•CAPITOLO 10

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Alice's POV

Il giorno della verità era arrivato. Io e Riki avevamo preso un volo per Bologna questa mattina ed eravamo atterrati da poco. Nelle ultime due settimane ci eravamo sentiti spesso e quasi mi sembrava di essere tornata ai tempi di Amici, quando trascorrevano insieme quasi ogni momento libero della giornata. Mi ero promessa però di non fantasticarci troppo su visto che fino a prova contraria lui aveva ancora una fidanzata bellissima che lo aspettava nel loro attico a Milano.

Saremmo rimasti a Bologna soltanto due giorni, il tempo di scovare le informazioni che cercavo sulla mia madre biologica, quindi avevo prenotato una camera in un hotel. Non mi andava di dormire nella mia vecchia casa. Non veniva aperta da parecchio tempo, siccome Cristina era internata in clinica e Simo ormai si era stabilito in modo permanente a Roma, a casa di Giulia. Inoltre troppi ricordi mi avrebbe incasinato la testa.

«Ehi tutto bene?» mi chiese Riki vedendomi con la testa altrove e lo sguardo vacuo.

«Ehm si certo. Stavo solo pensando...» mi grattai la nuca, poi voltai lo sguardo prima a destra e poi a sinistra per attraversare sulle strisce. «Per raggiungere l'ospedale dovremmo prendere un taxi credo... oppure l'autobus.» mi morsi il labbro inferiore pensierosa sul da farsi.

«Meglio un taxi, arriveremo prima.» disse lui avvicinandosi di poco. Mi sfiorò involontariamente il fianco con il dorso della mano, facendomi formicolare la pelle al suo passaggio.

«Giusto.» concordai.

Il taxi arrivò da li a poco e ci lasciò proprio di fronte all'ingresso dell'ospedale.

Le porte scorrevoli si aprirono in automatico al nostro passaggio. Un forte odore di disinfettante mi penetrò nelle narici e mi fece storcere il naso. Riki lo notò e ridacchiò sotto i baffi, guadagnandosi da me uno schiaffo sulla spalla.

La reception era praticamente deserta. Solo una signora sulla cinquantina se ne stava lì ad osservare lo schermo di un vecchio pc.

Iniziai ad incamminarmi verso di lei, quando vidi Riki fare lo stesso. Mi voltai posandogli una mano sul petto. «Aspetta.»

Mi guardò interrogativo, aggrottando le sopracciglia. «Perché?»

«Devo provare da sola, Riki. Se non funziona potrai aiutarmi ma fino ad allora devo essere io a parlarci, ok?» lo ammonii con lo sguardo quando vidi la sua espressione contrariata.

«Ali so che preferisci fare tutto da sola, sei testarda, e non chiedi mai l'aiuto di nessuno, a meno che non sia strettamente necessario, ma io sono qui per aiutarti!»

«Lo so e sarò per sempre in debito con te per questo, ma ti prego devo provarci da sola...» lo pregai.

Sospirò, afferrandomi entrambe le mani e fissando i suoi occhi nei miei. «Okay, ma se hai bisogno di me...» non lo lasciai finire.

«Lo so, non preoccuparti.» Lui annuì lentamente continuando a guardarmi.

Dopo qualche secondo persa nei suoi profondi occhi color dell'oceano, mi schiarii la voce e distolsi lo sguardo.

Presi un respiro profondo e con le ginocchia che quasi tremavano mi avvicinai al bancone del ricevimento.

«Salve.» salutai attirando l'attenzione della donna, che si rivolse a me.

«Buongiorno, come posso aiutarla?» aveva la stessa voce della donna al telefono di qualche settimana prima.

«Sto cercando informazioni su una persona, potrebbe aiutarmi? Una donna sui quarantacinque anni ricoverata in questo ospedale nel 93. Ha dato alla luce una bambina, dopo essere stata trasportata qui a causa di un incidente.»

Forward. |Riccardo Marcuzzo|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora