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Will dato lo stupore fece un saltello finendo seduta per terra, possibile che fosse stato lui a chiamare? In tutta risposta il coniglio bianco fece un balzo che lo portò dall'altra parte del corso d'acqua e si cimentò in un goffo e frettoloso inchino mormorando con il fiatone «è tardi, è tremendamente tardi Alice, ti ho cercata dappertutto, ora vieni dobbiamo andare, seguimi» detto questo l'esserino tirò fuori dal panciotto un orologio da taschino, anch'esso su misura, e iniziò a mormorare trafelato «è tardi, è tardi...» in quel momento (anche se apparentemente fuori luogo in quella bizzarra situazione) le affiorò alla mente l'immagine di suo padre che, ogni volta che fosse in ritardo, spalancava gli occhi per poi precipitarsi alla porta e si domandò se anche lui, in cuor suo, si sentisse come quel coniglietto frettoloso.

Will si voltò osservandolo allontanarsi, se fosse stato un sogno non avrebbe saputo dirlo, ma era certa che sogno o no avrebbe seguito quel coniglio, e ormai era troppo curiosa per dirgli di non chiamarsi Alice.
Il piccoletto si diresse a perdi fiato all'albero dove si trovava la zia, a quel punto Will lo chiamò cercando di farlo rallentare, se l'avesse visto addio avventura «signor coniglio aspetti, non può farsi vedere» troppo tardi ormai erano giunti a pochi passi all'albero; Will tirò un sospiro di sollievo, per fortuna la zia si era addormentata, chissà magari anche lei si annoiava a forza di rileggere sempre le stesse poesie.
Girarono intorno al tronco della pianta e mentre gli correva dietro vide il roditore saltare dentro ad un buco alla base dell'albero, dopo averle fatto cenno di seguirlo, che strano, non l'aveva mai notato prima.
Il tunnel sembrava essere parte della pianta stessa come se il tronco si svuotasse per arricciarsi a formare le pareti interne quasi fosse cavo «che buffo» mormorò la giovane affacciandosi curiosa a quella che sembrava una tana, ma dovette presto ricredersi dato che più che una tana sembrava una voragine, infatti all'altezza di dove avrebbe dovuto trovarsi il suolo, si apriva un buco appena illuminato dalla luce del sole; a quel punto non sapeva più cosa pensare, era davvero pazza come sosteneva la zia e le sue fantasie si stavano trasformando in allucinazioni? Da li fu un secondo, un vento fortissimo, giunto da chissà dove, la colpì facendole perdere l'equilibrio e scaraventandola all'interno della pianta.


Intanto a sottomondo...
La regina era impaziente, per quale ragione una donna del suo calibro avrebbe dovuto attendere tanto? Finalmente il ciambellano apparve dalla porta dorata della sala del trono «oh mia regina, oggi i v-vostri occhi hanno una l-luce davvero meravigl-gliosa» farfugliò ruffiano mentre avanzava tra un inchino e l'altro, seguito da due sagome più tonde che alte, i due erano agghindati con abiti rossi e bianchi inusuali e cappelli da giullare con attaccati dei grossi campanelli che scandivano il ritmo loro passi. Giunti davanti all'enorme trono anch'esso dorato e con decorazioni di raso e rubini rigorosamente rossi, i nuovi arrivati sprofondarono in un inchino, e il ciambellano riprese la parola «mia regina, v-v-vostra
grazz-zia, le p-presento i nuovi giullari d-di corte, potranno venire ad intrattenerla in qualunque momento desideriate» concluse tutto d'un fiato il ciambellano, e i due alla sue spalle  fecero un altro inchino.

La figura sul trono era avvolta da un lungo vestito rosso a sirena con uno spacco sul lato, che portava complicati decori d'oro con pizzi e merletti neri raffiguranti i semi delle carte; I capelli lunghi e neri le ricadevano sulle spalle in morbidi boccoli ad incorniciarle un volto allungato con due grandi occhi attenti e labbra rosse e sottili poste in un espressione severa.

«Allora ciambellano, spero che tu abbia una spiegazione valida per avermi fatto attendere tanto...» questi cercò di spiegarsi nel modo piu rapido e scorrevole possibile «è-è che non erano pronti i costumi e-e non sono riusc-scito a fare p-prima,
p-perdonatemi v-v»
«v-v b-b-b-blablablabla ... oh che dovrei fare con te ciambellano? speriamo che almeno ne sia valsa la pena, giusto? Altrimenti mi toccherà sostituirti, sai com'è non é una faccenda personale, sono solo... affari» concluse la regina con un sorrisetto subdolo sulle labbra; a quelle parole il poveretto sbiancò, era ovvio che nel caso di un licenziamento la "strega" non si sarebbe trattenuta dal fargli tagliare la testa, infondo era ormai consuetudine che, una volta a settimana come minimo, tra le mura del grande castello della regina rossa venisse celebrata un'esecuzione; infatti ogni qualvolta quella piccoletta viziata avesse fatto un capriccio o non fosse stata soddisfatta, il malcapitato sarebbe finito alla gogna.
«che aspetti ciambellano? Mostrami ciò che hai portato» e a quelle parole l'uomo lasciò il centro della stanza libero per la rappresentazione dei due pagliacci, pregando per la propria vita.
I due sprofondarono nell'ennesimo inchino, ma nell'atto uno si sbilanciò cadendo addosso al compagno, che rispose con uno spintone facendo cadere il primo a terra e perdendo a sua volta l'equilibrio; così iniziarono a litigare rotolando uno sopra l'altro, nel goffo tentativo di sopraffarsi a vicenda.

Il povero ciambellano si battè una mano sulla fronte, che razza di incapaci, come aveva potuto essere così stolto da affidare la propria salvezza a quei giullari falliti in partenza? Si voltò verso la regina, si sarebbe aspettato un espressione annoiata nel migliore dei casi, ma si stupì nell'intravvedere un sorrisetto comparire sul volto della donna, come se godesse nel vedere quei due sciocchi litigare. La regina tossicchió richiamando l'attenzione dei due che si ricomposero goffamente, «io sono Pincopanco» disse il primo «e io sono Pancopinco» mormorò l'altro, porgendo un ampio sorriso alla regina, ma cambiò improvvisamente espressione e si girò verso il fratello «ma aspetta, avevi detto che io sarei stato Pincopanco, perché ora sono Pancopinco?» domandò in tono di protesta «no abbiamo detto che io sarei stato Pincopanco e tu Pancopinco» cercò di tagliare corto l'altro voltandosi nuovamente verso la donna, ma fu strattonato dal compagno che lo obbligò a voltarsi nuovamente «quindi io sono te ma all'opposto...» mormorò pensoso «beh» rispose l'altro «si, quindi io sono te ma al contrario e viceversa dell'opposto » e annuì convinto.
Così, dopo quella scombinata e insolita discussione, entrambi annuirono e si voltarono verso la regina inchinandosi ed esultando in coro «io sono Pancopinco e lui è Pincopanco» ma la pace fu dura a resistere, dato che nuovamente uno dei due si voltò verso l'altro esclamando imbronciato «hei! Ma hai detto che io sarei stato Pancopinco».

Probabilmente sarebbe stato l'inizio di un circolo vizioso, ma vennero interrotti dalla porta che risuonò sotto i colpi di qualcuno intento a bussare con eccessiva foga; la regina fece cenno al ciambellano di aprire, così un uomo alto e tutto trafelato si gettò in ginocchio davanti al trono, questi era coperto con un elmo rosso e con un armatura a forma di carta da gioco con un quattro al centro e degli enormi cuori vermiglio agli angoli, simbolo della sua sovrana, la regina di cuori, la stessa donna che ora lo osservava attenta e fremente sul trono.
L'uomo iniziò a parlare ma la donna lo interruppe con un gesto della mano e ordinò al ciambellano di uscire. «Allora, novità dal fronte?» chiese impaziente
«si mia regina, ora anche il boscosenzatempo è sotto il vostro dominio, ancora una settimana e avrà riconquistato l'intero territorio ribelle»;
la sovrana sorrise compiaciuta, e si sollevò dal trono per misurare a grandi passi la parte rialzata della stanza, dove si trovava la sua imponente sedia.
«Se pensano di sottrarmi il potere, mio di diritto per giunta, si sbagliano ,tsh! I ribelli, solo feccia troppo spaventata anche solo per difendersi, ma abbastanza ignorante da provare ad assaltare il potere. Io ho il diritto di sedere su questo trono, sono stata posta a capo di un glorioso esercito e del mondo dal destino, divino e intoccabile, e se è contro a questo che si vogliono schierare i ribelli, beh si accomodino, io ho il fato stesso ad assistermi».
E così dicendo si affacciò alla finestra, i vetri colorati a formare un mosaico raffigurante un cuore anatomico con una rosa al centro; osservando il proprio giardino sollevò lentamente lo sguardo e superando le mura si concentrò stizzita sull'orizzonte «ci provino, e io farò tagliare loro la testa, in fondo se non ti amano, l'obbedienza si può ottenere anche dalla paura, nessuno si può opporre al potere della regina di cuori! ».
Dopo ciò il cavaliere di congedò con un profondo inchino e si chiuse la porta alle spalle.

Rose si lasciò cadere sulla lussuosa poltrona, simbolo del suo potere, e riflettè tamburellando con le unghie sul bracciolo; li avrebbe puniti, uno a uno, li avrebbe giustiziati, anche con le sue mani se necessario, aveva perso troppo proprio per quella gente per rinunciare al potere, neanche la voragine di odio, che ormai l'aveva inghiottita da tempo, la poteva più distrarre dal suo obbiettivo.
Il potere sarebbe stato l'unica cosa che nessuno avrebbe potuto toglierle, e quando l'avesse raggiunto nella sua totalità sarebbe stato finalmente tutto come prima, tutto perfetto .

Alice sotto sopraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora