Hermione strinse la presa sul candelabro, attenta a non scordarsi le dita.
La Domus, avvolta e riempita dal buio, pareva inquietante e quanto mai cupa, ben lontana dell'edificio variopinto e allegro che appariva di giorno, inondata dalla luce del sole.
La ragazzina, nel tempo, aveva imparato a non temere quell'ambiente che appariva tanto ostile a quell'ora, ed ogni volta lo attraversava rapidamente, a passo spedito ma felpato.Due dita della mano che non reggeva il candelabro, la sinistra, erano incrociate, nella speranza di non incontrare nessuno per i corridoi. Nessuno, neppure Neville. Il giovane servo l'aveva coperta una volta, ed Hermione non voleva scoprire se fosse disposto a rischiare nuovamente.
Era appena giunta nel porticato della villa, al centro del quale si trovava la tradizionale vasca, la cui acqua appariva tanto scura, tanto cupa.Ma la meta era vicina. Ogni volta che compiva quel percorso, Hermione provava un inarrestabile senso di orgoglio nei propri confronti. Sua madre, se l'avesse potuta vedere, sarebbe stata fiera di lei.
Ogni qual volta affrontava il buio, da sempre la sua debolezza celata, la ragazzina rammentava le ultime parole di sua madre.
"Non farti fermare da nessuno, Hermione.- Le aveva detto. -Sei un prodigio, bambina mia. E se ti diranno che sei una donna, tu rispondi nella lingua che loro più odiano. La lingua dei barbari. Di' loro che tu sei Franca, sei una donna libera.Poi, si era spenta, con lo spettro di un sorriso sul volto. Hermione non era un prodigio, né voleva esserlo. Semplicemente, amava l'arte delle parole. Le piaceva scrivere, leggere, comporre brevi poesie. Scriveva su quanto le succedeva attorno, su quanto aveva conosciuto nei propri dieci anni di vita.
Quando gli alberi si spogliavano, Hermione scriveva dell'autunno.
Quando aveva sentito parlare della città di Pompei, aveva parlato del fuoco e della furia di Vulcano.
Quando gli eserciti partivano e le città si spegnevano, scriveva della guerra.Entrando in biblioteca, decise di cosa avrebbe scritto quel giorno. Era a proposito di ciò a cui aveva pensato poco prima. A proposito dell'orgoglio che provava riguardo all'essere donna, qualcosa che in parte aveva nel sangue, ed in parte sua madre aveva fomentato con tutte le proprie forze.
Non appena varcò la soglia di quell'enorme stanza, Hermione comprese che qualcosa non andava. La luce del candelabro che teneva in mano non era la sola ad illuminare l'ambiente. Un'altra tremolante luce di candela rischiarava la stanza, permettendole di vedere la sagoma di qualcuno chino su un libro.
Hermione girò sui tacchi e fece per uscire, forse un po' troppo rumorosamente.
La figura che la sagoma rifletteva, che Hermione sapeva essere quella di suo padre, emerse dall'ombra, inchiodando con lo sguardo la propria figlia.-Hermione.- Chiamò. -Ti ho vista, vieni qui.
Non le disse il perché, ma Hermione lo sapeva. "Vieni qui e spiegami perché stai vagando per la casa a quest'ora di notte."
La ragazzina si voltò,i capelli sciolti che le ricadevano sulla veste da notte. Il padre le tolse delicatamente il candelabro di mano, per poi adagiarlo su di uno scaffale. Hermione fissava il mosaico del pavimento, senza guardare in viso l'uomo.-Eri qui per leggere?
Le chiese, in tono pacato. Raramente la figlia lo aveva visto perdere le staffe o divenire maleducato nei confronti di chicchessia.
Finalmente, alzò il capo per guardarlo negli occhi. Il padre si piegò sulle ginocchia, per raggiungere la sua altezza.
-Non oggi, padre.
Rispose sinceramente la fanciulla, con un nodo in gola.
-Avresti dovuto incontrare qualcuno?
Le chiese nuovamente, parecchio perplesso ed altrettanto preoccupato. Hermione scosse il capo.
-Per gli dei, Hermione, cosa facevi fuori dal tuo letto a quest'ora dell notte?La ragazzina comprendeva perfettamente la perplessità del genitore, sinceramente preoccupato del suo atteggiamento. Non poteva mentire, suo padre l'avrebbe capito. Non avrebbe saputo neppure cosa dirgli.
Poteva semplicemente dire la verità, e sperare di non venire rimproverata o peggio, derisa.
-Ero qui per scrivere.
Dichiarò, con una nota di fierezza nella voce.
L'uomo, Clelius, non apparve irritato o divertito da quella confessione. Aveva l'espressione di chi riesce a mettere insieme i pezzi di un mosaico, di qualcuno che risolve un interrogativo che lo tormenta da tempo. Hermione attendeva in silenzio la reazione del padre. Si ripeteva che suo padre era un uomo buono, che non le avrebbe mai negato di continuare a coltivare quella passione senza aspettative.- Non è la prima volta che succede, non è Vero? Tua madre ne era a conoscenza, No?
Le chiese, in tono pacato. Hermione scosse la testa nuovamente. Lo faceva da quasi un anno, ormai. Da quando sua madre era morta. Era l'unica a sapere del suo amore per l'arte delle parole, ed era l'unica ad incoraggiarla in essa.Il padre annuì con il capo.
La luce che illuminava la biblioteca appariva sempre più fievole, e di tanto in tanto una goccia di cera colava sul pavimento con un lieve tonfo.-Farò come mi chiese tua madre.
Le rispose. Hermione non capiva: non sapeva che sua madre avesse parlato di quella sua passione a suo padre, tantomeno sapeva cosa potesse avergli consigliato.
-Non ti tapperò le ali.
Hermione sorrise. Suo padre appoggiava la sua decisione. Le avrebbe permesso di continuare a scrivere, fin quando non si sarebbe stancata, o magari per sempre. Non gli importava che lei fosse una donna.
-Non ti impedirò di scrivere, o di leggere. Deciderai tu se sposarti ed avere dei figli o vivere soltanto per te stessa.-Grazie, padre. Grazie mille.
Disse sinceramente, continuando a sorridere.
-Inoltre,- Aggiunse Clelius -Non sarà più necessario venire qui di notte. Ogni qual volta desidererai avere questo posto per te, basta che tu lo chieda a Neville, e farò in modo che nessuno ti disturbi.Hermione avrebbe voluto ringraziarlo ancora e ancora, ma suo padre si voltò per uscire dalla stanza.
La ragazzina fece per seguirlo, quando l'uomo si voltò nuovamente.-Hermione?- Chiamò. -Tua madre mi disse che le tue capacità sono ben più spiccate di quelle di qualsiasi uomo.-
La figlia sorrise, lusingata.
-Io credo a lei e credo in te, figlia mia.Hermione decise in quell'istante che quando sarebbe tornata in biblioteca avrebbe scritto di un uomo buono, di un padre buono.
Spero vi piaccia!