Two.

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"Uno di noi due dovrebbe farsi la patente." La voce di Martin rompe il silenzio.

Non è da me ma mi sento leggermente in colpa per averlo colpito prima. Credo di aver sottovalutato la durezza di una pigna, altrimenti non mi spiego perché Martin sia uscito di casa con una busta del ghiaccio appoggiata sulla fronte.

"Sono stufo di prendere l'autobus." Continua, colpendo con i piedi il sedile di fronte al suo, fortunatamente vuoto. È una cosa che fa dal primo giorno che abbiamo messo piede su un autobus e ormai mi sono arresa dal rimproverarlo.

"Questo weekend dobbiamo finire il progetto di storia, ricordi?" Mi domanda, non aspettandosi però una risposta vera e propria.

Se c'è una cosa che apprezzo veramente di Martin è che col tempo ha imparato quanto io odi tenere una qualsiasi conversazione di prima mattina. Non si aspetta neanche più che io gli risponda, perché sa che faccio già un grande sforzo a non dare di matto quando parla ininterrottamente, ovvero tutte le sante mattine.

"Oggi si gela." Si sistema meglio il berretto di lana sulla testa, lasciando che qualche ciocca bionda gli ricada sulla fronte.

Di mattina il mio amico è così spensierato e logorroico che potrebbe parlare per ore della sua inquietante collezione di matrioske russe o recitare a memoria la pubblicità dei suoi cereali preferiti ad un passante. Ha sempre un sorriso contagioso sulle labbra e, sebbene di mattina io sia piu' fredda ed irritabile del solito, in alcune occasioni riesce a mettere di buon umore anche me.

Sembra assurdo ma è proprio a causa dei nostri caratteri del tutto opposti che la nostra amicizia in qualche modo va avanti.
Funzioniamo un po' come una bilancia stabilizzata da due pesi della stessa massa. Il suo essere quasi sempre allegro ed euforico compensa il mio carattere pessimo, creando una sorta di equilibrio.

-

Il rumore delle porte che si aprono mi riporta alla realtà, sposto lo sguardo verso l'uscita e noto la slanciata figura di Martin che mi aspetta già fuori dall'autobus. Raccolgo il mio zaino trasandato e mi affretto a scendere dal mezzo prima che le porte si richiudano.

Cammino a pochi metri di distanza da lui e lo osservo strusciare le suole delle sue Vans arancioni contro l'asfalto, provocando un suono fastidioso. Ammetto di essere piuttosto irritabile a quest'ora del giorno.

"Puoi alzare i piedi da terra quando cammini?" Sbotto acida. Inoltre quelle vans sembrano dei coni segnaletici.

In tutta risposta Martin continua a sfregare le sue arance per terra, facendo più rumore di prima.
Che imbecille. Si diverte a farmi innervosire più di quanto io non lo sia già. Evidentemente non gli è bastata la pigna.

Dopo un altro centinaio di metri raggiungiamo l'edificio scolastico e le nostre strade si dividono dopo aver superato i gradini dell'ingresso.

"Ci vediamo a pranzo, Nor." Mi saluta Martin, lasciandomi un bacio sulla fronte. Annuisco salutandolo con la mano e lo osservo correre verso l'aula di biologia.

Inizialmente mi stupisco del fatto che non abbia commentato il mio nuovo e storto taglio di capelli, poi però mi ricordo di avere ancora il cappuccio della felpa a coprirmi la testa e decido di lasciarlo lì.
Al momento non ho nessuna voglia di ricevere alcun giudizio riguardo ai miei capelli, che sia buono o cattivo.

Alla prima ora ho fisica, in assoluto la materia che odio di più. Prendo alcuni libri dall'armadietto e mi avvio in classe, pronta per affrontare quegli eterni sessanta minuti di tortura.

"Thomson! Che abbigliamento ricco di colori! Ti è morto il gatto?" Non mi serve alzare lo sguardo da terra per capire a chi appartiene quella voce fastidiosa.
Will Campbell, appoggiato allo stipite della porta mi guarda con un sorriso sghembo, attorniato dal suo gruppo di amici che ridono alla sua squallida battuta.

"Sai, è divertente il fatto che proprio tu mi parli di vestiti." Rispondo con un sorrisetto falso, guadagnandomi una sua occhiataccia e le risate di buona parte della classe.

Ormai la notizia era nota a tutta la scuola. Il martedì precedente mi ero intrufolata negli spogliatoi della squadra di hockey e avevo rubato tutti i suoi vestiti mentre faceva la doccia dopo l'allenamento. Una mossa cliché, lo ammetto. Tuttavia è stato divertente vederlo correre a piedi nudi per i corridoi, con solo un'asciugamano attorno alla vita.

Il mio odio verso Will ha avuto inizio in terza elementare quando mi ha rovesciato del succo alla pera sui capelli. Da quel momento hanno iniziato a susseguirsi una serie di scherzi e dispetti, che hanno raggiunto il culmine quando alle medie ha letto il mio diario davanti al ragazzo per cui avevo una cotta.  

Ricordo di aver pianto tutta la notte e che il giorno dopo nonna Caroline è passata a trovarmi con una torta al cioccolato. Le era bastata qualcuna delle sue sagge parole come "Fallo fuori!" o "Bruciagli casa!" per farmi capire che avrei dovuto reagire, non a quei livelli ovviamente. Da mia nonna di certo non potevo aspettarmi un consiglio da adulto responsabile. L'anno scorso si è presentata a natale con un uovo di pasqua. È fuori come un balcone.

Così ho dato inizio alla mia vendetta in quella guerra, se così si può chiamare, tra me e Will, che ancora oggi persiste nonostante siano passati anni da quel giorno. Io non sopporto lui e lui non sopporta me.

-

Le prime ore sono volate, forse perché nelle prime due ho dormito pesantemente.
Osservo la mensa riempirsi di studenti mentre gioco con la mia insalata, spostandola da un lato all'altro del piatto con la forchetta.

"Oddio! Mi ha guardato di nuovo!" Squittisce la mia amica Jenna, per poi arrossire e abbassare lo sguardo.
"La smetti? Ha guardato me." La rimprovera Becky, dando un morso alla sua mela. Forse l'unica cosa commestibile in questa mensa.
"Sei solo invidiosa perché lui non sa nemmeno chi sei."
"Ah perché adesso che ti ha guardata pensi che ti conosca?"
"Ha! Quindi ammetti che non stava guardando te!"

"Ma di che state parlando?" Mi intrometto io, masticando svogliatamente l'insalata. Ho smesso di ascoltare i loro discorsi qualche minuto fa, anche perché l'argomento è sempre lo stesso: ragazzi. Sono le mie più care amiche ma a volte non le sopporto proprio.

"Will mi ha guardata!" Esclamano all'unisono per poi guardarsi con fare minaccioso. Lo troverei inquietante se non ci fossi abituata.

"È più probabile che abbia guardato com'è vestita Eleonor piuttosto che te." Dovrei sentirmi offesa dalle parole di Becky ma non mi importa più di tanto.

"Piantatela, non stava guardando né te né te." Dico fredda, puntando il dito contro di loro. "È un idiota, probabilmente stava fissando il vuoto."

"Non puoi giudicarlo in base al fatto che vi odiate." Risponde Jenna. "È vero," Becky le da ragione, "È così figo, è il capitano della squadra di hockey, è figo, ha ottimi voti, una macchina nuova, ed è anche figo!" Dice, fissandolo da lontano con aria sognante. "Beh Becky, sono davvero degli ottimi motivi per cui dovrebbe starmi simpatico." Dico, fingendomi toccata dalle sue parole e Jenna ridacchia.

La discussione sembra terminata, finché Martin non ci raggiunge al tavolo e si siede accanto a me.
"Ehi belle donzelle, che si dice?"
Oh no.
"Martin, non ci crederai mai! Will Campbell mi ha guardata, ben due volte!" Jenna ricomincia, più accanita di prima.

"No vabbè! Ma sei seria? E come ti ha guardata?" Domanda lui, più esaltato di lei. "Di sfuggita o è rimasto a fissarti? Ti ha sorriso?" In occasioni come queste mi chiedo perché sono loro amica.

"È una bugiarda. Stava guardando me." Interviene Becky prima che l'altra possa rispondere.

Alzo gli occhi al cielo.
Dio, fa che questo pranzo finisca il più presto possibile.

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