardando la figlia freddamente. Gertrude alzò lo sguardo verso di lui accennando un sorriso cordiale, rivolgendogli un profondo inchino.
-"Non c'è bisogno di rendersi così ridicoli, figlia." disse il nobile per poi scuotere la testa.
-"Cosa ti porta qui?" Replicò.
La bambina si ricompose aggiustandosi il lungo vestito di velluto bordeaux, a momenti più grande di lei.
-"Vedete padre...i-io..." cercò di parlare per poi abbassare lo sguardo.
-"Cosa c'è, Gertrude? Hai perso improvvisamente la voglia di parlare?"
-"N-no..è che..." il tono della bimba divenne leggermente impaurito, al che il padre si chinò verso di lei spostandole qualche ciocca di capelli dal viso.
-"Hai paura di me? Di tuo padre?" chiese l'uomo senza alcuna emozione dentro quelle parole.
-"N-no!" Affermò subito la bambina come per rassicurarlo. -"Assolutamente no padre! Volevo solo chiedervi se...è possibile..." si bloccò nuovamente.
-"Possibile cosa?"
-"E-ecco.."
-"Oh avanti, parla! Non ho così tanto tempo per te ...lo sai! E poi non dovresti essere qui, ma a dire le tue preghiere!"
Non appena Gertrude sentì la parola 'preghiere', un brivido le percosse la schiena, per poi sgranare leggermente gli occhi. A quel punto sbottò: -"Vorrei avere un giocattolo!"
Rendendosi conto del modo poco tranquillo in cui lo aveva detto, aggiunse un 'per favore' e successivamente un sorriso.

Una bimba chiamata Signora.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora