capitolo 3

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AFTER

tra la prima colazione di notte, e la cena del mattino, Marlene ha sempre fame.

Cara Marlene, se ti scrivo è perché l'ispirazione si mischia alle fame

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Cara Marlene,
se ti scrivo è perché l'ispirazione si mischia alle fame. Casa mia sei tu, tra una tua guancia e quella di Hoseok. Il caldo mi fa scivolare le parole dalla bocca, il conforto è una lapide. Mia madre lacrima sulla mia spalla, rovente di malattia e amore in combustione. Vorrei sedermi sul nostro divano, con una birra in mano e discutere della morte nel presente e non nel passato. Mio fratello è imperfetto. Le piante finte mi creano allergia, nell'ombra c'è giovinezza appassita e un principe solitario. Voglio vivere di illusioni perché la vita mi ammazza di sensi di colpa e l'inchiostro si addensa nella testa. Non scrivo più ormai, ma i tuoi éclaires sono sempre sul tavolo.

Non parliamo più come una volta.

Hai mai visto un girasole dei colori di un eclissi? Era lì da Aprile, l'aveva piantato suo padre con due mani e il sudore primaverile

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Hai mai visto un girasole dei colori di un eclissi?
Era lì da Aprile, l'aveva piantato suo padre con due mani e il sudore primaverile. Magari glielo avesse raccontato proprio lui, avrebbe strizzato gli occhi per la soddisfazione gesticolando con quei palmi che mai avevano toccato la terra perché sempre viziati con le manie di persecuzione.
Mai nessuno aveva osato toccargli le tasche dei pantaloni. Nascondeva tutto in un taschino cucito dalla nonna dentro ad ogni giacca.

La corona del girasole si piegava verso il basso, e i petali cadevano in quei colori che ricordavano sciroppo, sudore rappreso sulla fronte di suo padre, di luci forti e odori costosi. La tristezza di un Agosto sulle rive della morte si faceva sentire nelle fogne a cielo aperto.
Sono tutti così in questa città: piccoli dentro, noiosi nel vestire e troppo confusi dalla morte. Trovavano ingiustizie in tutto ciò che non conoscevano. Si illuminavano tutti all'alba come le fabbriche e si stropicciano gli occhi con il rumore degli autobus in periferia alle cinque del mattino, ma ora la processione riempiva il suo salotto come a Santiago e le foto di famiglia erano come affreschi, il tavolo dove aveva fatto i compiti un letto d'ospedale.

Gli lasciava sempre un retrogusto di inquietudine la porta accostata a metà. La serratura di camera sua era ancora rotta. Quando custodisci dentro così tanta intensità ti innesca come una mina, una carica esplosiva che fa sbattere la porta fino a romperla, quelle volte che aveva corso su per le scale pieno di graffi, l'eco delle urla che sua madre faceva finta di non ascoltare. Ora, invece, lo chiamava Seokjin quando era di spalle.

❝Namjoon always gets chocolate stains on his pants❞⊰ rm Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora