I.

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Non sa di preciso da quanto non esce di casa.
Dopo che Giulio è uscito da quel portone, e di conseguenza dalla sua vita, è rimasto a casa, a capire se davvero fosse stato lui la causa della rottura o se lui fosse seriamente dalla parte della ragione.
Di fatto quella sera aveva deciso che non sarebbe rimasto su quel divano a piangere immerso nei fazzoletti neanche un secondo di più;
Non appena mise piede fuori di casa si tirò il cappuccio di quella felpa nera fin sulla fronte per cercare di coprire almeno in parte gli occhi rossi e le guance ancora rigate dalle lacrime.
Camminava guardandosi distrattamente le punte di quelle sneakers consumate, con le mani nascoste nelle tasche, mentre ancora ripensava a quelle cose non dette, durante i giorni, o mesi prima, ancora non lo aveva capito bene;
Camminò senza meta per un po', fino a che non si ritrovò davanti a un pub, uno di quelli leggermente squallidi, con le insegne al neon che ti stordiscono, e le porte di legno segnato a scheggiato sui bordi.
Decide di entrarci solo perché sente un lieve brusio dall'interno, che era del tutto riconducibile ad una melodia jazz, che a lui piace tanto.
Entra a testa bassa, spiando con la coda dell'occhio tutti i presenti, tentando di passare inosservato agli occhi degli altri, e sperando di non sembrare un drogato a causa degli occhi rossi e delle profonde occhiaie.
Arriva strusciando malamente i piedi su quel pavimento liscio, che fa stridere le suole delle scarpe ad ogni contatto, appoggia le mani sul bancone di legno chiaro e ordina un bicchiere di birra.
Generalmente non beve molto, e poi odia quei posti, puzzano di alcool e di sigaretta, ma in un momento come quello non gli viene in mente altro.
Manda giù grandi sorsi della bevanda un poco amarognola, mentre fissa un punto indefinito del ripiano, è fermamente convinto che il barista lo stia fissando da un po', ma poco gli importa, sa bene di non avere una delle migliori espressioni dipinte in viso.
Solo un brusio accanto a sé lo distrae dell'ennesimo pensiero autocommiserativo, le urla di un ragazzo, che probabilmente litigava con un amico, del quale coglie solo qualche parola sconnessa, come "fanculo" o un "vattene" urlati a sovrastare il volume della musica.
Uno dei due ragazzi coinvolti nella lite si siede di peso sullo sgabello accanto al suo, mentre l'altro si apprestava ad uscire dal locale.
Michele rotea leggermente gli occhi verso di lui, e solo allora nota i particolari del suo viso, quel ciuffo arruffato di capelli biondi che gli coprono parzialmente il volto, gli occhi azzurri sfregiati da una patina traslucida, il suo esile corpo coperto da una felpa grigia logora verso la fine delle maniche, che gli coprivano delicatamente le dita.
Non ordinò nulla, teneva il capo piegato in avanti, nel tentativo vano di nascondere il suo dolore, mentre con una mano tirò il cappuccio della felpa a coprirgli la massa di capelli.
Si rese conto solo quando il ragazzo si voltò verso di lui, che lo stava fissando con la bocca schiusa e gli occhi fissi e persi nei suoi lineamenti.

-che hai? Vuoi un autografo?-

Michele percepì nel suo tono un livello di acidità che non aveva mai visto in nessun altro e per un attimo si sentì a disagio, distraendo lo sguardo verso il bicchiere di birra che aveva accanto, per poi tornare a fissare il biondo.
Il ragazzo tirò su col naso e continuò

-si-ehm scusa, s-sono nervoso-

Abbassò lo sguardo, mentre si rigirava tra le dita un accendino nero, e il suo tono e la sua espressione cambiarono in modo repentino.

-tranquillo, non- non mi sono offeso.-

Michele riprese a fissarlo.
In un certo senso quei capelli biondi, adesso coperti dal tessuto della felpa, gli ricordavano quelli dell'amante di Giulio, ma allo stesso lui aveva qualcosa in più, una specie di fascino misterioso che aleggiava attorno al suo viso pallido e rigato da alcune lacrime.

-posso sapere che è successo tra te e il tuo amico?-

Riprese a parlare, con tono di voce pacato e quasi colpevole, smettendo di pensare a Giulio e al suo amante, dato che ciò gli faceva venire ancora più voglia di morire.

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