•CAPITOLO 7

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Alice's POV

Alla fine ero riuscita a convincere Raffaella che sarei tornata al mio albergo. Non era decisamente il caso di restare da loro. Non mi sarei sentita a mio agio.

Sembrò capire la situazione e non mi forzò ulteriormente.

In quel momento mi trovavo, ancora una volta, nella cucina di casa Marcuzzo. Ero seduta su uno sgabello, davanti al bancone, tipico delle cucine in stile americano.

Raffaella era intenta ad estrarre con delle presine, una torta dal forno. Aveva l'aria invitante ed emanava un profumo da far venire l'acquolina in bocca.

Io avevo la testa altrove. Tutti erano usciti e noi eravamo rimaste sole.

Riccardo aveva dimenticato una cosa in studio di registrazione e se n'era andato quasi subito dopo pranzo. Luca aveva accompagnato la Franci al centro commerciale e poi era andato in ospedale. Stefano aveva invece un appuntamento di lavoro.

Io pensavo e ripensavo alle parole di mia madre, o meglio Cristina, di quella mattina. Ultimamente rimuginavo spesso sulle cose, era diventata quasi una malsana abitudine.

Com'era possibile tenere per sé una cosa tanto importante, per tutto questo tempo?

Era profondamente sbagliato e ingiusto nei miei confronti. Meritavo di sapere la verità, o forse no?

Dopo tutti quegli anni passati a sentirmi sbagliata, fuori posto in quella famiglia, meritavo almeno che mi evitassero quest'altra sofferenza.

Tirai su con il naso, e non mi accorsi dei miei occhi ormai lucidi.

«Ehi tesoro, va tutto bene?» Raffaella si accomodò di fronte a me, allungando una mano per accarezzarmi dolcemente un braccio.

Battei le palpebre un paio di volte per scacciare le lacrime imminenti.

«Si, scusami... ultimamente mi succede spesso, dev'essere un'allergia.»

Mi lanciò uno sguardo eloquente, segno che non aveva creduto a una singola parola. «Alice, sei come una quarta figlia per me. Tutti noi ti vogliamo un gran bene, non hai alcun bisogno di mentire. Puoi parlarmi di qualsiasi cosa, senza timore. Non sono nessuno per giudicare, e non lo farei mai. Perciò se c'è qualcosa che ti fa soffrire e di cui vuoi parlare, sono qui. Sono qui per te, come lo sono per Riki, Luca e Francesca quando hanno bisogno di me.»

Mormorai un «Grazie.» quasi tra me e me. Ero veramente grata a quella donna estremamente sensibile e intelligente che mi trovavo davanti. Era riuscita a farmi sentire più a casa lei in quei pochi mesi che avevo trascorso insieme a loro tre anni fa, che la mia famiglia in tutti questi anni.

«È solo la mia famiglia, è complicato.» le sorrisi e cercai di chiudere l'argomento, pensando che in quel modo avrebbe compreso il mio tentativo di non parlarne.

«Ogni famiglia ha i suoi guai.» ridacchiò. «Vedrai che si risolverà tutto, tesoro.»

Annuii con la testa e le mi voltò le spalle, estraendo un piattino di ceramica gialla dalla credenza.

«Ti va una fetta di torta? Ai miei figli i dolci fanno sempre tornare il buonumore.»

«Certo, grazie.» tagliò una fetta, posandola delicatamente sul piattino, allungandomela poi insieme ad una forchetta.

In quel momento la porta si spalancò, e qualcuno piombò in salotto.

Riconobbi quel profumo. Un mix di dopobarba da uomo e lavanda.

Riki entrò in cucina con ancora la giacca addosso.

«Ciao!» salutò, togliendosi poi la giacca e gettandola sul divano.

Forward. |Riccardo Marcuzzo|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora