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HAILEE

Quella mattina mi ero stranamente svegliata con la luna storta.

Di solito non capitava mai. Insomma, spero voi abbiate acchiappato il sarcasmo.

Luke non aveva risposto a nemmeno uno dei miei messaggi. Non volevo rompere troppo, ma Luke non faceva mai così.

Lo conoscevo da anni ed era parecchio strano che avesse ignorato i miei 200 SMS. Ovviamente, visualizzandoli prima.

In ogni caso, non mi andava giù il suo nuovo comportamento. Da qualche giorno prima era diventato improvvisamente strano, attuava come se fosse arrabbiato con me.

Ma che motivo aveva? Dovevo essere io quella furiosa. Mi aveva baciato, mi aveva ignorato, aveva iniziato a fare il geloso senza un motivo valido e poi aveva ripreso a fare il distaccato.

Alla fine avevo semplicemente lasciato stare. Sì, dopo aver pianto come una poppante per 3 ore consecutive nella mia camera.

Era un comportamento nuovo pure per me. Non avevo mai pianto per Luke.

Riprendendo con la vera narrazione, quella mattina mi ero comportata nella sua stessa maniera, forse per orgoglio, non ero passata davanti a casa sua ed ero andata dritta a scuola, senza aspettarlo.

Per l'intera prima ora avevo cercato di fingere che non mi interessasse che il posto di fianco al mio fosse vuoto, ma uscita dall'aula avevo iniziato una ricerca disperata lungo i corridoi del liceo pubblico più squallido di Sydney.

Altro che il Norwest Christian College che si trovava dall'altra parte della città.

Tornando a noi, Luke saltava troppe lezioni ultimamente.

E nonostante Luke avesse smentito la mia convinzione nell'affermare che per tutti quei giorni - in cui si era comportato in modo ambiguo - a mia insaputa, il mio migliore amico si stesse frequentando di nascosto con Jasmine, quel mio dubbio continuava a lampeggiare come un'insegna a neon nella mia testa.

E mi distruggeva il cuore.

Eppure, Jasmine era stranamente presente, così tanto che mi aveva punzecchiato come suo solito, domandandomi dove fosse il mio tirapiedi.

In una normale situazione le sarei saltata addosso urlandole che Luke non era il mio tirapiedi, bensì il mio migliore amico e non mi seguiva come un cagnolino portando le mie borse, come invece lei faceva con le sue ochette - ovviamente non era lei a portare il peso, chiariamo la situazione - e se era questo che la gente pensava di me e Luke, allora si sbagliava di grosso.

Ma il fatto che avesse detto quelle cose, in quella determinata situazione mi aveva solo tranquillizato, poiché significava che: uno, Luke non era con lei a fare chissà quali sozzerie e due, che non avevano alcuna relazione segreta.

Così le avevo sorriso ridacchiando, cosa che le aveva fatto inarcare un sopracciglio e poi mi ero limitata ad alzarle un terzo dito.

Che finezza.

Durante la mia continuata ricerca alla caccia al tesoro con il biondino - anche se lui non sapeva stessimo giocando - però c'era stato qualcos'altro che mi aveva fatto insospettire.

E quel qualcuno era Lake.

Ripeto; Lake era a scuola. Probabilmente si trattava di un miracolo divino. O la supereroina francese in tuta da coccinella era uscita dalla tv ed era entrata nella mia vita.

Okay, forse dovevo smetterla di guardare quel programma assieme alla mia cuginetta di soli 7 anni, mancava soltanto che mettessi un campanello al collare del mio gatto e dipingessi il suo pelo di nero.

Forse stavo impazzendo.

Ma ero abbastanza sana di mente da accorgermi di aver attirato l'attenzione di qualcuno.

Lake mi stava guardando. Ergo, mi fissava.

I suoi occhi magnetici erano piantati nei miei e pensavo che se non avesse smesso in quel momento di divorarmi con gli occhi, mi avrebbe consumata.

Era arrivato il momento di affrontare uno dei due gemelli.

Una scarica di brividi mi attraversò la spina dorsale e presi un bel respiro, avvicinandomi a lui, ancora poggiato con una spalla sul suo armadietto concentrato su me.

«Ciao,» sorrisi parandomi davanti, vedendo gli amici di Lake che mi osservavano poco lontano con dei ghigni da babbei.

«C-ciao, voglio d-dire, hey, c-cavolo, sei f-favolosa. N-non sto d-dicendo che sto g-guardando s-sotto la t-tua g-gonna, m-ma sei b-bellissima, un s-sogno, insomma nei t-tuoi s-sogni, cioè, voglio d-dire nei m-miei,» balbettò facendomi ridacchiare silenziosamente.

Era strano sentir parlare così Lake.

«Cristo, che figura di merda,» lo sentì borbottare, mentre abbassava lo sguardo.

«Hey, stai tranquillo. Se volemi farmi sapere che mi trovi carina credo di averlo capito. Non preoccuparti. Senti,» inalai aria, voltando la testa a destra e a sinistra in cerca del mio migliore amico «È da ieri che cerco di contattare quello stupido di tuo fratello. Non mi ha risposto e stamattina si è volatilizzato. Non è morto, vero?»

A quel punto Lake lasciò che una risata genuina gli uscisse dalla bocca e scoppiai anche io a sghignazzare. Era così carino quando non era corrucciato e ridacchiava. Il suo naso si arricciava teneramente.

Mi tirai mentalmente uno schiaffo per i miei pensieri scorretti e tornai seria, mentre lui mi imitava.

«Ieri era con me, l'ho tenuto occupato tutto il pomeriggio, credo sia per questo che non ha risposto,» alzò le spalle parlando normalmente, stavolta senza balbettare.

«Perché non è a scuola?» sbuffai sperando che sapesse darmi una spiegazione «Ho passato la prima ora da sola. Non mi ha aspettato fuori da casa mia e non ha nemmeno pensato di darmi una spiegazione a questo suo comportamento freddo e distaccato. Non voglio fare l'appiccicosa, ma io non sono la sua marionetta e ci tengo a lui.»

Lake mi guardò allarmato, come se sapesse cosa sarebbe successo da un momento all'altro, infatti fui costretta a catturare delle lacrime che scendevano sulle mie guance indisturbate.

«Ho paura di perderlo, Lake,» singhiozzai, i suoi occhi mi osservavano impanicati, probabilmente non sapeva come comportarsi, non avevo mai pianto con Lake.

A malapena ci parlavamo per passarci il sale a tavola.

Era sempre stato Luke la spalla su cui piangere.

Era sempre stato lui a coccolarmi.

Era solo lui.

Lake mi racchiuse in un abbraccio sussurrandomi un «Non piangere, Principessa,» all'orecchio e poi catturò una lacrima sul suo pollice, cercando di confortarmi con un sorriso.

«Posso menarlo, sai? E posso togliergli la possibilità di avere figli se osa ancora farti piangere in questo modo,» confessò, facendomi finalmente sorridere.

«Grazie, Lake, ma non è necessario che fai tutto a per me, ma grazie comunque.»

Mi staccai dal suo abbraccio, sentii le sue mani e il suo tocco stranamente familiare lasciare la presa dal mio corpo e feci qualche passo indietro con ancora le iridi magnetiche ed elettriche di Lake Hemmings sulla mia figura.

Era strano, pensavo mentre mi allontanavo lasciandomi quella strana sensazione alle spalle.

Era come se i ruoli fossero destinati ad essere invertiti.

Sentivo l'abitudinaria freddezza di Lake in Luke e la dolcezza del mio migliore amico nel corpo di suo fratello gemello.

Ma forse, era solo un'impressione.

O almeno, questo era quello che credevo.

THE H TWINS [HEMMINGS] [#WATTYS2017]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora