Premessa: se vi va ascoltate la canzone mentre leggete.
Se vi sono errori provvederò a corregere il tutto. Fatemi sapere cosa ne pensate mendiate commenti e/o stelline.
Il prossimo capitolo arriverà domani, spero di pubblicare uno anche di sera così da pubblicarne 2.
Buona lettura. :)
P.s. grazie di cuore per aver portato questa storia ad essere la 46esima in narrativa storica. ♡♡♡♡♡
--------------------------------
Campo di concentramento di Bergen – Belsen
(Febbraio 1944 – Gennaio 1945)
Il viaggio in treno durò una settimana o poco più, arrivammo che era notte fonda, il freddo era pungente, entrava nelle ossa.
Con rammarico scoprì che eravamo partite in quattrocento e arrivammo in trecentonovantuno, nove donne morirono, due di crepacuore, tre di freddo e le altre di fame o di sete.
Ci condussero in una baracca, ci fecero togliere tutti i vestiti e ci rasarono, ovunque, fu umiliante, piansi, non mi importava dei capelli, non ero la sola pelata... ma l'umiliazione di essere rapata come se fossi un animale mi lasciò con l'amaro in bocca, inoltre il doversi spogliare di tutto fu disumano. Dovevamo dare alle guardie i nostri beni e così diedi la mia valigia, ma una guardia mi strappò la collana di mio padre.
Non ci avevo neanche pensato di metterla fra i beni di valore, piansi forte e cercai di riprendermela, ma mi arrivò una gomitata.
Le guardie erano tutte donne, ma vi erano anche due uomini che osservavano le nudità di noi prigioniere, qualche sguardo era divertito e qualcuno era viscido. Ridevano delle donne segnate dal tempo e non più toniche e si beffavano delle più giovani, menomale che non sapevo il tedesco, meno si sa meglio si sta.
Dopo la doccia, a tratti bollente e a tratti gelata e dopo un visita ginecologia, che per me fu sbrigativa dal momento che ero vergine e anche perchè con me non avevo niente(*), fummo radunate in un piazzale, nude e non asciutte, con mia grande sorpresa c'erano pochissime guardie tedesche e altre donne con un manganello in gomma, ma erano strane, se le guardie, che per mio sollievo erano solo donne e i due uomini erano come per magia spariti, erano impassibili gli sguardi delle altre erano, invece, pieni di rabbia, odio e frustrazione.
Un medico passò nelle file e ci fece una visita completa, cinque di noi furono messe in una fila, io e Luigia ci ritrovammo insieme.
Eravamo in trecentottanta sei.
La quarantena ebbe inizio e mai mi dimenticherò di quei giorni.
Il giorno seguente ci diedero un triangolo rosso con sopra una sigla, "IT" e fui immatricolata col numero 18672, dovevamo cucire quelle stoffe sulla nostra giacca, all'altezza del cuore. Camilla era sparita.
Durante quel periodo compresi le regole del lager, la sveglia era verso le cinque del mattino (perché era inverno, in estate era alle quattro), ci davano per colazione una brodaglia marrone che loro chiamavano caffè, ma del caffè non aveva niente, era un infuso di erbe, fra la colazione e l'appello dovevamo lavarci velocemente, alle latrine vi erano disegni sulla corretta pulizia di un perfetto prigioniero. I tedeschi ci tenevano ad avere perfetti prigionieri. Era tutto così ironico perché anche l'acqua che scorreva da quei tubi era sporca e non potabile.
Dopo l'appello e la conta da parte delle SS, che durava anche due ore o di più, ci facevano fare le mansioni più ridicole, poi compresi che la quarantena era essenziale per eliminare più persone possibili e per abituarci alle fatiche del lager, era l'inizio dell'annullarsi psico-fisico di un individuo. Durante quel periodo le punizioni erano amplificate.
Verso le undici, credo, arrivava la zuppa, una brodaglia calda e la sera una porzione di pane tedesco, o due, dipendeva, aveva la forma di un mattone, spesso sopra c'era del companatico e rare volte marmellata o salame, non erano le cose più buone del mondo, ma andava bene così.
Alle volte il pomeriggio ci veniva servita altra zuppa, dipendeva dalla nostra blokowa, ce la serviva dicendo una frase che poco tempo dopo mi tradussero: "Dovete ringraziare il reich che vi da del cibo gratuito."
Gratuito. Lavoravamo dieci ore al giorno o anche di più, era un insulto, ma quando ci diceva quella frase noi ci credevamo.
Quella porzione di pane doveva durare ben ventiquattro ore, perché era impossibile bere solo caffè e zuppa fino a sera, ma questo lo compresi molto dopo.
Con il pane ci veniva servito del caffè di solito, non ci davano mai l'acqua e iniziai a sentirne la mancanza, l'avevo sempre data per scontato e in quel frangente mi mancava.
Uscita dalla quarantena conobbi la blokowa del mio blok, si chiamava Agnes ed era tedesca, aveva il triangolo verde, dei criminali, da voci certe scoprì che era finita nel lager per aver ucciso dodici bambini, aveva profondi occhi scuri, avevano il potere di scrutarti dentro l'anima. Aveva il permesso di farsi crescere i capelli e spesso ci sventolava la sua folta chioma ramata con orgoglio, i miei occhi invidiosi la vedevano folta, ma era solo un taglio che arrivava alle spalle, ma rispetto alla mia testa pelata faceva davvero invidia.
Lei andava in giro con degli stivali in gomma, sembravano così comodi e caldi, erano sempre perfettamente lucidi, tutto il contrario dei nostri zoccoloni sgualciti e stretti.
Portava del profumo, era nauseante, la sua giacca era più bella della nostra e aveva a disposizione una stanza, posizionata prima della nostra baracca, dove dormiva con la sua vice a le sue tirapiedi. Era decorata con fiori e aveva un profumo di gelsomino misto a un odore acre di morte ridicolo e odioso.
La vice era la sua tirapiedi preferita per eccellenza, oso dire che era più spietata di lei, non si poteva andare contro le regole se no arrivavano bastonate, lei era atroce, quando ci picchiava con la verga sorrideva dispiaciuta e diceva: "Lo faccio per te, se no loro ti uccidono."
Era tutta una menzogna, la morte era compresa nelle punizioni così come le vergate. Era sadica e le piaceva infliggere dolore, quella sua finta compassione ci uccideva e ci logorava l'anima.
La vice blokova aveva il compito di servirci la zuppa, andava molto a simpatie e antipatie, se ti dava più zuppa non era detto che gli stavi simpatica... anzi, spesso lo faceva per metterci l'una contro l'altra.
Noi nuove arrivate non potevamo stare infondo la fila per prendere la zuppa, a noi ci spettava l'acqua sporca in cima all'enorme marmitta.
Dalla quarantena, comunque, ne uscimmo in centoundici.
STAI LEGGENDO
Dein ist mein ganzes Herz
Historical Fiction- Vincitore Wattys 2017 nella categoria "Nuovi Arrivati" - ➡COMPLETA⬅ Questa è la storia di Camilla, una giovane ballerina, che verrà catapultata in uno dei gironi infernali nazisti perchè ha trasportato delle armi per conto del fratello partigian...