Capitolo 17

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Lowell si svegliò di soprassalto. Ansimava ed era sudato, l'incubo si era fatto strada nella sua mente, si era insinuato nei suoi sogni. Aveva visto Dio giudicarlo per ciò che aveva fatto. Si guardò accanto e vide Andrew, sdraiato e nudo, proprio come lui, proprio come due bambini appena nati, proprio come apparivano agli occhi del Signore. E avrebbe mentito se avesse detto che ciò che era accaduto non solo gli era piaciuto, ma l'aveva estasiato, l'aveva coinvolto, si era sentito giusto e non contro natura. Ma era durato un momento, giusto il tempo di compiere il peccato. Chiuse gli occhi e riuscì a fermare una lacrima. Come poteva essere corretto che qualcuno soffrisse così tanto? Come poteva Dio voler una cosa del genere? Andrew si svegliò, notando il suo disagio.

«Tutto bene?» chiese, stiracchiandosi. Lowell sospirò e fu colto da un tremore improvviso. Andrew si preoccupò, così alzò la schiena dal materasso e lo guardò a fondo.

«Non sarebbe mai dovuto succedere,» rispose il corvino con un filo di voce. Andy si passò una mano tra i capelli e si alzò dal letto, tendendo una mano all'altro. Lowell non ci pensò su due volte e l'afferrò. Sapeva di potersi fidare di lui. Andrew lo portò in cucina, dove gli fece un caffè e glielo porse, sorridente. Lowell lo bevve tutto.

«Lupetto, non posso dirti cosa sia giusto o sbagliato, ma posso dirti che non mi pentirò mai di questo pomeriggio. E credo che se non ritornerai all'Institute ti daranno per disperso,» disse Andrew. Lowell annuì. Aveva ragione, sarebbe dovuto ritornare. Si era appisolato dopo aver giaciuto col biondo ed era ormai sera. Sperava che Jason fosse riuscito a coprirlo come Jonathan aveva sempre fatto con Darin. Andrew lo aiutò a rivestirsi, poi lo salutò con un bacio dolce. Lowell si godette quel contatto appieno, poi uscì dall'appartamento del biondo. In mezz'ora tra mezzi e camminate fu all'Institute. Erano le nove in punto e lui riuscì a non farsi vedere mentre rientrava in accademia. Salì le scale in pietra e spalancò la porta della sua stanza, richiudendosela alle spalle. Dean lo guardò con un sorriso compiaciuto.

«Quindi?» chiese il coinquilino. Lowell rimase inespressivo, poi si gettò sul proprio letto.

«Quindi niente,» rispose secco il corvino. Dean spalancò la bocca e fece un urletto. Lowell si leccò le labbra e non riuscì a non sorridere.

«L'avete fatto! E chi è stato sopra?» riprovò Dean. Low arrossì e abbassò lo sguardò.

«Andrew,» confessò. L'altro scoppiò a ridere, ma notò il disagio sul volto dell'amico. E non era dovuto alla delicatezza della discussione, bensì a qualcos'altro. Così, Dean si alzò e si sedette sul letto di Low, poi gli afferrò il braccio e lo strinse.

«Cosa c'è?» domandò. Lowell deglutì e gli occhi si fecero improvvisamente liquidi. Come rispondere a quella domanda? Si sentiva sbagliato. Si sentiva in errore. Sentiva di essere sporco. Sporco come il Demonio, come chi non merita l'amore di Dio. Tutte le belle parole, i pensieri, le decisioni che aveva preso per arrivare a quel momento non esistevano più. C'erano solo lui e il suo rimorso, c'erano lui e la sua terribile sensazione di vuoto nello stomaco.

«Non avrei mai dovuto farlo, Dean. Ho peccato,» rispose brevemente al compagno. Questi scosse la testa e Lowell notò come le ferite inflitte da Jonathan fossero decisamente più dure del solito. Aveva parte della faccia rossa, ancora sanguinante. Gli si strinse il cuore nel vederlo così e le lacrime cominciarono a scendere copiose sulle guance pallide. Si alzò e tirò su anche Dean, poi lo abbracciò stretto come mai aveva fatto.

«Scusa Dean. Scusa se per colpa mia ti è capitato tutto questo, scusa se sono l'amico peggiore del mondo, scusa se stai soffrendo perché mi sono avvicinato a te. Scusa se non sono stato in grado di proteggerti,» disse Low, inondato dalle lacrime. Dean si limitò a sorridere e ricambiare quella ferrea stretta.

«Tu sei il miglior amico del mondo, Lowell. Sei gentile, sei tenero, sei premuroso. Non sei perfetto, ma chi lo è? Sei semplicemente tu, e sei una delle cose migliori che mi sia mai capitata. Non troverò mai più un amico come te,» chiarì alla fine. Low lo lasciò e gli sorrise, il volto dilaniato dalla sofferenza interna che provava.

«Credo che andrò a confessarmi,» ammise. Dean spalancò gli occhi e scosse con decisione il capo.

«A che pro? Per farti giudicare ancor di più? Per permettere al Prete di farti soffrire? Per raccontare a Dio ciò che già sa?» chiese il moro, afferrando le braccia di Low per tenerlo fermo. Questi si asciugò le lacrime dalle guance e si ricompose.

«La remissione dei peccati, Dean. La confessione è l'unica cosa che mi farà sentire meno sporco di così,» sancì Lowell. Dean scuoteva ancora la testa, deciso nel volerlo convincere a non farlo.

«Lowell, ti prego, non pensarci nemmeno. Riceverai solo un giudizio negativo, a cosa potrà mai servirti?» domandò esasperato il ragazzo. Low non lo stava a sentire, stava frugando nel borsone da campeggio. Poi, sollevò un coltello pieghevole con una lama consistente, quasi cinque dita. Dean spalancò gli occhi.

«Riceverò il giudizio che mi merito. E se non sarò abbastanza forte da sopportarlo, me ne andrò con lui. L'inferno mi aspetta, Dean. Non merito la vita.» Dean gli tirò uno schiaffo, poi agitò la mano dolorante. Lowell serrò la mascella e si toccò la guancia colpita, ma sapeva di meritare quel gesto.

«Vengo con te,» ordinò poi il coinquilino. Non poteva legarlo al letto, ma avrebbe impedito che lui si confessasse da solo. Gli sarebbe stato accanto. Low, però, sorrise e chiuse gli occhi. Che quello schiaffo l'avesse fatto rinsavire?

«Hai ragione, confessarmi non servirà a nulla,» annunciò. Si divincolò dalla stretta di Dean e si sedette sul letto, con lo sguardo fisso a terra. Sembrava aver compreso, sembrava essere tornato lucido. Aveva passato il momento duro, il momento che l'aveva catapultato nella realtà, e si era ripreso.

«Dormi, riposa, e domani sarai completamente rinsavito,» disse Dean. Lowell annuì, non fece nemmeno lo sforzo di cambiarsi. Sollevò le coperte, si infilò sotto di esse e chiuse gli occhi. Dean lo fissò per qualche minuto, per poi spegnere la luce e imitarlo. Erano circa le undici quando il moro si risvegliò e notò il letto accanto al suo vuoto. L'aveva preso in giro, aveva finto di dormire e poi era fuggito. Si sarebbe confessato, avrebbe lasciato che un Prete decidesse della sua vita. Dean non l'avrebbe mai permesso. Si scoprì, si vestì e uscì di nascosto dalla stanza. Avrebbe fermato Lowell ad ogni costo.

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