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Era una mattina come le altre, mi diressi al lavoro, sperando che la giornata non si sarebbe presentata troppo noiosa.
Decisi di indossare dei pantaloncini neri, un top bianco leggermente lavorato con sopra una camicia panna a pallini rossi, all stars basse, blu e di legare i capelli ai lati, in una pettinatura insolita, la quale mi garbava portare.
Arrivata al locale, mi misi il mio grembiule da lavoro a righe rosse e blu ed iniziai ad attendere i clienti.
Tra le mani tenevo la mia agenda, dove scrivevo tutti gli appuntamenti, giornata per giornata. Sfogliandola e guardandola un po', mi resi conto che oggi si sarebbe dovuto presentare il signor Lee, a dir la verità, tra pochi minuti, perciò decisi di liberare la postazione, preparando il necessario e fare un po' d'ordine.
Sentí la tendina del locale spostarsi e ritrovai di fronte una figura autoritaria, indossava uno smoking nero, probabilmente era un avvocato o un qualche capo di azienda, una persona importante comunque, i capelli erano laccati, mori. I lineamenti erano molto belli, era alto e snello, molto più vecchio di me, un uomo probabilmente già con una famiglia e un matrimonio alle spalle.
"Prego, signor Lee, se non sbaglio" gli dissi sorridendogli innocentemente
"No, non sbaglia" mi rassicuró, con uno sguardo enigmatico e penetrante"
Lo invitai a sedersi, lo coprii per non sporcarlo e presi una lametta per iniziare a sistemargli la barba.
"Cosa mi dice, signorina?" mi chiese lui con tono affascinante.
"Come vuole che le dica?" gli dissi stranita.
"Non lo so, sembra una ragazza così, interessante" mi mise inaspettatamente una mano sotto il grembiule, iniziandomi a toccare una gamba.
Mi levai di scatto, non ero una poco di buono e di sicuro non volevo esserlo o diventarlo.
Feci cadere la lametta a terra, Lee si alzò dalla sedia e si mise davanti a me, mi trasmise un' intenzione totalmente perversa e ossessionata.
"Eh dai, mi piacciono tanto le ragazzine che si spaventano come te" iniziò ad avvicinarsi ed io mi chinai per riprendere la lametta, gliela puntai contro in un'azione istintiva.
"Non avvicinarti!" gli urlai contro.
"Piccola dai, só che non userai quella cosa che hai in mano, non ne saresti capace, ti taglieresti da sola" ironicamente mise le mani in alto.
"Ora tu te ne vai da qui e non torni più, prima che chiami la polizia!" gli urlai di nuovo contro senza smettere di indicarlo con la lametta.
"Sese certo HAHAHAHA" si fiondò su di me ed io, per paura, tolsi la lametta addosso a lui, come benissimo pensava.
Iniziò a baciarmi il collo, facendomi sbattere contro i mobili, cercavo di dimenarmi, ma era troppo forte, quando capí che stava per immobilizzarmi le mani e sarebbe stata la fine per me, spinsi l'arnese contro il suo corpo.
Ora si ritrovava a terra, sanguinante, o mio dio, lo avevo colpito in una zona vitale, era in una pozza di sangue e stava perdendo i sensi. Cosa avevo fatto?!
Mi chinai, in panico, iniziai a pulire il sangue ma più lo pulivo, più ne usciva di nuovo.
Mi tolsi pure la camicia per usarla come straccio.
Niente da fare.
Presi Lee per un braccio, cercai di spostarlo per la stanza, avevo bisogno di aiuto, magari era ancora salvabile.
Il suo corpo era diventato pesante, non collaborativo e fu lí che capii, era morto. Lasciai la presa e caddi a terra seduta, completamente sporca, sia in faccia, che sulle braccia.
Cominciai a piangere ed in uno stato di shock, corsi fuori, con le mani in viso e nei capelli, avevo ucciso una persona, come potevo rimediare, non era neanche stata colpa mia, ma sua se mi aveva aggredito.
La mia mente vagava, non stavo capendo nulla, era come se si fosse svuotata. Avevo sofferto troppo nella vita, adesso si stavano infrangendo tutti i miei sogni, non sarei stata mai felice e serena, non meritavo questo, c'è gente peggiore al mondo.
Non mi accorsi di star attraversando la strada, la quale, stava percorrendo velocemente, un veicolo bianco.

Champagne, Kim HyunaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora