Three.

27 4 0
                                    

"Nonna ci porteresti altri biscotti?" Grido io dalla sala da pranzo.
"Vado a tirarli fuori dal forno, tesoro!" La sento esclamare e cerco di trattenere una risata. Dal forno, certo.

Tutti i martedì io e Martin andiamo a trovare nonna Caroline. Prepararsi per i test di scienze sgranocchiando dei biscotti al cioccolato è diventato di routine.
Una routine preoccupante, se consideriamo il fatto che non torno mai a casa senza averne mangiati almeno una trentina e che negli ultimi due mesi ho preso cinque chili.

La più grande convinzione di Martin è che nonna Caroline sia un talento nascosto in campo culinario. Per ogni dolce che mia nonna gentilmente gli offre, le fa una caterva di complimenti. Una volta si è addirittura commosso davanti ad una cheesecake.
Prima o poi gli dirò che in realtà li compra in pasticceria.

Nella mia famiglia nessuno è realmente capace di cucinare qualcosa, il massimo che ci si può aspettare per pranzo è un panino al prosciutto o della pizza surgelata.

Mia madre ha rinunciato a cucinare anni fa;    con ogni probabilità mio padre e mio fratello non sanno neanche come si accendono i fornelli; e io posso fare a meno di cucinare per sopravvivere perché mi nutro prevalentemente di patatine e panini del McDonald. Dovrei davvero valutare di iniziare una dieta.

Quindi, noi tutti abbiamo ammesso di non sapere neanche dove mettere le mani in cucina. Nonna Caroline no.

Nonostante l'intera famiglia sappia che non è lei a cucinare, continua a spacciare per suoi cibo precotto del supermercato o dolci presi in pasticceria. Solo quel tubero di Martin non se ne è accorto.

Ho smesso di credere nelle sue doti culinarie quando a undici anni l'ho vista tirare fuori i suoi famosi biscotti al cioccolato da una confezione di cartone.
Anche se il brutto colpo è stato scoprire che le lasagne italiane "fatte in casa" di mia nonna provenivano direttamente dal reparto dei surgelati.

Non credo di avere ancora superato questo trauma. Sono questi gli eventi che ti segnano nel profondo e temo che Martin ci rimarrebbe ancora peggio a scoprirlo. Quantomeno entrerebbe in coma per lo shock.

Pochi minuti più tardi mia nonna fa ingresso in sala da pranzo con un vassoio pieno di biscotti fumanti.
"Li ho appena sfornati. Attenzione che scottano." Ci informa mentre posa il vassoio sul tavolo. Probabilmente li ha scaldati nel microonde per fingere che siano usciti dal forno.

Alla vista dei biscotti, lo sguardo del mio amico si illumina e con la mano ne azzuffa qualcuno dal piatto, per poi continuare a ricopiare i suoi appunti sul quaderno, con estrema precisione.
Definire Martin un perfezionista nella scrittura e nel disegno sarebbe dire poco.
In media impiega quindici minuti per scrivere una frase di non più di dieci parole.

Se non è soddisfatto di come è uscita una lettera, ricomincia da capo; non si permetterebbe mai di scrivere qualcosa senza aver prima disegnato un bel titolo con i pennarelli; ogni 5 parole si sofferma a ripassarle lettera per lettera almeno due volte, convinto che non ci sia abbastanza inchiostro; e ad ogni parola cambia colore della penna per sottolineare le 'parole chiave'.
Tutto questo anche se si tratta di scrivere la lista della spesa.

Insomma, è pazzo. È un Paterson.

-

Venti minuti. Sono passati venti minuti da quando Martin ha iniziato a scrivere i suoi appunti e sono sul punto di esaurire la mia pazienza. Non che ne abbia poi tanta.

"Martin! Chi se ne frega, continua a scrivere!" Sbraito rabbiosa, sbattendo il palmo della mano sul tavolo.

Motivo della discussione: apparentemente la lettera "o" del titolo è troppo poco ovale per i suoi gusti.

BirdhouseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora