Capitolo III

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Ciao a tuttiii! Chiedo scusa a giuly_cama_04 e a tutte le mie lettrici (se ce ne sono) per il ritardo dell'aggiormamento... Sorry :) In compenso, ho scritto un capitolo bello lungo... (nel mio stylee). Spero che il capitolo vi piacciaa

Con tanto love, _SaveTheLastBook_

La perdita di August mi sconvolse profondamente. Per settimane andai a scuola con una tristezza infinita, come un alone che mi circondava e mi separava da tutto e da tutti: non volevo vedere nessuno, nemmeno Patricia. I giorni si susseguivano passivamente e non riuscivo a levarmi dalla testa l'idea che fosse colpa mia che lui se ne fosse andato, fosse per sempre sparito dalla mia vita. Pensavo ed ero convinta che se gli avessi mentito forse, anzi sicuramente, lui sarebbe ancora qui con me, e anche se io sarei stata la sua ragazza e l'idea non mi andava a genio, saremmo stati felici. Almeno un po'. Saremmo ancora qui, tutti e tre, a raccontarci le vicende della giornata: io e le interminabili lezioni di algebra, Pat alle prese con l'ennesimo ragazzo senza speranza (nonché mio compagno di banco) e August all'ultimo anno, con gli esami e le professoresse soffocanti. Non riuscivo più a vedere la mia vita senza di lui: era come se mi avessero tolto una parte importante del corpo. Certo vai avanti, ma senti che non è più lo stesso. Mi mancava, questa era la verità. Patricia era sconvolta quanto me. Non mi parlavo con lei da giorni, non riuscivo a sopportare la sua presenza senza quella di August: eravamo sempre stati in tre e l'idea di diventare un duo era inconcepibile per una persona come me, attaccata così tanto alle abitudini. Fu un periodo buio della mia vita. Vivevo così, come capitava. Mi svegliavo, facevo colazione e andavo a scuola. Non ero pettinata, ero scialba e addirittura sembrava che mi fossi dimenticata di me stessa. August era il mio pensiero fisso e quindi mi torturavo per tutta la giornata. Alla fine tornavo a casa, tentavo di studiare qualcosa, ma mi buttavo sul letto e piangevo. Piangevo grosse lacrime amare di nostalgia, di pentimento di qualcosa che comunque sapevo che non avrei mai avuto l'ardore di fare. Nel frattempo, però, vedevo sempre allo stesso posto Patricia che, a differenza mia, nascondeva benissimo la sua sofferenza: aveva sempre lo stesso sorriso. Alcune volte ho persino pensato che sorridesse così tanto che non fosse difficile aprire la bocca e sfoderare sorrisi finti. Ma proprio io non ce la facevo. Le mie emozioni trasparivano facilmente. Tutto fu così cristallizzato e immobile per circa un mese. Poi un giorno, o meglio, una notte, accadde. Era stata una nottataccia: avevo avuto incubi tutta la notte e mi ero alzata una decina di volte per bere acqua che era stata totalmente inutile nella mia ricerca del sonno. Alla fine mi ero arresa alla mia insonnia e mi ero stesa sul letto a pancia in su. Come tutte le volte in cui avevo bisogno di riflettere, piegai le braccia dietro la nuca e respirai profondamente. Nel soffitto c'erano stelle bianche luminose nel buio della notte. Erano le tre del mattino del 13 Marzo 1933. Pensavo e pensavo, ripercorrevo con la mente l'ultima volta in cui avevo visto August, ma le mie impressioni erano sempre le stesse, le avevo imparate a memoria e sinceramente ne avevo addirittura la nausea. Non ce la facevo più a vivere così: era stato un mese terribile, all'insegna della trascuratezza e del passato ed ero sicura che sarebbe bastata anche solo una settimana in più perché entrassi in depressione. E alla fine ci arrivai: dovevo andare avanti. Non sarebbe servito un solo secondo in più a crogiolarmi nelle mie idee di frustrazione a riportarmi indietro August. Lui se ne era andato per sempre. Aveva addirittura cambiato istituto e si era trasferito nella lontana Berlino, in Germania. Era sicuro che non l'avrei mai più rivisto. Che senso aveva distruggermi l'anima così? Ero sicura che lui era andato avanti e io avrei fatto lo stesso. Sarebbe stato bello, negli anni, ricordarlo, così com'era, nei nostri momenti di amicizia felici. Avrei lasciato andare lui, ma non i bei ricordi che avevo. Mi sarei tenuta gli anni dell'incanto. Dopo quella riflessione liberatoria, mi alzai lentamente dal letto e rimasi un po' con le gambe penzoloni dal letto a castello. Scesi con calma le scalette e toccai con le dita dei piedi il pavimento ghiacciato. Andai a farmi un doccia e mi lavai anche i capelli. Mia madre lavorava in un'azienda di bagnodoccia, shampoo e profumi nel centro di Londra e nelle occasioni importanti, come Natale, Pasqua, Capodanno e compleanni vari, il capo del reparto di confezionamento regalava a tutti prodotti che non erano stati venduti o che magari semplicemente avevano l'etichetta al contrario e perciò non erano stati messi in commercio. "Che cosa stupida", pensavo tra me e me, "Non vendono prodotti di ottima qualità soltanto perché hanno l'etichetta storta...". Nella doccia c'erano quindi diversi prodotti di tantissime nuance e profumi... Scelsi una fragranza alla frutta e allo zenzero. Avevo sempre apprezzato quella spezia: aveva un sapore forte e mi dava un senso di cambiamento. Dopotutto era proprio quello che volevo: qualcosa di semplice che dava una svolta alla mia vita. Acconciai i capelli ancora umidicci in uno chignon alla bene meglio e dopo aver indossato un paio di calzini logori e una tunica verde pisello sformata, mi diressi in salotto. Guardai l'orologio per la seconda volta: erano già le sei del mattino. A quel punto mi ero proprio messa in testa quest'idea del cambiamento: la consapevolezza che avrei lasciato andare August mi dava un senso di libertà quasi esaltante. Ero una ragazza di quasi diciotto anni che aveva sempre vissuto in maniera eccentrica e diversa, insieme a degli amici fantastici... Forse fu proprio quella nuova consapevolezza, qualcosa di strano che mi portò a scoppiare in lacrime proprio lì, in quel preciso istante. Ancora adesso, a distanza di 10 anni e più, mi domando cosa mi prendesse, cosa mi fosse scoppiato addosso che mi portò in un pianto di sfogo, credo. Fu come un confine, una voce, insomma qualcosa che mi diceva "Sophia, se finalmente diventata adulta. Adesso sai superare le avversità da sola."

L'indomani quella voglia di cambiamento non mi era passata e ancora non sapevo che mi avrebbe accompagnata per sempre. Non era tanto quella voglia di cambiamento (allora non l'avevo capito), ma quella voglia di mordere il mondo, con le mie sole forze. La voglia di cambiare, continuamente, e mutare le sorti del mio destino. L'essere affamati sempre di vita. Era sabato, era Marzo, la scuola stava per finire e stava nascendo una nuova Sophia. Uscii di casa e inspirai profondamente l'aria fresca della città... Dovevo andare da Patricia: era circa un mese che tentava di parlare con me, ma l'avevo respinta tutte le volte, ostinatamente. Ora toccava a me. Dovevo rimediare. Presi il bus davanti casa mia e mi sedetti sul primo seggiolino disponibile. Il guidatore mi conosceva oramai da un secolo: prendevo lo stesso pullman tutti i giorni da tre anni a questa parte! Era un uomo grassoccio, dall'aspetto un po' grottesco; portava due grossi baffi e aveva dei capelli biondo-grigio spento pettinati all'indietro, anche se due ciuffi gli ricadevano sempre sulla fronte; aveva una pelle rossissima, chiazzata di macchioline piccine sulla testa, tantochè mi chiedevo se avesse problemi di salute o semplicemente soffrisse di stress acuto. Mi aspettava i giorni nei quali ero in ritardo, sempre. Quasi conosceva tutte le mie fermate a memoria! Mi sorrise calorosamente e partì velocemente. Presi il mio quadernetto foderato dalla borsa e presi appunti sulle persone che entravano in autobus...

EXPERT CROSS

entra in autobus un vecchietto dall'aria gentile; sembra burbero ma magari non lo è in realtà... assomiglia a quelle persone che pensi siano fredde e distaccate, ma magari ha dei nipoti e d è un nonno molto tenero...indossa un paio di logori pantaloni color kaki e una camicia color panna sporco.

DIVINUM CENTER

entra una ragazzetta, avrà sui 12 anni, rossetto rosso matt e capelli scuri e lunghi fino al sedere... porta una camiciola nera e bianca, leggera ed estiva e un pantalone nero scuro... Quelli sono tacchi!? Va beh... ai miei tempi (ormai sono vecchia! ahaha) a 12 anni si stava chiusi in casa a studiare... io non sapevo neppure cosa fosse un rossetto a 12 anni!!

Chiusi il quaderno, stupita che fino lì entrarono solo due persone... Feci appena in tempo a chiudere la borsetta di velluto blu che il pullman si bloccò, spalancò le porte, mostrandomi in bella vista lo stradone sterrato e pieno di pietroline che precedeva le case di lusso di quella zona. Salutai con la mano il guidatore (si chiamava Patrick) e scesi velocemente dal pullman; mi incamminai nello stradone... le odiavo quelle dannate pietruzze... si infilavano ovunque e, arrivata a casa di Pat, avevo i calzini pieni zeppi di sassolini! Come ho già detto, era Marzo, e io osai mettere delle graziose ballerine laccate color lillà: pessima idea! Alla fine della strada, costernata di verdi siepi intagliate, si presentò avanti a me il disegno perfetto di quel quartiere così sfarzosamente ricco: c'era, in linea diretta con la strada, una grande casa bianca con il tetto rosso bordeaux, gli infissi delle finestre color marrone nocciola e un mini giardinetto privato. Quella era la casa di Pat. In fila con essa ne erano presenti altre, e il tutto dava l'impressione di trovarsi davanti ad una sfilza di case completamente identiche. Il che era vero: se non si conosceva il quartiere o la zona, eri perduto. La strada di divideva poi, come per accompagnarti nella direzione desiderata. Diciamo che vista dall'alto la pianificazione dell'area poteva assomigliare ad un enorme T. Arrivai davanti alla recinzione di cemento argentato che circondava ogni casetta e suonai il citofono in quella di Pat. Come sempre, Pat non apriva il cancelletto, ma apriva direttamente la porta principale, color nocciola (come gli infissi) decorata con grandi anelli dorati. Era da tanto tempo che non la vedevo... Che non la vedevo veramente. La incrociavo spesso a scuola, tra i corridoi, ma... In realtà volevo coinvolgerla nel mio momento di cambiamento. Volevo che fosse partecipe della nascita della Nuova Sophia.

I AM SOPHIADove le storie prendono vita. Scoprilo ora