Giugno

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Mi sveglio spaventata dal rumore della zanzariera che si apre all'improvviso per via del vento.

Cavolo, sono le 14.30 e non ho voglia di andare al lavoro, né di alzarmi da questo divano.

Ho i piedi sporchi, la mia pulizia manca di un paio di giorni e dovrei farmi schifo, ma non lo faccio.
Passo le giornate a guardare serie tv o semplicemente programmi stupidi, leggo libri e leggo dei messaggi... si forse i messaggi sono più stupidi dei programmi tv.

Prevedo un'estate identica alle scorse, ovvero, piena di noia, stanchezza, voglia di vacanze che non ci saranno, ma mi fermo e penso.
No.
Questa estate è diversa.
Fa schifo uguale ma è diversa.

Decido che sono stanca di questa maledetta zanzariera che si sblocca col vento e la lascio così com'è.
Bè, c'era da aspettarselo che avrebbe fatto schifo.

Perché tutte le persone sono felici di finire la scuola e riescono a divertirsi durante questi mesi?
Probabilmente la domanda giusta è:"Perché io non ci riesco?".
Ma nella mia testa, è molto più difficile trovare il modo per trascorrere una giornata, che trovare le parole giuste per mandarti a fanculo.

Sono complicata, non a caso sono sola.
No aspetta, ma che cavolo dico: sono sola perché la gente cova imbecilli e poi credono di rifilarceli.
Per quanto mi riguarda, possono tenerseli; non ho alcun bisogno di un ragazzo, bado già a me stessa ed è un lavoraccio e non intendo dover prendermi un altro impegno.
Credo di fare già abbastanza cose per occupare il mio tempo; nel dubbio mi sono fatta sfuggire un debito in matematica, per non annoiarmi.
Ma la verità è che cerco di rendere il più floreale possibile tutta questa situazione che in realtà, sembra la rivisitazione dell'inferno moderno.

Vivo con mia mamma e mio fratello da quasi un anno, studio in una scuola alberghiera e sono nel bel mezzo di una crisi di personalità. In realtà detto cosi, sembra che sia il primo anno della mia vita che trascorro con loro due, ma non intendevo ciò.
Ho sempre vissuto con loro, anzi, sono io l'ultima arrivata in casa, ma è il primo anno che trascorriamo senza mio papà.
Lui è morto nel luglio del 2016, l'anno famoso delle morti importanti.
Manca un mese ed è il suo anniversario, ma per me no.
Non che creda che lui sia ancora in questa casa o nei nostri cuori e stronzate varie, ma solo che è morto e non riesce a fregarmene qualcosa. Entro in questa casa e non provo nulla, sono in giro e la gente mi guarda un po' depressa, ed io li prendo per pazzi, perché non afferro subito il motivo della loro depressione facciale.
Cavolo non la tengo nemmeno io che ero sua figlia, perché devono averla su gli altri?
Ne ho più diritto io, no?

Non vado mai a trovarlo.
Riesco a dire anche quante volte sono andata al cimitero (sei o sette volte circa) e non ne sento il bisogno.
Quello che avevo da dire, l'ho detto quando era ancora vivo.
Adesso che è morto mi sembra ridicola l'idea di dover andare a trovarlo, salutarlo o parlargli.

Mi vien da ridere a vedere le sceneggiate dei parenti che nemmeno ricordano la sua voce, di quanto tempo hanno trascorso a fregarsene di lui.
Poi vederli disperarsi per un figlio, fratello o nipote che sia, defunto, penso "cazzo la mia famiglia ha doti nel mondo teatrale, potrei avere un futuro migliore!".

Ma è più divertente pensare che in realtà siamo in una gabbia di matti e il karma ci stia punendo, perché magari ha sbagliato mira o ha un recapito telefonico errato.

Alla fine mi alzo dal divano (che in realtà è scomodo, ma è davvero strano che nei momenti meno opportuni diventa comodo), mi lavo e mi sistemo per andare a lavoro.

<< Che si fa oggi? >>Chiedo a Luca, il mio capo.

<<Torta per 30, 3 gusti: Nutella, menta e amarena.
Decorazioni fai tu, poi scrivi questo, so che il nome è strano, sono indiani >>.

Prendo l'ordine, inizio a lavorare.
In realtà non mi spiace lavorare per gente straniera, ovvero: quando arrivano ordini da gente non italiana è più divertente! Nomi diversi, gusti strani, richieste bizzarre.
Una volta un cliente mi chiese di ricoprire tutta la torta di tre piani con dei fiori commestibili e poi, come se non bastasse, voleva una rosa vera accanto alla scritta.
Quella torta sembrava un albero di Natale, non una torta di compleanno!
Ma io sono comunque soddisfatta di rendere i clienti felici.

Il pomeriggio scorre e conclude in bellezza: altri ordini per lunedì.
Perfetto.
Si, è così che ragiona un dipendente occasionale.
D'altronde quando si è studenti, ci si deve accontentare con poco.

Sono stata assunta in questa gelateria un anno fa.
Il mio capo non ne capisce di torte e non sa decorare, per cui, lui si occupa dei gelati e io delle torte.

Alla sera mi ritrovo ad uscire con Katia, la mia ex migliore amica.
Mi mancava passare il tempo a parlare con lei. La gente non ci crede, ma io una persona come lei non l'ho mai più trovata in giro, e attenzione, non cercavo una sostituzione, ma di creare una nuova amicizia con altre persone, eppure non ci sono mai riuscita.
Si, perché Katia è stata l'amica che davvero definisco amica.
Gli anni passavano e noi cambiavamo.
Poi sarà per i miei sbagli, per i miei modi egoistici, o sarà per i suoi cambiamenti.
Da quando ha iniziato a fare uso di droghe è cambiata radicalmente.
Eppure ci "molliamo" per un periodo ma poi torniamo amiche, ed è inspiegabile, non siamo nemmeno quelle amiche che nel periodo "no" si sparlano.
Mai.
Non sono mai riuscita a dire qualcosa di negativo su di lei, e se ne parlavo con qualcuno era sempre con una nota di preoccupazione per quello che le stava girando attorno.
Ma eccoci di nuovo qui.
È già la seconda sera che usciamo dopo tre volte che ci sentivamo.
Sono felice, davvero.
Non mi capita da un po' questa felicità strana, come un peso meno addosso, come se adesso ho un po' più di tranquillità e leggerezza.
E poi ci divertiamo, ci raccontiamo un sacco di cose.
Sai, credo che la nostra amicizia non è mai noiosa, perché abbiamo sempre da raccontare delle novità, o da chiedere consigli o altre cose che le amicizie morbose, di quelle che si vedono più che col proprio fidanzato, non capiranno mai.

È domenica e sono parecchio arrabbiata.
La segreteria ritarda con le date dei recuperi, e d'accordo ho solo una materia ma la scuola è piuttosto lontana da casa mia.
Per arrivare sulla collina devo prendere un pullman per 20 minuti, un tram per altri 20 minuti e un pullman di 10 minuti e poi terminare la salita a piedi che anche questa in 10 minuti si fa arrivando col fiato che manca e i polmoni che ti vogliono abbandonare.
La questione mi preme perché lavoro, mi alleno, gestisco la casa, e ho altre cose da fare, dovrei anche organizzarmi, no?
Ma devo calmarmi.
Questa frase continua a ripeterla mia madre.
<< Sofia , datti una calmata! >>.
Io non mi sento nervosa, perché dovrei calmarmi?
Solo perché le sbatto la verità in faccia, per lei è sintomo di nervosismo.
Però si in realtà con lei sono tanto arrabbiata, e a dire il vero non lo capisco il perché, ma sento che devo esserlo. E forse sbaglio.

🌕🌖🌗🌘 SPAZIO AUTRICE 🌒🌓🌔🌕

Grazie per aver letto il primo capitolo de "Il mio momento". A breve il prossimo capitolo sarà disponile a tutti. Per qualsiasi informazione, io sono disponile! E ricordate: se vi è piaciuto votate!
Un bacio a tutti. Chiara

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