{4} Quel giorno ormai lontano

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Barone

BAM

il rumore era sempre più forte.L'avrebbero buttata giù.

BAM

-Bianca, ho paura..-

BAM

-shh, ti sentiranno-

BAM

-per quanto dovremmo stare chiusi qui dentro?-

BAM

-fino a quando mamma non ci verrà a chiamare, ma ora stai zitto!-

ci fu un altro colpo e poi, il silenzio.

-Bianca...che succede? Perchè hanno smesso?-

-shh, vado a controllare.- si alzò dal nascondiglio e afferò la maniglia. Mi guardò negli occhi un ultima volta
-torno subito mio soldatino-

Rimasi lì. In attesa.Non sentii nulla. Non un rumore. Non una voce.

Poi però venne. Un grido disumano che chiedeva pietà. Cominciai a piangere piano. Lacrime calde mi rigavano il volto. Sapevo a chi apparteneva quella voce. Mia madre. Udii uno sparo, delle risate. Un altro urlo.

Gemetti piano,singhiozzai, piagnucolai. Non volevo essere scoperto da quelle persone. Avevo paura dei demoni, sapevo che mi attendevano aldilà di quella porta, in attesa che uscissi allo scoperto.
Gridi di pietà.
Una voce maschile urlò agonizzante. Continuai a piangere. Non volevo sentire.  Spari.
Poi il silenzio.
Non una voce.
Solo il silenzio.
Quel silenzio che significa
morte.
Massacro.

Sembrarono passare anni. Poi mi decisi a uscire dalla mia tana. Mi alzai piano, stropicciandomi gli occhi, rimuovendo le lacrime.
Facendomi coraggio aprii la maniglia che conduceva dal ripostiglio della baracca, alla sala principale. Lanciai un grido. Poi pentendomi portai le mani ossute alla bocca. Altre lacrime scesero. Non si riusciva a distinguere il pavimento dalla quantità disumana di sangue presente. Corsi in giro sulle mie gambette urlando il nome di mia mamma, del mio papà.
Di mia sorella.

Con un urlo riconobbi il corpo di mia madre. mi inginocchiai accanto a lei, piangendo e ,accarezzando il suo viso,  mi macchiai di rosso vivo.
-mamma?-
gli occhi erano aperti e guardavano verso il soffitto. La bocca spalancata, un urlo lasciato a metà. Il petto perforato da numerosi colpi. Le gambe e le braccia turgide di sangue. Il volto ricoperto da numerosi graffi.
Mi alzai, presi uno straccio li vicino e le coprii il corpo, lasciandoli prima un lieve bacio sulla guancia.
-ciao mamma...-
Mi diressi verso la porta. Non volevo mettermi a urlare il nome di mio padre e di mia sorella, sapevo che non avrebbero risposto. Sapevo che erano morti.

La strada era calda e umidiccia sotto i miei piedi scalzi. Cominciai a girare a vuoto. Senza meta. Senza scopo. Solo per il puro piacere di passeggiare. Per il volere,e il dovere,dimenticare. I miei vestiti consunti e sporchi di sangue attirarono l'attenzione di numerose donne, le quali mi guardavano e mi additavano, sussurrando cose come "povero bimbo" oppure"che vestiti sporchi che ha, povero piccino, guarda, non ha neanche delle scarpe" o quelli che mi ferivano più nel profondo come "sua madre, deve essere una prostituta, guarda com'è conciato!". Nonostante i commenti, buoni o cattivi che fossero,nessuno si degnava di soccorrermi, di aiutarmi. O anche solamente di avvicinarmi, per stringermi in un forte abbraccio. Un abbraccio. Solo di quello avevo bisogno.

Non di vestiti.

Non di un paio di scarpe.

Avevo bisogno di un abbraccio. E di riavere indietro la mia famiglia. Distrutta dall'avidità degli umani.

Smooth Criminal - SolangeloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora